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Jannik spietato

Diciamo la verità: questa partita l’abbiamo guardata con in testa una nube di pensieri alieni riassumibili in un’unica parola: Nole. Lo sappiamo, non è l’approccio ideale ma è più onesto ammetterlo. Per fortuna non siamo noi ad andare in campo ma questo ragazzo che ci sta lasciando letteralmente senza parole (e non è facile!).
Non sappiamo se anche lui stesse pensando anche alla partita di domani con Djokovic, ma di certo non ne ha risentito. Forse sì, forse la prospettiva di affrontarlo ha influito ma non in termini di distrazione, piuttosto ha aumentato il livello di cattiveria agonistica perché la voglia di misurarsi con il numero uno è stata una motivazione aggiuntiva per sbrigare la pratica odierna. Se ne parliamo come di una formalità non è per mancare di rispetto all’iberico, bensì per evidenziare il merito di Jannik nel far sembrare facile ciò che facile non era e non è stato.
Non solo per aver superato un approccio complicato – e qui parliamo di un cambio di superficie, di continente, di contesto, parliamo di una delusione da smaltire, di un intero universo da resettare in una sola settimana… tutto ciò ha provocato un solo game di assestamento e il break subito in apertura – ma anche per aver sistematicamente rintuzzato e frustrato ogni tentativo rientro di un avversario tosto, per nulla propenso a mollare, uno che sta calcando il rosso da fine febbraio ed è partito caldo e sicuro di sé.

Il terzo game del secondo set è uno specchio ideale di questa partita e di come Sinner l’abbia ammaestrata a suo piacimento; avanti 2-1, il nostro si trova sotto 15/40, concedendo due velenose palle per il controbreak che avrebbe riaperto l’incontro; non c’è problema, perché Jannik sa fare, e soprattutto sa quando è il momento di fare: portare a casa uno scambio di 29 colpi e subito sparare un ace immediato per poi estrarre dal cilindro un perfetto dropshot.
L’iberico non si scompone e rimane incollato al match fino alla fine ma Jannik ormai vola sulla propria consapevolezza, non concede più nulla e chiude il discorso (6-3, 6-4). Voleva Djokovic e se l’è preso. Adesso c’è solo da sedersi in poltrona a guardare. Qualcuno ha storto il naso di fronte al sorteggio malevolo, ma ogni incontro con questi mostri sacri è un’occasione di apprendimento più unica che rara e Jannik la metterà a frutto.

L’ultima partita di Sinner sulla terra rossa sono stati i quarti del Roland Garros contro il dittatore Rafa Nadal, da allora è passata tanta acqua sotto i ponti, tante partite, tanti piccoli step di crescita e di consapevolezza: fronteggiare Nole sarà come guardarsi allo specchio per capire quanto e cosa manca per sedersi allo stesso tavolo.

Nicola Balossi

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