Al Mutua Madrid Open, Jack Draper ha scritto un nuovo importante capitolo della sua giovane carriera. Pur arrendendosi in finale a Casper Ruud, il tennista britannico ha lasciato la capitale spagnola con consapevolezze preziose: la sua crescita è reale, tangibile, e sempre più difficile da ignorare. Da n.5 del mondo e n.2 della Race, Draper arriva ora a Roma con nuove certezze e una fame di vittorie che si fa sentire.
La finale persa contro Ruud, uno dei migliori specialisti della terra battuta, non ha affievolito l’entusiasmo di Draper. Dopo due settimane di altissimo livello, il britannico si è detto “molto orgoglioso del rendimento mostrato” e ha ribadito di aver “dimostrato a sé stesso e agli altri di poter competere con i migliori anche su questa superficie”.
Il match contro il norvegese si è deciso nei dettagli: “Ci sono stati momenti in cui il suo livello non è calato, a parte un paio di doppi falli. Il mio invece è sceso in alcune fasi, e quella è stata la differenza. A questo livello, contro avversari così forti, sulla terra battuta non puoi permettertelo”, ha spiegato in conferenza stampa.
Cresciuto sui campi in cemento del Regno Unito, Draper non ha avuto un rapporto immediato con la terra rossa. La sua esperienza da junior sui campi europei gli aveva lasciato buone sensazioni, ma il salto nel circuito ATP ha richiesto un vero e proprio apprendistato. “Sto ancora imparando a muovermi e a giocare sulla terra battuta. Ho fatto un grosso passo avanti qui a Madrid. Sto imparando a scivolare meglio, a leggere meglio i rimbalzi”.
Ha citato anche l’esempio di Andy Murray: “Anche lui ha avuto successo sulla terra. È facile pensare: ‘non sono bravo su questa superficie’, ma con la giusta mentalità si può arrivare lontano”. Draper ha messo in evidenza il lavoro mentale svolto: nonostante le difficoltà iniziali, ha scelto di affrontare la sfida con determinazione e fiducia nei propri mezzi.
Malgrado il ranking, Draper mantiene una visione lucida della competizione. “Ci sono così tanti giocatori incredibili. Non importa se sono il numero 5 o il numero 30, ogni partita è in bilico. Sento di poter mettere in difficoltà chiunque, ma non mi considero il favorito. Partiamo tutti da zero e vince chi gioca meglio quel giorno”.
Una filosofia che lo aiuta a restare con i piedi per terra, consapevole di quanto sia difficile mantenersi al vertice. A guidarlo è la convinzione costruita con il lavoro quotidiano, non l’ossessione per la classifica: “Non mi pongo obiettivi rigidi. So quanto ho lavorato per arrivare fin qui. Ho affrontato molti alti e bassi, e ora sento di meritare quello che sto vivendo”.
Draper è il primo a riconoscere che il suo tennis ha ancora margini di miglioramento. Pur vantando un servizio potente grazie al suo metro e novanta, ammette che la precisione potrebbe essere maggiore. Così come la propensione a chiudere i punti a rete: “Devo essere più aggressivo in certe fasi del gioco, cercare di avanzare e mettere pressione all’avversario”.
Anche la condizione fisica è un punto su cui sta lavorando: in passato gli infortuni ne hanno rallentato l’ascesa, ma ora si sente pronto a competere costantemente ai massimi livelli. “Sto imparando a gestire meglio il mio corpo. Non sono ancora dove voglio essere, ma so che ci arriverò. Credo nel mio percorso”.
Con la stagione su terra ormai entrata nel vivo, Draper guarda con ottimismo ai prossimi appuntamenti. Dopo la convincente campagna madrilena, Roma e il Roland Garros rappresentano due tappe cruciali per capire quanto in alto possa arrivare. E se già oggi si parla di lui come di un potenziale protagonista, sarà il campo, come sempre, a dare le risposte più importanti.
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