L’amletico dilemma di Andy Murray: Finals o non Finals?

Andy Murray, reduce da una tre giorni di Coppa Davis in cui si è guadagnato il titolo di eroe nazionale, è atteso da un mese di Novembre particolarmente denso di appuntamenti, arrovellamenti ed equilibrismi.

Lo scozzese, subito dopo aver appreso della scelta del Belgio di di disputare la finale sul rosso di Gent, ha manifestato la volontà di non presenziare alle ATP Finals di Londra, in programma appena una settimana prima dell’atto conclusivo di Davis.

Murray, in un’intervista concessa alla BBC, ha chiarito quali siano le ragioni alla base di questa sua volontà:

” Il problema non si porrebbe se le Finals si disputassero sulla terra battuta. Il punto è che voglio arrivare alla finale di Davis con un adeguato numero di giorni di preparazione sul rosso.

Avete visto cosa è successo a Roger Federer l’anno scorso: dopo aver disputato incontri durissimi a Londra è stato costretto ad affrontare la finale con la Francia piuttosto affaticato, specie nella prima giornata. Non è pensabile che, dopo aver affrontato i migliori giocatori del mondo in match serratissimi, non ci sia la possibilità di prendersi qualche giorno di riposo prima di prepararsi alla finale di Davis.”

A gettare acqua ghiacciata sui propositi dello scozzese ci ha pensato Chris Kermode, presidente dell’ATP, piuttosto indispettito dalle esternazioni del numero 3 del mondo:

” Le Atp Finals sono un evento obbligatorio dell’ATP WORLD TOUR. Non intendiamo derogare a questo principio, per questo è fuori discussione che Murray possa decidere di disertare l’evento.”

Dopo questa tranciante chiusura sarà ancora più complicato per Murray conciliare due impegni così dispendiosi, concentrati in un lasso di tempo così breve.

Il problema principale per Andy, però, non sarà tanto legato alla gestione delle energie psico-fisiche, considerando la smisurata motivazione con cui sta affrontando la rincorsa all’agognata insalatiera. La vera complicazione per Murray risiede nel repentino passaggio da una superficie veloce, come quella londinese, ad una assai più lenta, pesante e melmosa, come quella che presumibilmente i belgi stanno preparando per acuirne le difficoltà di adattamento.

Murray si può aggrappare ad un illustre precedente, che vide come protagonista Pete Sampras. Nel 1995 l’allora numero 1 del mondo si trovò nella medesima situazione in cui si trova oggi lo scozzese. Pistol Pete affrontò le ATP Finals a poco meno di due settimane dal suo impegno di Davis con la Russia. Anche in quel caso la nazione ospitante, la stessa Russia, scelse di disputare la finale sul terreno più ostile per Sampras: la terra battuta.

Lo sviluppo di quella finale sovvertì tutti i pronostici e le aspettative maturate alla vigilia: fu proprio Sampras a trascinare alla vittoria gli Stati Uniti, vincendo entrambi i singolari ed aggiudicandosi il doppio, coadiuvato da Todd Martin.

La sola, ma non trascurabile differenza, va rintracciata nel tempo avuto a disposizione per acclimatarsi al rosso: l’americano beneficiò di due settimane di preparazione, Andy, nella peggiore delle ipotesi, solo di qualche giorno.

Ciò che è certo è che Murray nelle prossime settimane metterà in gioco gran parte della credibilità fin qui acquisita. Se affronterà con equivalente impegno e volitività gli impegni di Londra e di Gent potrà entrare a pieno titolo nel novero dei più grandi della sua generazione. Qualora invece decidesse di inscenare pietose sceneggiate pur di scansare l’appuntamento con le Finals si guadagnerebbe, a titolo definitivo, la nomea di più grosso bluff del tennis contemporaneo. 

Fonte- Bleacher Report

Gabriele Micottis

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