Casper Ruud rompe il silenzio: “Mi sentivo come un criceto nella ruota”

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Nel pieno del suo percorso al Mutua Madrid Open 2025, Casper Ruud ha deciso di condividere molto più di una semplice vittoria. Dopo aver battuto Daniil Medvedev e conquistato la semifinale del torneo, il tennista norvegese ha aperto una finestra su una dimensione spesso ignorata nello sport d’élite: quella della salute mentale. Una riflessione lucida e sincera sulla pressione, il burnout e le esigenze di un calendario sempre più asfissiante.

Una vittoria importante, ma la battaglia più grande è interiore

La vittoria contro Medvedev è stata significativa per Ruud: prima semifinale in un Masters 1000 dopo oltre un anno e un ritorno tra i migliori quattro a Madrid, quattro anni dopo l’ultima volta. Ma la conferenza stampa che ha seguito il match ha preso una direzione inaspettata.

“Quest’anno ho avuto dei problemi mentali, non mi sentivo bene”, ha confessato. “Ma ho cercato aiuto e ha funzionato. Ora mi sveglio con il sorriso, mi sento in un posto migliore. Sono felice di essere stato onesto con me stesso”.

Con grande trasparenza, Ruud ha raccontato di essersi sentito “come un criceto nella sua ruota”, intrappolato in una routine logorante fatta di viaggi continui, allenamenti e competizioni che sembravano non portare da nessuna parte.

Un calendario che non lascia respiro

Il norvegese ha messo sotto accusa l’attuale struttura del circuito professionistico, che impone ai top 30 di partecipare obbligatoriamente a quasi 30 settimane di torneo all’anno, con penalizzazioni severe in caso di assenza.

“La stagione è troppo lunga. Vorremmo avere più tempo per riposare, per vivere la vita al di fuori del tennis. Ma il calendario non lo permette”, ha detto. Ruud non è il solo a sentirsi così: anche altri tennisti della sua generazione, come Medvedev e Tsitsipas, hanno mostrato segni di stanchezza e disagio.

Questo tema è parte di un dibattito più ampio che coinvolge anche la PTPA (l’associazione dei tennisti) e le discussioni tra i top player e gli Slam per cercare maggiore equilibrio e ascolto da parte delle istituzioni del tennis. “I giocatori vogliono solo essere ascoltati di più. A volte ci sentiamo come pezzi di un puzzle che i tornei usano a loro piacimento”, ha osservato Ruud.

Il cambiamento delle palline e la nuova generazione

Tra i cambiamenti percepiti nel circuito, Ruud ha parlato anche della questione delle palline da gioco, un tema ricorrente nel mondo del tennis post-COVID. “Un ex giocatore mi ha detto che, quando ha iniziato negli anni 2000, le palline erano più vivaci. Ora sembrano avere tutte la stessa pressione, sono più facili da colpire ma anche più difficili per noi che vogliamo fare il gioco”. Questo cambiamento favorirebbe i nuovi arrivati nel circuito, abituati a queste condizioni sin dall’inizio.

La calma come stile di gioco e di vita

In un mondo dove l’intrattenimento sembra diventare quasi più importante del gioco stesso, Ruud rivendica con orgoglio il suo essere “tranquillo”.

“Non ho mai voluto essere un intrattenitore, ma solo un tennista che dà il massimo. Gioco meglio quando sono calmo. Se la gente apprezza questo, ne sono felice”, ha detto. La sua compostezza, spesso sottovalutata, è in realtà uno dei suoi punti di forza, e rappresenta un antidoto prezioso in un ambiente dove la pressione è quotidiana.

Uno sport straordinario, ma da proteggere

Nonostante le difficoltà, Ruud rimane fiducioso: “Il tennis è uno sport incredibile, si gioca in tutto il mondo. Ma serve una struttura che tuteli i giocatori”. Le sue parole sono un appello autentico, lontano da polemiche ma denso di significato: per continuare a offrire spettacolo, lo sport ha bisogno di sostenibilità – non solo fisica, ma anche mentale.

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