Preview finale Miami: l’occasione fa l’uomo ladro

Si conoscono, Roger e John. Entrambi fanno parte della “Old Gen”, che ancora una volta, manco a dirlo, si è imposta sui baldanzosi giovani le cui buone speranze sono rimaste tali. Federer e Isner si sono scontrati otto volte in contesti ufficiali, e in sei di queste ha prevalso il primo. Per trovare, però, un match davvero degno di chiamarsi tale (escludendo quindi la Laver Cup 2017, che sarà sì importante ma che sempre esibizione rimane) bisogna tornare a Bercy 2015; in quella partita John vinse grazie ai tie-break del primo e del terzo set.

Ecco, il tie-break, appunto. Due parole alla presenza delle quali i fan di Isner (su, palesatevi, voi tre) sorridono da orecchio a orecchio, soprattutto in questa settimana. L’americano ha giocato dieci set e ne ha vinti nove al gioco decisivo; i suoi avversari sono arrivati anche al sette, è vero, ma poi hanno sempre perso. Nessuno escluso. L’elvetico, invece, non ne ha giocato nessuno né in questa né nella scorsa settimana; per trovare l’ultimo spareggio bisogna tornare negli Emirati Arabi Uniti, per la precisione a Dubai, in cui il marito di Mirka ha vinto  quel primo set lasciando a sei Fucsovics. Era il ventotto febbraio, quarti di finale. Ciò significa che Roger non gioca un tie-break da un mese e tre giorni. Eppure le quote dicono che giocando un euro sulla sua vittoria si vincono 40 centesimi, e giocando la stessa cifra sul successo di Isner se ne vincono 3 e 50.

O c’è qualcosa che non quadra o i bookmakers pensano che Federer sia così bravo da non arrivare al gioco decisivo, dove evidentemente il watusso-americano sarebbe favorito. Partendo dal presupposto che i quotisti non regalano soldi, Roger è favorito. È andato in crescendo dalla partita con Albot, e negli ultimi match è riuscito anche ad alzare la percentuale di palle break realizzate (soprattutto nell’ottavo con Medvedev, in cui ne ha trasformate tre su tre), suo tallone d’Achille da quando gioca a tennis. Dall’altra parte, invece, l’impressione è che Isner avrebbe potuto perdere da Auger-Aliassime, se quest’ultimo non avesse avuto paura di arrivare in finale  per la prima volta in carriera. Federer stasera giocherà la cinquantesima finale in un Masters 1000 della sua vita. Qualcosa mi dice che quella paura lui non ce l’avrà.

Il rischio è che i due si mettano a servire come delle macchine e che tutto si decida in quei dieci minuti di partita vera chiamati tie-break, dopo quaranta di noia mortale. Non penso, però, che Roger sia d’accordo. Lo svizzero sa di dover capitalizzare ogni singola chance che gli capiti sul piatto corde, e sa anche che con John  fare un punto in un game di risposta potrebbe trasformarsi in un occasione. Che fa l’uomo ladro. E Federer campione di Miami per la quarta volta.

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