Australian Open 2018: nuovo, allucinante record di prize money

Lo Slam australiano andrà probabilmente incontro a un ulteriore aumento della cifra, già da capogiro, riservata a chi parteciperà. Record su record vengono abbattuti, cosa può voler dire tutto ciò?

MONEY HONEY – Appena un mese fa lo Us Open ha abbattuto il muro dei 50 milioni di dollari di montepremi, con un aumento di 4 milioni (il 9% circa) rispetto all’anno precedente. Ciò significa che Rafa Nadal e Sloane Stephens, vincitori di quest’anno, si sono meritati un assegno da 3,7 milioni di dollari a testa – più di quanto Bjorn Borg abbia guadagnato nella sua intera carriera. Nel torneo di singolare, che è il più importante, un perdente al primo turno del tabellone principale aveva diritto a 50.000 $, un perdente al primo turno delle qualificazioni a 5.600 $. Ma cifre del genere non sono poi così esagerate, se le paragoniamo a quelle che vengono mosse, per esempio, dal calcio: Paul Pogba per 100 milioni di euro si è trasferito al Manchester United, Neymar per più di 200 al PSG, oppure pensiamo anche solo a Kylian Mbappè, che a 19 anni accede a uno stipendio da 10 milioni l’anno; sicuramente molto di più di quello che Nadal (seppur già campione Slam) guadagnava alla sua età. Nel mondo del pallone già in molti si sono schierati contro tali giri di soldi, e la UEFA ha addirittura istituito un regolamento per vigilare sul rispetto del cosiddetto fair play finanziario. Da questo punto di vista, il tennis è ancora a uno stadio meno avanzato. Ma progredisce in fretta.

Già nel 2015 il calcio muoveva interessi per centinaia di milioni di euro
Già nel 2015 il calcio muoveva interessi per centinaia di milioni di euro.

WORLD RECORD – In uno dei primi eventi di presentazione del torneo, oggi, il direttore del torneo Slam di Melbourne Craig Tiley ha annunciato la sua intenzione di innalzare ulteriormente l’ammontare, già incrementato del 14% l’anno scorso, del prize money, che da 50.000.000 $ arriverà a toccare i 55.000.000 $ (+10%). 4 saranno i milioni che si metteranno in tasca i fortunati vincitori. La “questione morale” dietro a tutto ciò non è nuova, anzi ritorna periodicamente: è giusto che a un giocatore di tennis basti semplicemente mettere un piede in campo per guadagnare più di quello che un operaio potrebbe ottenere dal suo stipendio in un anno? C’è chi commenta borbottando: certo, il tennis a quei livelli richiede fatica e rinunce, ma non sarà mai duro come un lavoro di fatica praticato tutta la vita… E’ pur sempre un gioco.

QUESTO E’ IL DILEMMA – E’ arduo dare una risposta razionale, anche perchè si tratta più di una questione di opinioni personali. Fatto sta che, supponendo che Tennis Australia o la USTA non amino buttare via i loro soldi, se qualcuno ritiene opportuno assegnare tali somme ai partecipanti non sarà per buon cuore – magari ci sta anche scommettendo il posto –, ma perchè si aspetta che in questo modo, ne otterrà un ritorno commerciale adeguato; il tennis a certi livelli non è più solo un passatempo (e lo indicano anche le privazioni a cui si sottopongono i professionisti per restare tali), ma un affare che genera ricchezza. Inoltre, se uno è nato con un talento speciale ed è riuscito a valorizzarlo nel tempo (pur fra le mille difficoltà che, si sa, si manifestano sempre nella vita degli atleti), perchè non gli dovrebbe essere concesso un guadagno consono alla sua bravura? Facile immaginare che, ad oggi, il tennista numero 100 del mondo non guadagni quanto il 100esimo notaio o commercialista più abile del mondo. Ritornando, infine, al lato commerciale della questione: è giusto, allora, che uno sport diventi un metodo per ricavare utili? Sì o no, è stato deciso nel 1968 che sarebbe stato meglio così, e bisogna dire che, oggettivamente, almeno qualche miglioramento ne è derivato. Chissà se i Fab Four avrebbero raggiunto gli stessi risultati, dovendo parallelamente mantenere la famiglia con un lavoro part-time.

Rod Laver completò il Grande Slam due volte, prima da dilettante e poi da professionista.
Rod Laver completò il Grande Slam due volte, prima da dilettante e poi da professionista.
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