Tomas Berdych sta ancora sognando un posto alle ATP Finals di Londra, in quella che sarebbe per lui la settima partecipazione consecutiva al tornei dei maestri, l’ultimo dell’anno. Con la sua faticosa vittoria ai danni di Joao Sousa all’ATP di Bercy, maturata con il punteggio di 7-5 al terzo solo dopo una dura lotta, il tennista ceco ha tenuto vive le proprie possibilità di farcela.
Allo stesso tempo, però, un evento ha posto fine ad una lunga fase della sua carriera, caratterizzata da un’estrema costanza e regolarità: per la prima volta dopo 329 settiman passate, più che meritatamente, tra i più forti giocatori al mondo, Berdych è uscito dalla top10.
BERDYCH, GRANDE CONTINUITÀ MA POCA INCISIVITÀ- Questo è uno di quei momenti che, amo loro, portano un certo senso di malinconia, un segno che forse sta davvero finendo un’era. Da sempre il giudizio sul ceco è “controverso”: è impossibile non evidenziare la sua grande continuità, che gli ha permesso di rimanere al vertice così a lungo e di raggiungere praticamente sempre le fasi finali dei grandi tornei.
Se però vederlo arrivare ai quarti o, perché no, in semifinale in uno Slam non suscitava grande sorpresa, si può affermare che molto meno usuale era vederlo vincere i grandi incontri. Questa è probabilmente la più grande lacuna della sua carriera: Tomas è quasi sempre riuscito a mantenere le distanze con chi era più in basso in classifica, ma, d’altra parte, non ha mai trovato la chiave per superare i propri limiti e fare l’ultimo salto di qualità. Il suo più grande incubo, in particolare, sono stati i fab four, il celebre trio che ha dominato l’ultimo decennio, e anche qualcosa di più, di tennis; con questi fenomeni, fatta eccezione solo in parte per Andy Murray, il ceco si è sempre fermato, senza mai metterli davvero in difficoltà a lungo andare. È sempre apparso, insomma, come il bravo alunno che fa il compitino senza mai eccellere, senza trovare il guizzo che ti rende non un ottimo giocatore, ma un grande campione.
TUTTI I NUMERI- Resta eccezionale, nonostante le critiche, la sua costanza e dedizione. Berdych, le cui potenzialità erano già emerse quando aveva 20 anni, ha fatto il suo ingresso nel tennis che conta nel 2010, dopo avere sconfitto in fila Roger Federer e Novak Djokovic a Wimbledon, per poi arrendersi solamente a Rafael Nadal. Da allora è cominciato un lungo periodo di 329 settimane consecutive in cui non è mai uscito dalla top10; in totale ha raccolto un bottino di 13 titoli, 8 da quando è tra i primi dieci al mondo. Numeri di tutto rispetto, dunque.
Il ceco, tuttavia, ha palesato durante tutta la sua carriera di non essere in grado, quando davvero contava, di cambiare il proprio gioco e tirare fuori il meglio. Il 2016 è stata per lui una stagione difficile, tra infortuni e cambi di allenatori, e, non dovesse riuscire a strappare un pass per le Finals, è probabile che proprio quest’anno mancanza, con il ricambio generazionale, lo condanni a trovare ancora più difficoltà.
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