Dominic Thiem: che vuoi fare da grande?

Il giovane tennista austriaco mette a segno la sua quarta vittoria da professionista a Buenos Aires. Si porta dietro lo scalpo di Rafael Nadal, che sulla terra rossa è pur sempre un bel bottino. Ma soprattutto la consapevolezza di essere un lottatore e un vincente. Almeno sulla terra rossa.

Questa settimana gli occhi del tour tennistico mondiale sono puntati su Dominic Thiem, classe 1993, austriaco di Wiener Neustadt, il posto dove è seppellito Massimiliano I d’Asburgo, nonno di Carlo V, quello, per intenderci, sul cui regno non tramontava mai il sole. E infatti pare che la stessa di Thiem sia in decisa ascesa. Numero 19 al mondo e 12esimo nella Race 2016 (a proposito, al n. 18 c’è tale Lorenzi Paolo da Siena).

Thiem gioca una tennis davvero interessante. Intanto perché raramente vince facilemente, come hanno testimoniato le sofferte vittorie su Nadal in semifinale e Almagro in finale a Buenos Aires, entrambe portate a casa ricorrendo al tie-break nel set decisivo. Ma sopratutto perché sembra un potente motore diesel, montato su un fisico bel costruito ma non sensazionale. Dotato di buona capacità di movimento, predilige per certo la terra rossa, sulla quale ha costruito non solo i suoi migliori successi a livello junior, ma anche la sua solidissima classifica da professionista. Dominic è infatti il più giovane tra i tennisti allocati nella top 20, così, per dire.
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Oggi molti siti specilizzati riportano dei suoi allenamenti faticosi, strambi, agli ordini di Sepp Resdnik, a base di nottate al freddo nel bosco, ceppi di legname da trasportare ed altre stramberie da far impallidire Karate Kid ed il buon maestro Miyagi. Al netto della verità o della leggenda, ci troviamo dinanzi ad un giocatore che è un curioso incrocio tra il tennis potente e fisico di oggi e alcune caratteristiche peculiari del tennis anni ’80. Un ibrido tra il “corri e tira” del powertennis impostoci da Nadal e Djokovic (e poi Murray) e Ivan Lendl, colui che sei anni or sono lo segnalò all’Adidas, suo attuale sponsor tecnico, per metterlo urgentemente sotto contratto.

Il tennis di Thiem è infatti basato su solidi colpi da fondo: dritto devastante, in grado di fare il punto sostanzialmente da ogni parte del campo e verso ogni direzione. Possibilmente però incrociando verso il dritto del suo avversario. Il rovescio è ad una mano: praticamente una rarità (curioso però che ieri a Buenos Aires anche il suo avversario proponesse la medesima caratteristica, di questi tempi!). Servizio molto potente, ma non sempre decisivo. Lavorata e varia la seconda di servizio, con spiccata propensione verso il kick. Eppure Thiem si fa vedere anche nei pressi della rete, ma rigorosamente dopo aver costruito solide basi da fondo campo. Difetti? La caratteristica di giocare troppo lontano dalla linea di fondo. Il problema è che, ci pare, senza quella posizione difficilmente avrebbe il tempo di “aprire”, specie sul dritto, la cui potenza necessita proprio di più tempo rispetto agli standard dei giocatori moderni, efficacissimi in tempi davvero ristretti. Sarà complicato guadagnare quel metro che renderebbe anche il rovescio un’arma letale e farebbe del dritto la giusta stampella al suo soprannome, “dominator”.

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Nella prossima settimana Thiem è atteso al varco del torneo di Rio de Janeiro, un atp500 nel quale si presenta testa di serie n. 5, con un tabellone piuttosto agevole che lo vede ai quarti atteso da David Ferrer, anche lui non più il “Ferru” di una volta, ma di sicuro favorito fino a quel momento del torneo. Dominic ha speso molto, anche perché le vittorie facili non sono particolarmente gradite dall’austriaco, soprattutto perché tende a complicarsele con una percentuale di errore (anche gratuiti) parecchio alta, causata da una percentuale di rischio nelle scelte tattiche molto alta, ai limiti dello spericolato. E su questo Gunther Bresnik avrà molto da fare.

Per concludere: sapevate che tra il novembre 2014 e l’aprile 2015 Dominic ha anche prestato servizio militare per il proprio paese? Fin qui niente di che, se non fosse che non ha perso alcun torneo in quel periodo. Forse quegli allenamenti di Bresnik ci hanno riconsegnato un incrocio tra Lendl e Rambo.

 

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