“Non si valuta mai abbastanza quello che hai, finché non lo avrai perso.”
Proverbio
Questa frase applicabile a molti aspetti della vita, riassume perfettamente lo stato del tennis spagnolo da decenni. I giocatori che nella maggior parte dei paesi del mondo sarebbero idoli e riferimenti nazionali, giocano un ruolo secondario, in una nazione che si è insediata sulla cresta dell’onda per quanto riguarda lo sport. Buoni giocatori, scalzati e ridimensionati dalla presenza di un atleta di punta, che in questo caso sia chiama Rafael Nadal, #1 al mondo e tra i migliori della storia di questo sport. Ed è proprio questo la situazione in cui si trova il terzo miglior giocatore spagnolo nel ranking ATP: Roberto Bautista Agut, numero 20 ATP e professionista dal 2005. Un giocatore costantemente migliorato nel corso degli ultimi anni, fino a sfiorare la top 10 l’anno scorso: ha vinto ben 6 titoli, di cui due quest’anno, a Chennai e Winston-Salem. L’iberico ormai ha un appeal di tutto rispetto ed è presenza fissa anche in nazionale, ma proprio riferendosi a quanto detto prima, giocatori come il nativo di Castellon de La Plana o come Pablo Carreno Busta, che oggi vengono visti con il binocolo nel proprio paese, in un prossimo futuro, dopo aver avuto fior di giocatori, solo allora tutti capiranno ciò che hanno perduto: una generazione d’oro.
GENERACIÓN DE ORO- Roberto Bautista ha chiuso per il secondo anno consecutivo nella top-20, dopo una stagione prolifica per i suoi interessi in cui ha aleggiato anche la possibilità di entrare nel ristretto gruppo dei dieci migliori del mondo. Giocando con umiltà e amore per il tennis, il tennista di Castellón ha continuato a offrire momenti vivaci con il suo tennis difensivo sui campi da tennis e con colpi più “toppati” del solito. Negli ultimi tempi ha fatto il suo approdo anche in Coppa Davis, ma nelle prime due partite sono arrivate altrettante sconfitte, complice una Spagna orfana di vari campioni, ma non per questo, scarsa. Nella foto precedente, si possono ammirare i vincitori della Coppa Davis del 2009, quando fu battuta la Repubblica Ceca, dopo aver trionfato l’anno precedente, riportando difatti l’insalatiera in Spagna dopo 4 anni. La testimonianza che questo che stiamo vivendo sia il periodo di massimo splendore della Spagna, lo si può notare proprio dai brillanti risultanti in Davis: negli ultimi 17 anni infatti, la Spagna ha vinto ben 5 volte la Coppa, nel 2000, 2004, 2008, 2009 e 2011, perdendo le finali del 2003 e 2012. Un paradosso oppure la semplice conferma che si tratti di una generazione irripetibile, poiché prima dell’inizio del nuovo millennio, la Spagna aveva raggiunto l’atto conclusivo solo due volte, nel ’65 e ’67, gli anni del grande Manuel Santana, recordman di vittorie e presenze in nazionale. Una generazione magnifica, cominciata agli albori del XXI secolo con Carlos Moya, passando per Juan Carlos Ferrero fino ad arrivare Rafael Nadal, punte di diamante, con “le spalle coperte” da gregari, ma allo stesso tempo, ottimi giocatori. Come nel 2009, con la formazione dei campioni del mondo formati da David Ferrer, Fernando Verdasco, Rafael Nadal e Feliciano Lopez. Una generazione che lentamente cesserà di esistere, con Busta e lo stesso Bautista ultimi superstiti, in attesa del ricambio generazionale che dovrà portare avanti Conchita Martinez, la neo capitana delle nazionali di Fed Cup e Coppa Davis. Fenomeni che probabilmente non esisteranno più, come affermato dallo stesso Agut nel corso di un’intervista:””Sarà difficile ripetere una generazione come questa, la base di giocatori e scuole permetterà ai giocatori di continuare a uscire, ma non credo che raggiungerà un livello come quello attuale.” La sfida per le accademie spagnole è stata lanciata: sconfiggere i pregiudizi del #20 al mondo e continuare l’ottima tradizione spagnola, da portare avanti alla Rafa Nadal Academy o l’Academia Sanchez- Casal di Barcellona. A loro la mission impossibile…
BILANCIO DEL 2017- Tifoso del Villarreal e Most Improved Player of 2014, è migliorato molto in queste stagioni, e anche il 2017 lo è stato altrettanto, con le vittorie in due tornei, raggiungendo anche le semifinali di San Pietroburgo. Inoltre ha raggiunto gli ottavi di finale agli Australian Open (perdendo contro Milos Raonic), al Roland Garros (perdendo contro Rafael Nadal) e a Wimbledon (perdendo contro il finalista Marin Cilic). Risultati importanti anche all’ATP Masters 1000 Montreal con i quarti di finale, perdendo da Re Roger futuro finalista. A proposito dell’anno che sta per chiudersi, ha rivelato:”È stato un anno molto positivo per me, a volte sento di aver giocato un grande tennis, ma ho perso una grande opportunità che mi avrebbe aiutato ad andare un po ‘oltre”, dice l’iberico, che ha terminato il 2017 con un bilancio di 48 vittorie e 21 sconfitte, raggiungendo il terzo turno agli US Open venendo eliminato da Juan Martin del Potro. Il risultato più importante in carriera, l’ha raggiunto l’anno passato in Cina, a Shanghai, perdendo in finale contro Andy Murray, ed a proposito ha dichiarato: “La finale l’ho fatta a Shanghai nel 2016 e mi ha dato un importante quantità di punti che mi hanno permesso di essere vicino alla top-10, ma non ho potuto fare un risultato importante passo avanti.” Un rammarico bello e buono, che rimane il grande rimpianto dello spagnolo, ma che, magari, nel 2018 potrà raggiungere.
FUTURO- Probabilmente lo spagnolo ha risentito della delusione dell’ottobre 2016, quando perse dallo scozzese in finale, piuttosto stanco dell’esaurimento fisico e mentale di un anno molto impegnativo e in cui ha continuato a mostrare il suo grande valore: la regolarità. “Non è facile avere pochi delusioni in un anno così lungo, ma di solito la regolarità è un punto di forza e questo è uno dei miei punti di forza, ho poche sconfitte ai primo turni, ma devo trovare quel qualcosa in più che mi permetta di fare un passo avanti”, dice un uomo non è mai stato in grado di entrare nei quarti di finale di un Grande Slam. Magari potrebbe essere questo l’obiettivo principale, sin da gennaio a Melbourne, in un 2018 in cui ci saranno grandi ritorni, con il prepotente come back dei campioni e l’affermazioni delle nuove leve, che daranno equilibrio e spettacolarità sin da subito, sotto il neonato tetto della Rod Laver Arena. Attraverso la regolarità e il lavoro potrà raggiungere ciò, qualità che da sempre lo contraddistinguono: “Mi dedico alla mia professione, ogni giorno ne traggo il massimo e so che qualunque cosa accada, non potrò gettare niente contro me stesso, vivo per il tennis”, dichiara il classe ’88 che continuerà a crescere nel 2018; d’altronde devi esplorare i tuoi limiti per vincere anche tu. Buena suerte Roberto!