La carriera di Juan Martin del Potro è stata costellata di acciacchi e infortuni, tutt’altro che una passeggiata. Però l’argentino è riuscito sempre a tornare, e ad ottimo livello. Anche questa volta ci è riuscito, ed ora è nuovamente – e meritatamente – un top ten ATP. Però la crescita è stata soprattutto personale: Juan Martin è stato in grado di comprendere cosa significhi realmente impugnare tutti i giorni una racchetta per professione. Non troppo tempo fa, in ospedale, non sapeva se sarebbe rientrato, ad oggi festeggia la vittoria nel torneo di Acapulco contro Kevin Anderson e il rientro nella top 8. E in questo contesto Del Potro ha parlato nei giorni scorsi con Marca della sua carriera, del suo passato e dei suoi rivali.
QUASI RITIRATO – «Ogni volta che mi sono dovuto fermare per il polso ero al numero 4, proiettato a cercare la scalata al numero 1. Però tutte queste sofferenze mi hanno maturare incredibilmente. Neanche al top della condizione pre-infortunio avrei vinto l’argento alle Olimpiadi e la Coppa Davis. Sono convinto di esserci riuscito anche per quello che ho passato. Ho sempre voluto vedere il bicchiere mezzo pieno». Problemi che non sono neanche superati del tutto: «non c’è un giorno in cui non debba riabilitare un po’. Ho sempre dolore, ma con passione, entusiasmo e volontà cerco di avvicinarmi al 100% della condizione. E anche se non lo raggiungi va bene, magari ti crei un tuo livello possibile che sia una sorta di 100% falso». Operazioni multiple e il fantasma del ritiro: «prima della mia ultima operazione ho temuto veramente di dovermi ritirare, e lo stavo per fare. Non stavo soffrendo solo come un atleta, ma anche come persona, come chiunque si debba operare e non so come starà dopo», ha ricordato l’argentino.
FORTUNATO – «Ho sofferto tantissimo il periodo in cui non sono riuscito a giocare. Mi dicevano che sarei tornato con più voglia, ma li ho accusati tanto. In ogni caso non mi ci vedo a giocare come Roger fino a 36 anni», dice il tennista di Tandil, che poi si sofferma a parlare di Federer e Nadal: «loro sono stati dati per morti tantissime volte e poi nel 2017 si sono divisi i 4 Slam, e potrebbe accadere anche quest’anno. Dipenderà dalla loro saluto perché tecnicamente sono ancora i migliori». Ma sono stati un ostacolo alla carriera di Delpo? «Io vorrei che Roger non si ritirasse mai, e che fosse sempre più forte, e come lui anche Rafa, Murray e Djokovic» sottolinea con sincerità l’argentino: «Mi viene proprio complesso immaginare il tennis senza loro. La mia grande fortuna è stata di averli avuti come colleghi in attività e sono convinto di essere riuscito a dare ancora di più proprio per questo stimolo continuo. Se dovessi scegliere un periodo storico in cui giocare a tennis, sceglierei questo».