Un momento complicato per il fuoriclasse serbo
Mentre il tennis italiano si gode le imprese di Arnaldi e Musetti a Madrid e attende con entusiasmo il ritorno di Jannik Sinner a Roma, il mondo della racchetta osserva con crescente perplessità il momento difficile di Novak Djokovic. Il numero 5 del mondo è incappato in una delle fasi più opache della sua carriera: tre sconfitte consecutive, nessuna vittoria sulla terra battuta nel 2025, e l’inaspettata rinuncia al Masters 1000 di Roma, torneo dove ha trionfato sei volte e solitamente usato come trampolino per il Roland Garros.
Un’assenza che pesa e un futuro incerto
La decisione di saltare il Foro Italico ha sollevato interrogativi profondi su quale Djokovic si presenterà a Parigi. A meno di un ripescaggio dell’ultimo minuto in tornei minori come Ginevra o Amburgo, il serbo rischia di arrivare allo Slam parigino con appena due partite disputate sulla terra – e due sconfitte nette contro Alejandro Tabilo e Matteo Arnaldi.
Djokovic stesso ha riconosciuto le difficoltà di questa fase, ammettendo di dover “accettare una nuova realtà” in cui è già soddisfatto se riesce a vincere una o due partite. Parole che pesano se pronunciate da un campione con 24 titoli del Grande Slam, impegnato in una corsa personale verso il record assoluto.
La perdita dell’aura e la crisi di fiducia
Secondo l’ex tennista e analista Annabel Croft, Djokovic sta affrontando un evidente declino non solo fisico, ma anche psicologico. “Sembra un po’ apatico in campo, non riesce a ritrovare la sua formula vincente”, ha dichiarato, sottolineando come il 2024 sia stato un anno senza titoli Major, con tutte le vittorie nei tornei dello Slam divise tra Jannik Sinner e Carlos Alcaraz.
L’ultima partita davvero degna del vecchio Djokovic, secondo Croft, resta la splendida vittoria su Alcaraz agli Australian Open del gennaio scorso. Da lì in avanti, il serbo non ha più dato segnali convincenti. Ha anche abbandonato in semifinale contro Zverev in Australia, dopo un set estenuante, e da quel momento “non è stato più lo stesso”.
Un altro elemento chiave della crisi è la perdita dell’aura: “Un tempo gli avversari entravano in campo già battuti mentalmente. Ora invece molti, anche di ranking inferiore, pensano di avere una possibilità concreta”, ha osservato Croft. Questa nuova percezione da parte del circuito rende ogni match una montagna più difficile da scalare.
Obiettivi sempre più ambiziosi, ma più lontani
Djokovic continua a inseguire il sogno del 25° Slam e del 100° titolo ATP, traguardi che lo consacrerebbero come il più grande di sempre secondo molti criteri. Ma la pressione per raggiungerli si fa sentire. La scelta di giocare più tornei nel 2025, rispetto allo scorso anno, non ha dato i frutti sperati. Al contrario, ha evidenziato quanto il tempo sia un avversario sempre più pressante per il quasi 38enne serbo, che fatica a recuperare energie e ritrovare continuità.
Mentre altri esperti, come Colin Fleming, non escludono un colpo di coda a Parigi, Croft è più scettica: “Non so se riuscirà a rimettersi in sesto in tempo per il Roland Garros”. Una valutazione che sembra condivisa da chi osserva da vicino la crisi del campione.
Un Roland Garros da dentro o fuori?
La stagione sulla terra battuta è da sempre un banco di prova impietoso, e il Roland Garros – con i suoi cinque set massacranti e avversari affamati – non fa sconti. Djokovic potrebbe ancora sorprendere, ma dovrà farlo contro ogni previsione e senza il rodaggio che ha sempre considerato essenziale.
Il dubbio che serpeggia tra fan e analisti è semplice e brutale: stiamo assistendo al tramonto dell’impero Djokovic? Oppure è solo una flessione temporanea in una carriera che ha più volte stupito il mondo con i suoi ritorni?