Federer e Djokovic sul coaching in campo

Hanno reagito diversamente Roger Federer e Novak Djokovic per quanto riguarda la possibilità nelle qualificazioni degli U.S. Open di poter usufruire del coaching.

Il torneo permetterà ai giocatori di poter parlare con i propri coach mentre si trovano nello stesso lato del campo, e di poter gesticolare qualora il tennista si trovi dall’altra parte del campo.

In più un orologio di 25 secondi verrà utilizzato per far rispettare il riposo tra un punto e un altro.
Federer non è sembrato tanto incline a questo cambiamento nelle regole: “Non sono d’accordo. Penso sia bello che nel tennis ci sia solamente tu. Inoltre non tutti hanno le stesse possibilità per pagare gli allenatori. Potrebbe essere una cosa interessante da vedere, anche se a livello juniores accade ovunque che i coach e i giocatori parlino senza problemi.

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Federer, che si è lamentato spesso sul gioco lento, abbraccia la regola del timer di 25 secondi,  pensando però  che questo  non sia il miglior modo per far rispettate tale obbligo.

“È una cosa interessante. Ma, per esempio, dopo aver recuperato ad un drop shot e aver giocato sicuramente uno scambio molto duro c’è bisogno di riposare. Penso dovremmo far rispettare la regola step by step. Proviamo e vedremo come andrà”.

Al serbo invece piace l’idea del consentire il coaching durante l’incontro, ma non solo agli U.S. Open. Nole supporta anche il piano della Atp di provare le conversazioni con gli auricolari tra giocatori e allenatori.

“Ad essere onesti penso sia una bella cosa. Certamente bisogna rispettare i tempi del battitore. Le cuffie in campo sarebbero belle: conversando così è molto più confortevole ed anche intimo.
Converrebbe anche da un punto di vista commerciale. Sicuramente ci sono un sacco di compagnie di cuffie che vorrebbero investire nel tennis. Da quanto ho capito gli spettatori tv potrebbero sentire le nostre conversazioni.”

DjokerNole non si capacita perché nel tennis, a differenza di molti sport, non permette il coinvolgimento dei coach durante il gioco.

“Quando la Wta ha introdotto il coaching in campo, molti giocatori uomini non erano d’accordo. Ritengo invece che sia un buon cambiamento per il nostro sport, che è probabilmente l’unico al mondo che non permette ai coach di intervenire in aiuto dei giocatori con dei consigli”.

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