Accordo tra ATP e il PIF dell’Arabia Saudita: era l’unica soluzione possibile? Similitudini con il golf

Dopo mesi di trattative è ufficiale, il Public Investment Fund dell’Arabia Saudita investirà nell’ATP Tour, creando una partnership strategica pluriennale. Il Comunicato Ufficiale annuncia un obbiettivo comune volto a migliorare il tennis a livello globale per i giocatori, fan, organizzatori e tutti gli stakeholder ad ogni livello dello sport.

Nel breve periodo le prime conseguenze sono la rinominazione degli ATP Rankings, con il PIF  “naming partner” ufficiale. Il fondo arabo ha stretto accordi anche con alcuni dei tornei ATP, ovvero Indian Wells, Miami, Madrid, Beijing le ATP Finals di Torino e le Next Gen Finals, che si disputeranno a Jeddah fino al 2027.

Un elemento fondamentale del piano strategico riguarda anche una espansione del ATP Baseline program, ovvero il sistema che garantisce uno stipendio ai quei giocatori che nel corso della stagione sostengono spesso più costi che ricavi, oltre che alle giovani promesse del tennis mondiale. Nel comunicato è riportato che il PIF contribuirà attivamente anche nell’ ATP’s OneVision Strategic Plan, focalizzato su creare unità, migliori esperienze per i fan e crescita dello sport globale.

Al momento non sono state rivelate le cifre che effettivamente il fondo Saudita intende investire, ne tantomeno la ripartizione tra i vari livelli del circuito: certamente un miglioramento delle opportunità per tutti quei giocatori che talvolta faticano a “sbarcare il lunario” sarebbe una notizia oltremodo positiva. Al contrario, se invece nel lungo periodo questo accordo non farà altro che rendere i giocatori più forti ancora più ricchi, senza sviluppare delle migliori fondamenta alla base del circuito, saranno in pochi a beneficiare sensibilmente da questo accordo.

La notizia della Parnership si aggiunge alla lista di sport in cui l’Arabia Saudita ha scelto di investire:  i più noti sono il calcio, con giocatori comprati a cifre milionarie per giocare nel campionato locale e l’acquisto del Newcastle, squadra inglese, e la Formula 1 con Aramco presenta tra gli sponsor principali, oltre ad investimenti in Aston Martin. Questa politica viene da molti definita “Sportwashing“, ovvero la pratica tramite cui, in questo caso una nazione, utilizza lo sport e gli eventi sportivi per migliorare la sua reputazione, macchiata da condotte illecite. Nel caso Saudita tra i vari episodi che vanno contro i diritti umani si ricorda l’uccisione del giornalista americano Khasoggi nel 2018. Chiaramente i sultani del regno affermano che l’obbiettivo è rendere la loro economia non unicamente dipendente dal petrolio e diventrare una forza positiva nel mondo creando nuove opportunità in diversi ambiti.

C’è uno sport, simile al tennis per la sua individualità e l’organizzazione dei tornei, in cui il PIF ha scelto di entrare due anni fa, si tratta del golf, anche se le modalità di ingresso sono state nettamente differenti.

La storia del LIV Tour

Se vi venisse detto che da domani nasce un circuito parallello all’ATP e che alcuni dei migliori tennisti giocheranno solo in tale circuito, ad esclusione dei quattro Major, come appassionati sarebbe uno scenario allettante? Questo è quello che è accaduto nel golf: il circuito più importante nel mondo golfistico è il PGA Tour, che disputa la quasi totalità dei tornei negli Stati Uniti. Il golf, al contrario del tennis, attrae i maggiori sponsor in America e non esiste un’unico tour mondiale, bensì tanti tour continentali (Asian Tour, European Tour, Japan Tour..) e quello in cui i migliori giocatori del mondo competono resta quello americano. O almeno era così fino ad Aprile 2022, dopodichè è nato il LIV Tour, lega fondata e finanziata dal PIF che ha comprato alcuni dei giocatori più influenti del mondo, garantendogli guadagni superiori ai 100 milioni di dollari e giocando un circuito parallelo a quelli già esistenti.                                                                                                                                                                                                                                        Dustin Johnson e Phil Mickelson sono stati i primi grandi nomi a schierarsi con la lega araba, ma recentemente sempre più giocatori di livello si sono aggiunti, su tutti il numero due del mondo Jon Rahm, che pare abbia ricevuto 600 milioni di dollari per unirsi al LIV. Il circuito visita più nazioni rispetto al PGA Tour, tra cui Australia, Spagna, Cina e Singapore, ma metà dei tornei in calendario restano negli Stati Uniti.

Creator: Charlie Crowhurst/LIV Golf 

I meno avvezzi alle dinamiche del golf professionistico potrebbero chiedersi: perchè non tutti i giocatori più forti si sono uniti a questo circuito più remunerativo? Perchè i sauditi hanno deciso di creare un circuito che contrastasse quello già esistente, investendo cifre da capogiro rispetto all’effettivo valore del golf professionistico?

Le risposte sono complesse e sulla seconda si possono fare tante supposizioni; per quanto concerne il primo quesito, i tornei Major, come nel tennis, non sono gestiti dal circuito dove i giocatori passano la maggior parte della stagione, bensì da altre entità, e nel caso del golf, anche se un giocatore del LIV ha il diritto di prendere parte ai tornei dello Slam, giocando in un circuito che non assegna punti per il ranking mondiale, nel medio periodo non sarà più in grado di qualificarsi per i quattro tornei più importanti dell’anno. Questo deterrente è ciò che tiene ancora in piedi il PGA Tour, ma la situazione è destinata ad essere sempre più instabile nei prossimi mesi.

Sul motivo della scelta del PIF esistono diverse tesi, quella ufficiale dei sauditi è la medesima del tennis: “far crescere il golf nel mondo e renderlo più globale”; quanto appare sopra le righe è l’interesse di costruire una rete composta da persone influenti che possano appoggiare l’Arabia Saudita o migliorarne la sua immagine, essendo l’ambiente golfistico ricco di figure influenti.

Un accordo tra PGA Tour e LIV sembrava imminente lo scorso giugno, ma al momento questa tregua appare lontana e la qualità dei tornei unita al numero di telespettatori che mediamente segue gli eventi  è in netto calo.

Per queste ragioni, chi segue il golf, ha osservato con circospezione le mosse saudite nel mondo del tennis: l’annuncio del torneo esibizione milionario di ottobre con i migliori giocatori del mondo e alcune minacce più o meno concrete che chiedevano all’ATP un Masters 1000 a Riyadh, poteano essere segnali che quanto accaduto nel golf potesse ripetersi anche nel tennis.

Alla fine un accordo tra ATP e PIF è arrivato e anche se al momento non trapelano troppi dettagli concreti, è certo che lo status quo del tennis professionistico non sarà soggetto a drastici cambiamenti come avvenuto nel golf e questa è, per l’opinione di chi scrive, un’ottima notizia.

 

 

 

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