La dura legge di Nole

Passo indietro per Tsitsipas che paga dazio alla superiorità mentale di Djokovic e perde la sua sesta finale su undici disputate. Quinto trionfo a Dubai per Novak.

Tra flautisti, danzatori fluorescenti e fontane luminose va in scena la ricca premiazione dell’Atp 500 di Dubai. Va oltre le frasi di circostanza la delusione di Stefanos Tsitsipas, che giustamente non si accontenta più del premio per il secondo posto. Nel 2019 era stata meno amara la sconfitta con il centenario Roger Federer, precedentemente battuto in Australia.

“È successo di nuovo… dopo lo scorso anno, è un’esperienza formativa confrontarsi con tali avversari, per me è incredibile poter giocare ogni settimana in posti diversi, Dubai è splendida, una fantastica ospitalità e un bellissimo pubblico. Ma parliamo di tennis: è stata un’ottima settimana ero a mio agio in campo. Poi continuo a provare e a fallire, è un loop, bisogna avere pazienza e dedicarsi, continuare a crederci.”

È sereno e sornione il vincitore, che invece di tennis parla poco, come se non volesse svelare troppo del suo magic moment: “Ogni volta è speciale qui, era da quattro anni che non ci giocavo e mi è mancato. Ci sto spesso in offseason con la mia famiglia, siamo stati benissimo, è stato bello tornarci a giocare. Un po’ di cose del mio gioco stanno funzionando bene. Ringrazio per il Golden visa che ho ricevuto, è un grande privilegio poter venire qui quando voglio”.

Quello che le parole non dicono, l’aveva dichiarato il campo poco prima, e noi l’abbiamo capito forte e chiaro: è un Djokovic vintage, pieno di energia e di fiducia, uno che sguazza nelle difficoltà  le usa come gradini per issarsi più in alto. Diciotto vittorie di fila in stagione non arrivano per caso, a maggior ragione se fra gli avversari messi in riga possiamo contare i primi sei della classifica Atp.

I momenti no ci sono stati, a parte la strana situazione con Federer infortunato che lo stava mettendo sotto, Nole è apparso a tratti vacillante contro Shapovalov in Atp Cup, in seria difficoltà con Thiem nella finale degli Australian Open e a un passo dal tracollo ieri, quando ha annullato ben tre matchpoint a Monfils, eppure ogni volta ha trovato il modo di uscirne in trionfo.

Oggi è stato evidente come ogni discorso tecnico impallidisca di fronte alla natura mentale della sua forza mostruosa. La partenza del serbo è stata balbettante, forse in parte per la consapevolezza di non aver giocato troppo bene in semifinale e di essersi salvato per miracolo. Dall’altro lato della rete, Tsitsipas stava bene e ha tenuto con facilità i primi tre turni di servizio, ma gli è mancato il coraggio di affondare il colpo e probabilmente gli è stata fatale la sensazione di poter amministrare la partita senza aggredirla. Con Nole non sono ammesse attese né incertezze, l’unico modo per giocarsela è attaccarlo senza sosta sperando di limitare al minimo gli errori. Infatti al primo leggero calo del greco al servizio è stato lui ad azzannarlo alla giugulare. E la partita in sostanza è finita.

Stefanos, pur non giocando male, è caduto in soggezione psicologica, forse ha patito il rimpianto della fase di superiorità iniziale non sfruttata, di sicuro ha peccato nella lettura dei momenti della gara, arte di cui Djokovic è un vero maestro. Resilienza, esperienza, abilità nel dimenticare istantaneamente gli errori commessi senza farsene condizionare… insomma la saggezza di Novak nella comprensione del gioco raggiunge ogni volta livelli superiori.

E poi – o meglio, prima – c’è il gioco: non ruba gli occhi – lo so, lo so, a molti piace, ma i gusti sono gusti – però è incredibile la sua capacità di adeguarsi al livello dell’avversario, specialmente quando questo è forte e talentuoso. Insomma è un rebus inestricabile: se tu giochi male ti schiaccia, ma se tu giochi bene lui trae linfa dai tuoi colpi e alza la qualità in modo uguale e contrario. Non a caso nascono partite piuttosto brutte quando vince facilmente e match spettacolari quando la sostanza dello sfidante lo consente. E così anche l’ultimo che l’aveva battuto (il 20 dicembre nell’esibizione di Abu Dhabi) è stato regolato.

Djokovic a Wimbledon in una delle sue migliori stagioni

Adesso vedremo cosa ci attende. L’impressione è che Djoker, dopo le ultime stagioni molto incentrate sugli Slam, sia proiettato in una dimensione cannibale stile 2011 o 2015, bisogna capire se all’età attuale un’ambizione del genere non gli costerà troppo a livello energetico (per quel che riguarda l’aspetto fisico, perché abbiamo visto che le risorse mentali attingono a una fonte inesauribile).

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