Un’alleanza inattesa durante lo stop più delicato della carriera
Quando Jannik Sinner è stato costretto a fermarsi per tre mesi a causa di una sospensione, molti si sono chiesti come il numero uno del mondo potesse mantenere la forma senza violare le rigide restrizioni imposte dalla WADA. La risposta è arrivata solo settimane dopo il suo ritorno trionfale in campo: dietro le quinte, ad allenarlo lontano dai riflettori, c’era Roberto Marcora, ex numero 150 del ranking ATP, oggi ritirato, ma ancora pienamente capace di fare la differenza.
Dall’amicizia alla chiamata: “Per te torno in campo”
Il rapporto tra Sinner e Marcora non è nato per caso. I due si conoscono da tempo, avendo anche condiviso il campo da avversari. Un episodio emblematico risale alla finale del Challenger di Bergamo, vinta da un giovanissimo Jannik proprio contro Marcora. È stato l’ex tennista, oggi 35enne, a raccontare come tutto sia iniziato con un messaggio tra il serio e il faceto: “Quando è uscita la notizia della squalifica, gli avevo scritto dicendogli, come battuta, che per lui sarei tornato in campo”.
A sorpresa, quel messaggio ha ricevuto una risposta concreta. Il coach di Sinner, Simone Vagnozzi, ha contattato Marcora per valutare la possibilità di collaborare. Ma prima c’era da verificare un dettaglio non da poco: che fosse effettivamente ritirato dall’attività agonistica, requisito fondamentale per non violare le regole della sospensione.
Allenamenti in Costa Azzurra, tra privacy e rigore
Una volta ottenuto il via libera da parte della WADA, è partita una fase di preparazione del tutto particolare. Gli allenamenti si sono svolti in una villa privata in Costa Azzurra, lontano dai circoli ufficiali e dagli occhi indiscreti. “Eravamo un po’ come clandestini – ha raccontato Marcora – anche se era tutto regolare, c’erano comunque delle complicazioni”.
In quel contesto quasi surreale, lo staff di Sinner ha garantito professionalità e serenità. Le sessioni non erano eccessivamente strutturate, ma mirate: una al giorno, alternate a tanto lavoro atletico in palestra. C’era spazio per il gioco, la tecnica e la leggerezza. “Ci scaldavamo con il calcio-tennis, poi tante palle, qualche spostamento, attenzione ai dettagli”, ha ricordato Marcora. E soprattutto, niente fretta: l’obiettivo era ritrovare ritmo e sicurezza, senza pressioni.
Il peso della responsabilità: “Se perdeva al primo turno, sembrava colpa mia”
Marcora ha vissuto l’esperienza con un misto di entusiasmo e responsabilità. Preparare il numero uno del mondo in vista del ritorno a un grande torneo come gli Internazionali d’Italia non era compito da poco. “Sentivo la responsabilità di aiutarlo a mantenere il livello. Se avesse perso al primo turno a Roma… da sparring partner sarebbe sembrato un mio fallimento!”, ha ammesso con un sorriso.
Fortunatamente, le cose sono andate diversamente: Sinner ha raggiunto subito la finale, dimostrando che lo stop non aveva intaccato il suo smalto. Anzi, questa pausa forzata, gestita con intelligenza e discrezione, potrebbe avergli fatto bene. E in quella preparazione silenziosa, lontano dai riflettori, c’è anche la firma discreta ma efficace di Roberto Marcora.
Una collaborazione che rivela il lato umano del tennis
Oltre all’aspetto tecnico, questa vicenda mostra un lato umano e solidale del tennis spesso nascosto. In un momento difficile, un ex collega ha scelto di mettersi al servizio del miglior giocatore del mondo, non per gloria o guadagno, ma per amicizia e passione. Un gesto che non è passato inosservato, e che potrebbe segnare un precedente virtuoso.
In definitiva, il rientro di Sinner non è solo la storia di un campione che non ha perso il passo, ma anche quella di un ex tennista che, nel momento giusto, è tornato a servire, colpire e correre. Per un amico. Per il tennis.