Head to Head: Murray vs Raonic, una rivalità per ora senza storia

Tra il nuovo numero 1 al mondo ed il campione canadese al terzo posto del ranking parrebbe esserci ben poco da analizzare. Approfondiamo i sei confronti tra i due.

Tra Andy Murray e Milos Raonic non c’è stata storia. Almeno quest’anno. In tutti i match è sempre stato il britannico a farla da padrone, a conferma del progresso del suo gioco e della maggior concentrazione e cattiveria con cui riesce ad arginare i potenziali avversari. Tuttavia anche il canadese, a fine 2016, è un altro giocatore rispetto a quello di inizio anno. Anzi, il miglioramento è ancora più evidente dalla classifica, che un anno fa lo posizionava a quattordicesimo posto.

NETTA PREVALENZA – Diamo un po’ di numeri intanto per capire i teatri del confronto: i match sono stati giocati prevalentemente sul veloce (due incontri ciascuno su cemento ed erba, uno sul sintetico indoor), con l’unica eccezione del quarto di finale di Montecarlo. Ci sarebbe stata anche la semifinale di Parigi-Bercy, ma non si è proprio giocata a causa di un infortunio di Raonic. Andando ad approfondire l’insieme dei risultati, la prima sensazione è impietosa: Murray, oltre ad aggiudicarsi tutti gli incontri, conduce con sensibile distacco anche nel numero dei set (parziale di 14-4). Vedendo a mente fredda i numeri, possiamo accorgerci che il canadese vince quasi sempre solo il primo set. In ben tre occasioni (Finals, Queen’s e Melbourne) approfitta immediatamente dell’avvio ad handicap di Murray e avvalendosi di un’invidiabile solidità iniziale con il servizio. Ad inizio partita, insomma, la risposta dello scozzese deve ancora entrare in forma.

GIOCATORI OPPOSTI –  Le caratteristiche dei due giocatori creano delle interessanti dialettiche durante i match. Il servizio di Raonic si infrange contro la risposta di Murray, mentre il lungolinea di rovescio dello scozzese trova un grande ostacolo nel dritto del canadase. Ma non è tutto. La storia del tennis ci ha infatti dimostrato che un gran risponditore la spunta quasi sempre su un gran servitore: solo negli ultimi anni si può vedere come Federer, Djokovic, Nadal o lo stesso Murray fossero grandi in fase di break. Al contrario, solo saltuariamente giocatori che tengono il servizio a caposaldo del loro gioco fanno capolino nella top ten (Roddick, Isner). Approfondendo ancora, Raonic è diventato numero 3 al mondo anche perché, oltre alla grandissima quantità di punti gratuiti arrivati dalla battuta, è riuscito a mettere in piedi un discreto rovescio tagliato e al contempo ad affinare la propria tattica di gioco: scambi sempre più corti per evitare di essere costretto a ritrovarsi a battagliare da fondo, cercare di nascondere il proprio punto debole (individuato negli spostamenti laterali) e chiusura del punto arrivando spesso e volentieri a rete. Ciò non fa assolutamente del canadese un giocatore serve&volley puro (ormai una rarità), ma un forte attaccante che trova nella risoluzione veloce dello scambio, favorita da un forte servizio e da un dritto quasi devastante, la sua soluzione tattica migliore e difficile da scardinare. Caratteristiche adatte al veloce che anche nella pratica si traducono in una sconfitta senza storia nell’unico match svolto sulla terra (6-2 6-0 nei quarti di finale di Montecarlo).

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SUPERIORE – Ma è probabilmente altrove il dato che più sorprende: ben sei di questi diciotto set sono finiti al tiebreak, di cui quattro se li è aggiudicati Murray. Benché accesi e combattuti, alla fine è stato il britannico a spuntarla proprio dove il servizio dovrebbe farla da padrone. Ciò dimostra come la maturità dello scozzese raggiunga picchi di eccellenza in grado di disinnescare le armi principali dell’avversario per imporre il proprio gioco, specialmente nei punti cardine. Nelle Finals (partita estremamente equilibrata terminata con il punteggio di 5-7 7-6 7-6) le statistiche dei giocatori non differiscono molto (10 ace per Raonic contro i 7 per Murray, percentuale di realizzazione con la prima del 62% per lo scozzese e del 74% per il canadese, entrambi mantengono percentuale di prime in campo di poco superiore al 60%), e ciò che fa realmente la differenza è il numero di punti portati a casa con la seconda: Murray veleggia sopra i 60 laddove Raonic sprofonda al 45%. La stessa statistica si conserva negli altri match in Australia e al Queen’s, mentre a Cincinnati la realizzazione di Milos con la seconda crolla fino al 26%. Unica eccezione concerne la finale di Wimbledon, dove l’attuale numero tre è stato sconfitto 6-4 7-6 7-6 da un Murray in stato eccezionale, in grado di mantenere il 67% di prime palle in campo (con percentuale realizzativa di queste dell’87) e un dignitosissimo 55% di seconde palle realizzate. In sostanza, su 30 servizi di Murray all’incirca 23 punti erano dello scozzese. Quindi se Andy è in forma diventa complicato strappargli il servizio.

PROSPETTIVE – Risulta evidente quindi di come Raonic debba essere molto attento nella gestione della seconda battuta nei confronti di un giocatore che, innegabilmente, è più completo e presenta maggiori variazioni nel suo arco di possibilità. In ogni caso, per quanto diligente e disciplinato, il canadese paga sempre la lunghezza dello scambio, inversamente proporzionale alla sua possibilità di portare a casa il punto e le avventate corse a rete a volte sono semplici assist che permettono all’avversario di chiudere il punto. Il vantaggio che ha Milos, in un eventuale assalto al numero uno al mondo, è di prospettiva ed è legato all’età dei suoi due principali rivali: ad oggi Raonic ha 25 anni e si ritrova nelle stagioni decisive della sua carriera, mentre i suoi diretti concorrenti sono sulla soglia dei trent’anni. Tuttavia, ad oggi e salvo ulteriori miglioramenti dal lato del rovescio, sarà difficile che possa essere un giocatore così completo da poter primeggiare nel circuito per lungo tempo e non provvisoriamente in attesa di un campione più completo. Va comunque detto che, finora, della Lost Generation dei nati dopo il 1990, Milos è stato l’unico a sfatare il mito dell’impossibilità di giocare una finale Slam e a presentarsi pronto alle occasioni che questo periodo di passaggio al vertice pare presentare.

 

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