Andy Murray: numero uno di passaggio o da ricordare?

Lo scozzese ha difeso la prima posizione in classifica al termine del 2016. Nascono però immediatamente i confronti con i precedenti numeri uno al mondo.

Al termine di una stagione vissuta in crescendo e che ha portato ad un finale in realtà poco prevedibile, Andy Murray si ritrova a fare i conti con una vita nuova per lui, quella da numero uno del ranking ATP. Un titolo meritato, sudato e voluto, ma che lo pone di fronte ad atteggiamenti ambigui da parte di appassionati e stampa. Una provocazione interessante proveniente dalla stampa USA (tennisworldusa.org), pone in comparazione l’attuale numero uno al mondo con i suoi predecessori, lasciandoci così margine per alcune riflessioni.

CARATTERE INTROVERSO – L’analisi parte dal carattere dello scozzese, tanto aggressivo in campo, quanto tranquillo e riservato fuori. Non molto amante delle prime pagine e della vita extra tennistica, Andy è sempre stato un giocatore che ha evitato le luci dei riflettori, anche per non rischiare di trovarsi in mezzo a situazione potenzialmente pericolose innescate dai tabloid. Questi, infatti avrebbero potuto acuire il rapporto controverso che c’è sempre stato tra la stampa britannica e il campione di Glasgow. Oggi problematiche non ce ne sono: grazie al lustro che Murray è riuscito a riportare all’intero movimento, dopo decenni di delusioni cocenti e giocatori bruciati dalle troppe aspettative, il giocatore è quasi al riparo. Tuttavia va ricordato che in passato tale relazione è stata burrascosa, con picchi di vero e proprio massacro al termine di sconfitte inaspettate. Chiaramente dopo il 2013 è tutto cambiato, con la pressione che si è allentata sul vincitore di Wimbledon permettendogli un proseguo più sereno, ma con la raggiunta al vertice del ranking, per forza di cose, le aspettative tornano a riemergere.

Andy Murray

NUMERO UNO – Oggi un ritrovato Andy Murray può meritatamente fregiarsi del titolo di number one. Ma la domanda che viene è: sarà all’altezza dei suoi successori? Ed è proprio questo su cui si interroga il summenzionato blog statunitense. Murray, per quanto abbia clamorosamente migliorato il suo tennis (più aggressivo, tatticamente maturo e anche fisicamente più resistente) non ha la classe pura e cristallina di Federer o l’inossidabilità di Nadal. Non ha le caratteristiche per poter raggiungere i loro livelli, non solo tennistici, ma anche di popolarità. Non ha vissuto, se non marginalmente, l’era della grande rivalità che ha portato nella storia lo svizzero e lo spagnolo. L’ha vista sì da giocatore-spettatore, sconfitto spesso nei quarti e in semifinale (sfavorito anche da una certa discontinuità fisica dei primi anni di carriera) mentre il mondo dei supporter si divideva in due tra chi amava il “gesto” di Federer (il più amato di tutti) e chi rimaneva estasiato dalla solidità e dalla concentrazione del campione maiorchino. Alla grandezza dello scontro hanno poi contribuito anche da un lato il carisma del campione di Basilea (la famosa eleganza di cui tutti parlano non ne è nient’altro che una modalità d’espressione) e l’atletismo ai massimi livelli di Nadal, risaputo essere invece un personaggio molto timido fuori dal campo con la rete.

Rafael Nadal , Roger Federer, Andy Murray

CONFRONTO CON NOLE – Sotto questo punto di vista Murray perde, in carisma, anche il confronto con il coetaneo Djokovic: tipetto eccentrico e focoso, Nole non è mai stato e mai sarà amato come i suoi due predecessori in cima alla classifica, ma ha avuto tuttavia il merito di maturare ad altissimi livelli ben prima del suo coetaneo scozzese e soprattutto quello di essersi riuscito ad inserire ben prima come terzo incomodo, quando ancora Nadal e Federer erano agli apici della loro carriera tennistica. Così facendo il serbo è riuscito a guadagnarsi il rispetto del pubblico, una fetta di tifosi e la possibilità di potersi permettere anche qualche sbalzo umorale antipatico controbilanciato da qualche siparietto più leggero. Quello che questo 2016 presenta al termine è un Murray che sembra aver trovato assolutamente la giusta quadra tennistica sotto tutti gli aspetti caratteriali e tecnici, ma che raggiunge la posizione di vertice proprio quando Djokovic pare aver avuto un calo degli stimoli. Fu quindi vera virtù?

djokovic-murray

CIRCOSTANZE STORICHE – La suggestione che ne deriva è che lo scozzese potrebbe rappresentare anche, facendo una parafrasi storica, l’ultimo imperatore valido di un’epoca d’oro prima di una specie di medioevo tennistico. Forse è brutto e anche esagerato, ma all’orizzonte, dopo Murray (la cui carta d’identità reciterà trenta il prossimo maggio), non pare profilarsi un grandissimo ricambio: i vari Kyrgios, Raonic, Thiem, Dimitrov e Nishikori non possono o non vogliono essere eredi della grandezza degli ultimi tredici anni di tennis. E allora il dubbio viene lecito: è Murray ad essersi meritato questo posto, o sono i suoi avversari a non essere veramente all’altezza? Riuscirà a ritagliarsi un reale posto nel cuore degli appassionati? Il 2017 sarà decisivo in questo: se il regno dovesse iniziare ad essere duraturo, una speranza di confronto reale con i suoi predecessori sarebbe possibile. In caso contrario, è probabile che Andy finisca con l’essere ricordato certamente come un campione, ma aiutato anche dalle circostanze del periodo storico. Il suo palmarès parla chiaro e sicuramente non sarà paragonato ad un Lleyton Hewitt o ad un Andy Roddick, ricordati come dei “tappabuchi” ai vertici della classifica, ma sicuramente Murray dovrà dimostrare ancora tanto. E noi siamo convinti che abbia le carte per farlo.

 

 

 

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