ATP Finals: nel segno di Z…verev

Si gioca l’ultimo torneo dell’anno: le Atp Finals…o come lo chiamiamo ancora noi suiveurs di vecchia data, il Masters, definizione molto più carismatica. Si gioca quello che può essere considerato il vero campionato del mondo di tennis. Si gioca da tempo immemore con la formula a gironi che contraddice la sacra regola del tennis per cui ”chi vince va avanti, chi perde va a casa”, ma che piace tanto a pubblico, televisivo e non, e soprattutto ai gestori dell’evento per le ovvie ricadute finanziarie. Si gioca a Londra da dieci anni: località adatta a questo scopo come poche altre perché gli organizzatori non sbagliano un colpo e perché è ad un tiro di schioppo da Parigi, sede dell’ultimo 1000; i tennisti gradiscono assai, ci si trovano bene come i proverbiali piselli nel loro baccello. Si gioca in otto, i magnifici otto…che per malanni e infortuni si sono ridotti ad “un sei più due”: Rafael Nadal e Juan Martin del Potro hanno dato forfait e vengono sostituiti da John Isner e Kei Nishikori.

Alla vigilia c’è un solo uomo al comando. La sua maglia è….be’, la sua maglia cambia di torneo in torneo, di stagione in stagione, per colore, modello e fattura perché così vogliono gli sponsors e onestamente il giocatore li accontenta di buon grado. Il suo nome però non muta: è Novak Djokovic, il netto favorito della manifestazione. Colui che ha dominato gli ultimi quattro mesi e mezzo in lungo e in largo.

I suoi agguerriti avversari nel girone sono tre giganti come Alexander Zverev, che si dice stanco per i troppi impegni affrontati nell’anno; John Isner, reduce da una buona annata e Marin Cilic, temibile come pochi sui campi indoor.

Tutto è inutile, la strapotenza di Djokovic risulta imbarazzante.

Nel primo match contro Long John è praticamente ingiocabile. Perfetto al servizio, in risposta e addirittura nello smash ! Per quanto possa battere bene Isner fatica a vincere i suoi games. Solo sfiorando l’eccellenza l’americano può restare in partita, ma i break decisivi arrivano puntuali e implacabili.

A seguire Nole affronta Zverev. Il match si mantiene in equilibrio fino al quattro pari. Djokovic ha la bontà di offrire a Sascha due palle break, evento che non si verificherà più fino alla finale; il tedesco non sfrutta le occasioni e al break mancato fa seguito il break subito: 6-4 per Nole. A quel punto Zverev mette il broncio ed esce dal campo, non in senso letterale, ma sicuramente in senso lato: spirito e mente vagano altrove. Inanella una serie di errori causati da evidente nausea tennistica e in una manciata di minuti Djokovic incamera la sua seconda vittoria.

Il terzo e ultimo malcapitato che il serbo affronta è il suo ex-connazionale Marin Cilic. Per il gioco dei risultati incrociati questo match non vale nulla: Djokovic è già primo nel girone, Cilic è già eliminato. Ciò nondimeno Nole non molla nulla: tie break per aggiudicarsi il primo set, spietato 6-2 per chiudere la pratica.

Marinone aveva avuto le sue brave possibilità di andare avanti nel torneo, ma le ha sprecate malamente. Contro Zverev stava dominando il match: 4-1 e palla del 5-1 nel primo set. Dopo di che ha preso il sopravvento il suo famigerato marchio di fabbrica: le ciliciate, vale a dire errori su errori in serie che proseguono per vari giochi e riammettono clamorosamente in gara l’avversario. Zverev ringrazia, recupera fino al sei pari e fa suo un tie break a cui non sperava davvero di arrivare. Nel secondo si recita quasi lo stesso copione, con la differenza che il parziale si mantiene incerto fino alla fine, i due si strappano la battuta vicendevolmente e solo nell’atto conclusivo il croato si mette buono buono da parte facendosi irretire da Sascha: 7-1 il punteggio del secondo tie break.

E contro Isner? Cilic avrebbe più tennis, ma disgraziatamente per lui, meno testa e così rischia più volte di cedere il servizio a John. Altro tie break, altra batosta per il povero Marin. Nel secondo accade l’inaspettato: Isner perde la battuta, Cilic per una volta resta solido come roccia (si fa per dire…) e riappaia l’avversario. Questo sarà l’unico match dell’intero torneo che finirà al terzo set, netto segnale che la manifestazione, nel suo complesso, non è stata troppo combattuta. Ad ogni modo, Isner dà evidenti segnali di stanchezza, non regge lo scambio, subisce due break, ne recupera solo uno, Cilic non trema e si aggiudica il match. Risultato di prestigio, ma ininfluente per la sua qualificazione. Buona finale di ultima Coppa Davis, Marin !

Arrivo a Zverev: graziato da Cilic e piallato da Djokovic, il match decisivo per le sue fortune è stato quello contro Isner. Sembra una sfida di tiro al piattello, grandi botte di servizio, scambi pressoché inesistenti. Sascha salva un set point e vince il tie break del primo set allo sprint. A quel punto l’americano è aritmeticamente eliminato: molla un po’, anche inconsapevolmente, e cede il secondo per 6-3. E così Alexander fa da umile paggetto a Djokovic accompagnandolo in semifinale.

Altra corsa, altro girone. Si inizia con Anderson rapace che asfalta Thiem nel primo set. Nel secondo l’austriaco prende le misure e contiene il sudafricano, serve bene e comanda il palleggio, Kevin soffre, ma sul finale Dominic sbaglia, sbaglia… e sbaglia ancora. 2-0 Anderson.

Federer – Nishikori è un match da urlo. Nel senso che tutti i fan di Roger sparsi per la galassia gridano atterriti nell’assistere alla derelitta prestazione del Cigno di Basilea. Un brutto anatroccolo nero, altro che cigno. Lento come un bradipo, agile come un elefante. Non si sa come lo svizzero arrivi al tie break: qui incamera ben sei errori di dritto, tra forzati e non forzati, e perde il set. Il lato preoccupante della vicenda è che anche Nishikori è tutt’altro che brillante, il match è mediocre a dir poco. Federer avrebbe l’occasione di allungare nel secondo parziale, ma il suo gioco, ove fosse possibile, peggiora ancora. Un verdetto senza appello: il set si chiude con un perentorio 6-3. Si è visto in campo uno dei Federer più brutti di sempre.

Il giapponese non avrà altra gloria nel torneo: Anderson lo umilia concedendogli un solo misero game in due set. Thiem lo brutalizza con un 6-1 in apertura portando così la striscia di Kei ad un clamoroso diciotto a uno di giochi subiti in due match. Poi l’austriaco si accontenta di un anonimo 6-4. Sayonara, Nishikori.

Thiem dovrebbe invece misurare la febbre a Federer, ma non è…il termometro giusto, sia perché i suoi movimenti ampi e macchinosi con cui prepara i fondamentali da fondo mal si adattano al gioco indoor, sia perché nel suo su e giù sistematico di rendimento, Roger sembra stavolta essere in discreta condizione. Federer non dà ritmo e propone a Thiem palle insidiose e cangianti di rotazione, le variazioni di Roger mandano in confusione Dominic che annaspa senza trovare valide soluzioni. Vittoria chiara e incontestabile di Federer. L’austriaco dovrà lavorare tanto per rimediare ai suoi evidenti limiti sul veloce. Ci si vede al prossimo Masters.

Allora si spera che la prova del nove per Federer sia Anderson, ma anche questo match delude le attese. Kevin non sembra in stato di grazia, il servizio è tutt’altro che perentorio. Roger sembra in deciso progresso: propone all’avversario slice insidiosi alternati ad accelerazioni repentine e Anderson si incarta da solo. Per ben quattro volte in due set strappa il servizio all’avversario e si aggiudica il match. Federer è primo del girone, risultato inaspettato dopo il primo scoraggiante incontro. Il sudafricano comunque è qualificato per le semifinali.

Si parte con Federer- Zverev. Il match rispetta le aspettative della vigilia. Se si gioca di ritmo Zverev prevale, se si gioca di fioretto Federer risorge. Un botta e risposta che va avanti ed emoziona fino al cinque pari. Qui si spenge la luce di Roger: tre errori piuttosto gravi dello svizzero e un gran passante in corsa di dritto di Zverev (glielo avrà insegnato Lendl ?) consegnano il break al tedesco che poi chiude il set nel gioco successivo. Un momento di distrazione all’inizio del secondo set fa si che Federer si avvantaggi, ma si fa riprendere da Sascha. Man mano che passano i giochi si nota che il match va a pendere sempre più dalle parti di Zverev. Fosse uno scontro di pugilato vincerebbe nettamente ai punti. Con l’orgoglio del campione Roger tiene botta, si salva dal precipizio sul quattro pari e riesce ad ergersi al tie break. Il punteggio segue i servizi: un raccattapalle si fa scivolare una pallina, Zverev ripete un punto al servizio e “incendia” l’ennesimo ace. Una disgraziata volée di Roger si infrange sul nastro. Questi sono i due episodi che fanno prevalere uno Zverev più brillante, deciso e potente per tutto l’incontro. Vittoria meritata per un giovane che alla sua seconda esperienza al Masters giunge già in finale. Speriamo di rivedere Roger da queste parti anche il prossimo anno, chissà…

Roger Federer in action against Borna Coric

Djokovic – Anderson è un match senza storia: un duplice 6-2 che decreta il dominio di Nole sul tennis mondiale. Risponde a tutto, ma proprio a tutto. Non c’è storia, Kevin assiste impotente alla sua disfatta.

Statistiche alla mano, quando un match di round robin si ripete in finale spesso l’esito si ribalta. Tuttavia, avendo seguito l’evolversi del torneo si fatica a credere che questa sia un’ipotesi plausibile. Nove su dieci degli addetti ai lavori danno come sicuro vincitore Djokovic. Il coraggioso che non è d’accordo con questa “ovvietà” probabilmente fa di cognome… Zverev.

Zverev risentirà della tensione? E’ il match più importante della sua carriera; la giovane età e la batosta appena subita incideranno irrimediabilmente? Djokovic procederà come il solito a mo’ di schiacciasassi? Non ci sarà match oppure assisteremo ad una vibrante finale?

La risposta a questo ultimo quesito, francamente il più importante per i veri appassionati, arriva subito: c’è match ! I turni di servizio si susseguono con una certa rapidità. Non si vede l’ombra di una palla break. Il ragno Djokovic tesse la sua tela malefica fatta di palleggi profondi e geometrie asfissianti, ma la mosca Zverev non cade in trappola e gli svolazza intorno sfidandolo con personalità. Più propositivo del solito, si mantiene sempre vicino alla linea di fondo, aggredisce quando può, non va in sistematica difficoltà durante lo scambio prolungato. Zverev regge, eccome se regge. E serve alla grande, non dando possibilità al serbo di strappargli la battuta . Sul 4-4 il set si decide. Un braccio di ferro furioso si conclude con una discesa a rete di Nole che non produce l’esito sperato. Un inatteso attacco in back di Sascha costringe all’errore Djokovic. Nole latita con la prima di servizio, i palleggi preparatori alla battuta aumentano di numero come sempre nei momenti in cui deve schiarirsi le idee. Due maldestri dritti, il primo lungo e il secondo che muore in rete, decretano il break per Zverev. E’ la prima volta che Djokovic perde il servizio in queste Atp Finals. Sascha alla battuta: ace, ace, ace, 40-0 ! Djokovic tenta la disperata rimonta, invano. Il secondo set point è quello buono, un drittaccio incrociato di Nole finisce fuori di una buona spanna e il parziale si conclude in modo sorprendente a favore del tedesco.

Djokovic accusa il colpo, la letale concentrazione di errori sulla fine del set continua anche all’inizio del secondo. Il dritto non funziona per niente, di colpo, perso chissà dove. Si mette anche a sbagliare di rovescio e inevitabile arriva un altro break anche grazie ad un fotonico lungo linea di Sascha. A questo punto Zverev si fa prendere dalla “paura di vincere”, smarrisce la prima di servizio e restituisce la battuta. Potrebbe essere la svolta del match in favore del serbo, ma non è così. Djokovic cala preoccupantemente e inesorabilmente. Sembra senza forze, il servizio è sempre più debole, la sua leggendaria mobilità svanisce. Appare vuoto, energie mentali e fisiche lo abbandonano. Per contro Zverev fa valere la sua freschezza e la irruente vitalità. Dopo aver strappato il servizio per la terza volta consecutiva a Nole, si guarda bene dal restituire il favore. E’ sceso al rendimento in battuta, ma questo Djokovic così depresso è incapace di approfittarne. Sascha è potente e fluido nei colpi e tiene bene il campo. Nole è sempre più incerto, comincia a perdere gli appoggi in risposta e gli viene a mancare una delle sue armi letali. Cerca di supplire a tutto ciò andando a rete, scende senza elmetto e viene più volte impallinato. 4-2 nel secondo set per Zverev, Nole è affranto. Appare una statistica irreale: il serbo non ha fatto un punto sulla seconda palla di servizio in questo parziale; tenta di rientrare nel match, ma non ci riesce. Per giunta Zverev torna a servire in modo impeccabile e sale 5-3 con relativa facilità. E’ l’ultimo gioco, Djokovic concede l’onore delle armi all’avversario: vincente di Sascha e altri due orrori di Nole tra cui un terribile doppio fallo . Due match points, il primo Djokovic lo salva con un serve & volley improbabile . Sul secondo dopo un palleggio prolungato per impazienza, pigrizia o quasi per desiderio di farla finita il prima possibile, si butta ancora avanti, ma viene infilzato da un passante bloccato lungo linea di Zverev.

E’ finita. Djokovic scavalca la rete per congratularsi con il suo avversario. Sfuma per ora il sogno di agganciare Federer a quota sei titoli. Indicativo che durante la sua cavalcata trionfale nella seconda parte dell’anno in cui ha collezionato quattro successi e due finali su sette tornei disputati (enorme risultato) sia stato battuto solo da tre giovani: Tsitsipas a Toronto, Khachanov a Parigi e ora Zverev. L’impertinente nuova generazione è ansiosa di diventare protagonista. I “vecchi” sono avvertiti.

Zverev, che avrebbe la carta d’identità in regola per battagliare nelle “mini-finals” di Milano con gli altri bimbetti, diventa così il Maestro più giovane della storia dopo McEnroe nel 1978. Va a segno al suo secondo tentativo. A quell’età solo Nadal e lo stesso Djokovic avevano un palmares simile al suo. Ora per lui è d’obbligo trovare competitività e vittorie anche nel tennis dei Grandi, quello degli Slam. E’ solo questione di tempo. Un campione annunciato, un campione rivelato. Bravo Sascha !

Exit mobile version