Il lento e inesorabile declino del tennis italiano

Viviamo nel ricordo di uno splendore passato. Ci aggrappiamo, inutilmente, alle fievole immagini di Pietrangeli e Panatta, unici trionfatori Slam nostrani mai visti in campo maschile. Sono storie passate, rinchiuse in una foto in bianco e nero, raccolte in una Veronica che, dopo quarant’anni, ti lascia ancora senza parole. Ci fermiamo invece oggi a guardare il panorama, anelanti di quel brivido che manca da così tanto, perfettamente consapevoli del fatto che, da qui a poco, niente potrà cambiare.

RANKING – La situazione, prendendo in considerazione soltanto i noiosi numeri, è la seguente. Il ranking così recita: Paolo Lorenzi 39, Fabio Fognini 49, Andreas Seppi 86. Un paesaggio desolato si mostra spoglio ai nostri occhi. Per l’amor del cielo, Paolo è un ottimo giocatore, uno straordinario professionista, ma vederlo come primo giocatore italiano rende perfettamente l’idea del livello attuale a cui dobbiamo assistere. Fabio, troppo spesso additato (esageratamente) come giocatore da Top 10, 5, 2, 1, decide deliberatamente di passare i mesi invernali in asiatica ed europea villeggiatura, subendo imbarazzanti mazzate a destra e a manca, racimolando una decina di game in quattro set divisi, in parti uguali, tra Shanghai e Parigi Bercy. Andreas, poi, con un gioco monotono e sempre più privo di spinta e personalità, arranca in primi turni sempre più complicati finendo nel baratro più totale che lo costringe a giocare le qualificazioni dei tornei maggiori.

FUTURO BUIO – Oltre a loro, che comunque, in tempi e modi differenti, hanno già regalato al tennis italiano momenti più o meno grandi di splendore, la parte più buia è rappresentata dall’inesistente ricambio generazionale, con nessun giovane capace di sfondare il muro dei 100. È inutile negare l’evidenza. Per tornare ai fasti di un tempo occorre cambiare qualcosa alla base, lavorare su un sistema e su una federazione sempre più incapaci di lavorare su e per i giovani, costruendo un ambiente solido e garantendo, ai giovani più promettenti, la possibilità di trovare un centro in cui allenarsi con costanza, rendendo il tutto meno dispersivo. Lo so, esiste da sempre, con i vari “cugini” francesi, spagnoli e tedeschi, un’autentica rivalità, impossibile da superare e, giustamente, portata avanti con fierezza. In questo caso, però, occorre fare un passo indietro e prendere esempio da loro, provando, con ogni mezzo, a rinnovare un movimento da tempo privo di elementi di rilievo. Viviamo nel ricordo di uno splendore passato, ed è il momento, quindi, di iniziare da capo.

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