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Jannik batte un colpo

Era dal 5 giugno che Jannik non finiva una partita con il sorriso sulla bocca. Due lunghi mesi, quattro sconfitte su terra, erba e cemento, una crisi di risultati e fiducia fatta di occasioni perse e crolli improvvisi, momenti in cui si è sentita brutalmente la mancanza di appigli sicuri come il servizio, di alternative di gioco alla spinta da fondo, e persino dei colpi più famigliari come l’amico rovescio.
L’ultimo periodo è stato come un tiro al piccione, con Sinner nell’ingrato ruolo del volatile meno amato al mondo. Il gran rifiuto olimpico ha stuzzicato l’ira e il giudizio sommario di chiunque, esercizio spesso praticato con toni e argomenti inversamente proporzionali alla conoscenza della materia. Qualche critica di chi ne sa più di lui poteva avere il valore di un buon consiglio, mentre la grandinata di insulti proveniente dal web è stata semplicemente lo specchio del modo aberrante in cui la gente sfoga le proprie frustrazioni.
Insomma nel breve volgere di qualche mese il cigno è tornato un brutto anatroccolo, il campione si è rivelato un bluff e per di più sta antipatico a tutti; gli allori e gli onori che lo circondavano, adesso gli pesano addosso come massi.

La scelta di saltare i giochi olimpici è stata già discussa in ogni salsa ma – sorvolando sull’indubbia intempestività della comunicazione – aveva una sua logica: l’idea era quella di farsi da parte un momento, tirare il fiato evitando deviazioni per concentrarsi su allenamenti e tournée statunitense. Si può non essere d’accordo (certo, giocare un’olimpiade è un’esperienza unica e suona strano considerarla una distrazione), ma è una decisione personale e legittima.
Jannik ha parlato poco e quando lo ha fatto ha mantenuto il consueto distacco e un profilo basso: giustamente lui non guarda solo al presente, ma vede la propria crescita come un progetto a medio termine da portare avanti con lo stesso spirito nella gioia e nel dolore. All’apparenza non si scompone di fronte a nulla ma è pur sempre un ragazzo e forse aveva bisogno di smarcarsi dalle eccessive pressioni che lo stavano schiacciando. Lontano dai riflettori – o almeno un po’ in disparte, viste le olimpiadi in corso – Jannik ha forse toccato il fondo con la sconfitta di Atlanta contro O’Connell (un avversario comunque più pericoloso di quanto dica la classifica), ma si è anche preso un’ottima medicina: il trofeo del doppio, in coppia con il gigante americano Reilly Opelka. Divertirsi e condividere la gioia di una vittoria è sicuramente un bel modo per ritrovare leggerezza.

Per venire alla stretta attualità, Ruusuvuori non era certo il miglior cliente da cui ripartire: dopo un brutto periodo tra terra rossa ed erba, il finlandese si è ritrovato sul cemento americano, con l’ottima semifinale di Atlanta. Contro ogni aspettativa è proprio lui a spianare la strada a Sinner con un disastroso inizio al servizio e tre doppi falli in un game.Jannik non mette una prima neanche a pagarla (41% alla fine) ma compensa con un ottimo rendimento con la seconda (69% nel match) e non soffre mai nel portare a casa i propri game. Ciò che stupisce in positivo è la pazienza con cui l’italiano costruisce i punti, attendendo il momento giusto per dare la stoccata decisiva.
Nel secondo parziale il finlandese è decisamente più in bolla ma Jannik evita i cali che l’hanno condannato ultimamente e servendo per primo mette pressione al dirimpettaio; Emil annulla una palla break nel sesto game ma poi cede di schianto nel decimo.
La strada è ancora lunga ma ci voleva proprio una partita così per riportare un po’ di serenità nel cielo sinneriano. Stasera (20:00 ore italiane) al secondo turno lo attende un altro giovane emergente e in forma: lo statunitense Sebastian Korda, figlio d’arte reduce dal titolo 250 di Parma e dagli ottavi di finale a Wimbledon.
Poco più tardi (00:30 circa) i due saranno compagni nel doppio, sfidando una coppia che mette di buon umore solo a nominarla: Kyrgios-Tiafoe.

Nicola Balossi

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