Nole terzo incomodo? Già, però…

I pluricampioni Djokovic, Nadal e Federer

L’altro giorno, smanettando qua e là su Facebook, mi sono imbattuto in una dichiarazione che ha immediatamente attirato la mia attenzione: l’ha proferita un personaggio non irrilevante nel mondo della racchetta, anche se da noi poco nota (colpa nostra, peraltro…), quale la conduttrice britannica Catherine Ann Whitaker nel corso del suo “The tennis podcast” -uno show settimanale che va in onda sul web, piuttosto considerato anche perché gode spesso di ospiti importanti-. Nel leggerla, riconosco di aver tirato un sospiro, al tempo stesso di sollievo e soddisfazione, pensando: “Oh, finalmente qualcuno che dice la cosa giusta: la quale, incidentalmente (bugia…) è la stessa che penso io!”. L’argomento è sempre quello, trito e ritrito, dei tre mostri sacri dello sport che amiamo, troppo spesso -ora l’ uno ora l’ altro, a seconda dei fans i quali esplicitano il proprio pensiero- messi alla gogna nel confronto reciproco.

Non son molti, per la verità, ad esprimersi in merito avendo una visione oggettiva e distaccata della questione: quando avviene, come in questo caso, fa piacere evidenziarlo. E perché no, prendere spunto per un tentativo di analisi ancor più approfondita. Fuori la considerazione della bella Cathy allora, che più o meno recita: “Ancor oggi, nonostante tutti i grandi successi ottenuti, Djokovic viene considerato come il terzo incomodo: e mi sento un po’ triste per lui, se è vero com’è vero che nel giorno del suo 56esimo scontro diretto con Nadal (la rivalità più ricorrente ed accesa dell’ultimo decennio ed anche più), in primo piano ci sono andati il suo avversario ed il primatista di vittorie Slam…”. Ed il co-conduttore David Law ha allargato ulteriormente il concetto, mettendoci il classico carico da 11: “Nel messaggio inviato al trionfatore del Roland Garros, Federer non ha fatto cenno alcuno al serbo, limitandosi a glorificare l’impresa dell’amico spagnolo: e penso proprio che non si sia trattato di una svista…”.

Mmmh, il terzo incomodo: quasi fosse quello che arriva di punto in bianco a scompaginare un matrimonio perfetto, mandando in crisi la coppia che sino ad allora andava d’amore e d’accordo. Vabbè, qui le cose non stanno esattamente così, nel senso che… gli sposi se le stavano dando di santa ragione, di fatto dividendosi la torta in parti uguali: e ad un certo punto è sbucato fuori uno con analoghe pretese, e soprattutto li medesimo loro appetito, reclamando per sé la propria -consistente- fetta. Prendendosela di prepotenza, come ben sappiamo, senza chiedere ‘permesso si può?’. Un bel maleducato insomma: beh, d’altronde è un serbo, aduso a modi spicci, mica un educatissimo svizzero, o un ‘hombre’ fiero ma rispettoso di iberici natali… Fermi tutti, prima che qualcuno insorga: la sto buttando sull’ironia, al contrario intendendo stigmatizzare quelli che ragionano in tal maniera (mica pochi, e lo sapete). Allora diamoci dentro con una rapida rivisitazione ‘storica’ della situazione.

Inizio anni 2000, si affaccia alla ribalta quello che ha tutta l’aria di essere un predestinato: gioca divinamente, sul campo si muove come un ballerino (forte di una capacità di coordinazione e controllo del proprio corpo che ne avrebbe potuto fare un big in molteplici attività agonistiche) dando l’impressione di naturalezza e leggerezza estreme -non sudava mai, specie da giovane!-. Sì, è il Messia, e tutti (tutti…) lo abbiamo acclamato, ed ammirato, come tale. Comincia ad accumulare Slam su Slam, fino a che si presenta un ragazzone da Maiorca, con un drittaccio mancino da far spavento, che corre come un dannato ed arriva dappertutto: sulla terra rossa, sua superficie d’elezione, ben presto non ce n’è per nessuno. Ma il chico non si accontenta, è un ambizioso, lavora duro sui suoi limiti assieme ad uno zio dalle cui labbra pende ossequioso: d’altronde la famiglia ha tradizioni sportive eccellenti, il background dunque è di quelli buoni, ben presto gli sforzi della… strana coppia trovano uno sbocco notevole.

Federer-Djokovic-Nadal

Già, il sempre più muscoloso spagnolo se la gioca spesso con il Re, raggiungendo un apice che secondo il mio sommesso parere costituisce la perla delle perle: da (ex) semplice terraiolo trionfa a Wimbledon sotto il naso dell’indiscusso padrone di casa, al terzo scontro diretto in finale dopo due da… apprendista. E’ il 2008, la più bella partita di sempre, anche per il suo significato intrinseco. I due ormai si ammirano reciprocamente, lo testimoniano le ripetute manifestazioni di stima, se non addirittura affetto, che si scambiano ad ogni piè sospinto: è insomma una rivalità ‘sui generis’, che moltissimo bene fa al tennis. Tanto che l’anno dopo, in Australia, all’ennesimo successo in 5 sets dai toni (sportivamente) drammatici da parte di Rafa, si verifica uno degli episodi più struggenti nella storia di questo sport: premiazione, Roger scoppia in lacrime balbettando appena “così mi uccidi”, l’altro sorpreso ed imbarazzato in un primo momento, finisce con l’abbracciarlo consolandolo con un indimenticabile “mi dispiace ti senta così, ma ricorda che sei uno dei più grandi di sempre, e stai per raggiungere Sampras quanto a Slam in carriera…” (e quasi piangeva pure lui: il sottoscritto a casa, come immagino tanti altri, aveva ugualmente i lucciconi).

Si formano le fazioni tra i tifosi, chi tifa uno, chi preferisce l’altro, quando irrompe… la variabile impazzita: ha le sembianze di uno slavo segaligno, sul campo una sorta di Tiramolla che ributta tutto di là, ed in possesso di una volontà di ferro. Non lo dice espressamente, ma lo fa capire eccome, la sua ‘mission impossible’ è raggiungere quei due, per poi mettere la freccia. Ovvio che, in un panorama così apparentemente bloccato, deve usare le maniere forti, sgomitando un bel po’ per raggiungere lo scopo: è normale, umano addirittura, ma la cosa non lo rende simpatico agli occhi degli adoratori dei due numeri 1, ed alla fin fine -diciamocelo finalmente- neanche ai loro. Sì, quelli del duo di ‘despoti’. Peccato, perché è un ragazzo ammodo, che da bambino ha sofferto sotto le bombe sulla sua Belgrado, intelligente (quante lingue parla, 5 o 6?), arguto, brillante, certo meno ombroso dei rivali, sempre così riservati: tutte doti che in una persona normale sarebbero riconosciute come tali, ed invece in un panorama -come dire- condizionato dalla felice coesistenza di due imperatori, finiscono per diventare connotati negativi. Già, dato che, caro Nole, sei e sarai sempre il terzo incomodo, quello che è arrivato per sconvolgere un mondo perfetto: non te lo perdoneranno mai, neanche quando raggiungerai il record degli Slams (probabile…).

Nadal, Federer e Djokovic: sempre loro al comando

Sorte infame e ria, peccato, e se ne rammaricano i due da cui siamo partiti (Whitacker e Law), nonché -molto più modestamente- il sottoscritto: non lo merita Djokovic, in quanto una analisi oggettiva della vicenda ci costringe a riconoscere che alla resa dei conti, quando i 3 saranno felicemente in pensione, dovranno essere obbligatoriamente considerati tutti al medesimo, straordinario livello. E a quel punto sarà addirittura ingeneroso, oltre che inutile, stilare una classifica in base ai Majors in bacheca: uno in più o in meno non farà la differenza, dovremo (dovremmo…) inchinarci, ammirati, a tutti e tre. Senza distinzione. Chiaro che uno preferisca questo, quello, o quell’altro, e lo capisco: non capisco solo, anzi mi indigno profondamente, quando leggo e sento che uno fra loro viene denigrato ed offeso dagli ‘ultras’ altrui. Egregi amici, è un eufemismo, per pratiche ottuse di tal genere accomodatevi altrove: c’è sempre il football volendo. E non solo…

Exit mobile version