L’importanza di chiamarsi Ferrer

Domenica il mondo virtuale del tennis ha salutato uno dei più grandi tennisti della scorsa decade: David Ferrer

Domenica il mondo del tennis ha salutato uno dei più grandi tennisti della scorsa decade: David Ferrer. Una parata di vecchi e grandi tennisti, tutti uniti, a celebrare l’ultima stagione dello spagnolo che in questi anni si è sempre distinto come modello di sportività e di impegno, un vero lottatore. Nadal e Federer, Thiem e Cilic, Feliciano Lopez e Carlos Moya, tutti hanno applaudito il trentasettenne spagnolo al suon di #GRACIASFERRU.

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CHI È STATO DAVID FERRER – Un’icona di resistenza umana. Un giocatore con un’etica del lavoro e una dedizione al gioco più unica che rara. I freddi numeri danno un’idea non del tutto chiara di cosa sia stato Ferru, così lo chiamano nel circuito ATP. Ha vinto 27 tornei in carriera. Addirittura nel 2012 ha vinto ben 7 titoli e nel 2015 se n’è portati a casa 5. Ha vinto 3 volte la Coppa Davis. È stato numero 3 del mondo come miglior piazzamento.  Ma se tra qualche anno dovessero chiedervi chi fosse Ferru ecco cosa potreste raccontargli. Ferrer era quel piccoletto spagnolo che combatteva contro i giganti, sempre carico e adrenalinico che non mollava mai. David nasce a Javea in Spagna ed è uno dei simboli della straordinaria generazione di tennisti spagnoli capace di dominare il decennio scorso del tennis.

Ferru è un terraiolo puro, un pallettaro difensore che non molla un millimetro e non lascia mai una palla, il classico giocatore che fa fare un colpo in più. Il suo gioco si è sempre basato sul suo dritto che usava sostanzialmente per giocare qualsiasi palla, anche quelle destinate al rovescio: uno specialista del diritto inside-out. A inizio carriera, almeno, era così. Forte sempre un’etica del lavoro eccezionale di e un’abnegazione per il gioco più unica che rara, David ha implementato il suo gioco; quasi come uno smartphone che scarica aggiornamenti in continuazione. Ha imparato a muovere palla con il rovescio, per quanto meccanico e non armonioso, ha sviluppato un acume tattico che gli permetteva di trarre massimo beneficio da drop shot e rovescio slice che di certo non fanno parte del suo bagaglio tecnico di base e ha saputo dare vita ad un gioco di volo inaspettatamente efficace. Prova di tutto questo sono i suoi successi non solo sull’amata terra rossa ma anche sul veloce e addirittura su erba. Una bellissima storia di crescita individuale e di motivazioni uniche.

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Ma, come ogni rosa ha le sue spine, così questa storia ha un lato negativo. Frustrante è l’unico aggettivo che renda l’idea.  Nasce nel 1982 e arriva nel circuito a 18 anni (nel 2000) e un giovane connazionale inizia a far parlare di sé. Arriva da Manacor e lo oscurerà per tutta la vita. Avete capito bene: Rafa Nadal. Se Ferrer partiva da un talento non eccelso ma poteva far leva sulla sua etica del lavoro, Nadal partiva da un talento decisamente superiore e la stessa etica del lavoro. Il confronto tra i due ha dato vita a grandi scontri e partite leggendarie. Match fantastici e lottati però in 32 volte che si sono incontrati e hanno combattuto e solo 6 volte Ferrer ha conquistato la vittoria. E non solo la frustrazione è aumentata dal fatto che a Basilea, l’anno prima di David sia nato il più cristallino talento tennistico della storia: Federer. Impietoso ancora di più il confronto con lui: 17 incontri giocati, 17 vittorie per lo svizzero che gli ha concesso in totale di vincere 6 set, ma mai un match. Eppure, nonostante questo, David non ha mai mollato un attimo nella sua carriera. Il numero uno degli umani, lo si chiamava. Lui faceva del suo meglio e con il suo curioso stile di gioco e modo di muoversi, sempre frenetico e adrenalinico: un uomo autentico e un tennista amato da tutti. Un tennista che forse non tutti ricorderanno tra 50 anni ma la sua storia è un monito e un esempio per qualsiasi sportivo. È proprio questa l’importanza di essere David Ferrer: non fermarsi di fronte a niente e mettere il cuore in quello che si fa, con metodo e rispetto per tutto e tutti, ponendosi dei limiti con lo scopo di superarli.

LA CONFERMA – Proprio ieri (martedì 7 maggio) David ha dato conferma di tutto quanto è scritto sopra. Nella sua ultima stagione, a 37 anni, un giocatore normale si lascia andare, si presenta ai tornei per gli applausi e i saluti. Ecco David di normale non ha nulla. Ieri ha incontrato uno specialista della terra battuta, Roberto Bautista Agut, numero 31 al mondo. Questo non ha fermato Ferrer che ha dato battaglia per più di due ore, aggiudicandosi la vittoria al terzo set. Un match emozionante che addolcisce e rende ancora più epico il suo finale di carriera. Ora lo attende Alexander Zverev. A marzo nel torneo di Miami, Ferrer vinse e gettò in una sempre più profonda crisi il tedesco, ormai ex numero 3 del mondo. Sarà un grande match e, di certo, Ferrer saprà emozionare il pubblico. Con uno così, sky is the limit. #GRACIASFERRU

0 comments
  1. È stato comunque un grande tennista e credo che gli appassionati se lo ricorderanno anche tra 50 anni. Io paragonerei Ferrer a Oriali. Se avesse giocato a calcio lui sarebbe stato il mediano con i polmoni infiniti che marca l’avversario senza dargli respiro, ruba i palloni che permettono i contropiedi vincenti. Senza gli Oriali i Mondiali non si vincono e senza i Ferrer il tennis non sarebbe lo stesso.

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