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Djokovic e Becker: il duo vincente

Se torniamo indietro di qualche anno, fino al 2010, ricordiamo i Fab Four del tennis recente, accompagnati da figure storiche, che li hanno allevati dal punto di vista sportivo, delle partnership indissolubili: Murray e Miles McLagan, Federer e Severin Luthi con Paul Annacone, Djokovic e Marian Vajda, e Nadal e lo zio Toni.

Ma da quando Andy Murray ha invertito la tendenza, affidandosi a Ivan Lendl, è nata una nuova moda: abbandonare il “maestro” di sempre, per affiancarsi a una leggenda del tennis, con molto più seguito mediatico, dopo di lui infatti, Federer ha assunto Edberg. L’ ultimo in ordine di tempo, è stato il serbo, che a fine 2013, dopo aver perso la posizione di numero 1 del ranking, decise di affidarsi a Boris Becker, dando vita a un’unione rivelatasi poi vincente.

Ma la scelta di Nole all’inizio aveva lasciato tutti perplessi, Becker non sembrava il personaggio adatto, e l’eliminazione ai quarti dell’Australian Open, per mano di Stan Wawrinka 2014 aumentò i dubbi di tutti, ma si trattò solo di un incidente di percorso, seguito dalla finale di Parigi, e il successo a Wimbledon che riconsegnarono a Djokovic la leadership del ranking, prima della consacrazione di quest’anno da vero e proprio dominatore del circuito.

E proprio il serbo non perde occasione per sottolineare l’importanza che ha avuto per lui l’ avvento di Becker, dandogli molti meriti nella sua trasformazione da eterno terzo incomodo, al carnefice che è ora. Il merito principale del tedesco, è stato quello di far crescere Djokovic sotto l’aspetto mentale, aiutandolo a gestire meglio le emozioni e i match e ad affrontare meglio i match dal punto di vista psicologico, aiutandolo a diventare quella macchina perfetta, che sembra non avere punti deboli, destinata a diventare leggenda.

Il ruolo di Becker è importante sotto un altro aspetto: la sua storia e il suo nome, catalizzano spesso l’attenzione dei media, che si riversano su di lui. E lui non si sottrae mai ai microfoni e alle telecamere, alleggerendo Djokovic da una pressione mediatica, che a volte potrebbe rivelarsi controproducente (tipo Serena allo Us Open). Boris al tempo stesso è l’allenatore di Djokovic, il mental coach, e l’ addetto stampa, la loro unione oltre che vincente sembra destinata a durare, i primi due anni, hanno portato 4 titoli Slam e 2 finali perse, su 8 partecipazioni, le premesse sono buone.

Michele Alinovi

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