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La parola allo zio Toni

Lo “zio” più famoso del mondo del tennis ha parlato.

Toni Nadal, zio di Rafael, coglie l’occasione del post-wimbledon per rispondere a John McEnroe, il quale senza mezzi termini come è costume del campione statunitense ha suggerito a Nadal di cambiare allenatore per affrancarsi dal periodo (un annetto diremmo) di “bassa pressione” tennistica.

Toni Nadal ha chiaramente dei meriti nei successi di questo giocatore, nell’essere riuscito a costruire un fuoriclasse dedito al lavoro, concentrato, mai sopra le righe fuori dal campo, capace anche di piccole ma sostanziali modifiche al suo repertorio (il servizio, ad esempio, potenziato nel triennio 2008 – 2010).

Ma non possiamo, d’altra parte, pensare che la dichiarazione del “lamentoso” zio, ovvero quella per cui non solo <<egli non ha responsabilità per le sue sconfitte, ma neanche delle sue vittorie>>, sia del tutto accettabile.

Rafael è prossimo all’uscita dalla top 10, un fatto che non accadeva da 11 anni, una crisi di questo tipo non può essere ascritta esclusivamente a fattori fisici: certo, i malanni del maiorchino sono ampiamente documentati, ma è evidente come la confusione tattica dell’ex numero uno del mondo sia palese. Vulnerabilissimo sul veloce, in chiara difficoltà anche sulla terra quando la partita si allunga e gli avversari cominciano a proporre palle più complesse, trame più solide.

La forza di Rafael Nadal era la capacità di correre più e meglio degli altri, di dosare la forza bruta quando serviva, ma soprattutto di dare continuità al proprio gioco fatto di rotazioni e palle alte sopra la spalla dei suoi avversari, difficili da colpire. Se per sostenere questo gioco era necessaria una integrità fisica ai limiti della fantascienza, ora che questa solidità pare venuta meno, era necessario cominciare a fornire alternative a questo gioco. Ebbene, se Toni Nadal, al netto delle lamentele che ha sempre espresso in questi anni a vario titolo, dispone di alternative tattiche plausibili sarebbe ora di metterle in campo.

Troppo comodo oggi dire che lui non ha meriti per le vittorie di Rafael (falso, li ha eccome) così come per le sue sconfitte. Così come ci pare troppo semplice ripassare la palla al nipote quando dice “se vorrà cambiare coach potrà farlo liberamente, è una sua scelta”. Difficile infatti pensare che un secondo padre possa essere “scaricato” con semplicità quando c’è un così forte legame di sangue e quando così notevole il palmeres costruito insieme.

Sarebbe più saggio, a fine stagione, farsi da parte se la tendenza al ridimensionamento dell’ultimo anno della posizione di Rafa nel ranking, ma soprattutto a livello di gioco, dovesse confermarsi, e consentire al campione di Palma di Maiorca di trovare un’alternativa.

Certo, come diceva Connors, il tennis si gioca dappertutto fuorché sulla carta: l’augurio è che Rafael Nadal torni ai livelli che gli competono, come si augurano i suoi innumerevoli fans sparsi in tutto il mondo, ma l’invito di John McEnroe, uno che questo gioco lo conosce bene, andrebbe tenuto nella giusta considerazione.

Alberto Maiale

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