Roger, Rafa e la diversa programmazione e gestione della stagione

Che Roger e Rafa siano diversi non lo scopriamo certo oggi, non solo in campo dove sono contraddistinti da uno stile inconfondibilmente agli antipodi, ma anche fuori se si parla di programmazione e gestione della stagione. Con il passare degli anni i giocatori non si possono più permettere di disputare incessantemente tutte le partite e di conseguenza devono maturare una qualità fondamentale, quella di sapere dosare le proprie energie scegliendo in modo accurato i tornei a cui partecipare in base alle proprie condizioni, per evitare di incorrere in infortuni o di logorarsi eccessivamente sia fisicamente che psicologicamente. Non dimentichiamoci che Nadal spende molte più energie emotive rispetto al tennista svizzero, anche questo è un fattore che può incidere dopo un anno nel circuito nelle valutazioni finali sulle partecipazioni ai vari tornei.

Inutile sottolineare che i due, anche attraverso le consultazioni con i rispettivi team, hanno optato per scelte estremamente differenti: lo Spagnolo ha chiesto il massimo al suo corpo e alla sua mente, giocando 77 partite su tutte le superfici, Federer invece ha centellinato le sue partecipazioni giocando 53 match, togliendo però dalla sua programmazione tutta la stagione sulla terra rossa che ha sempre rappresentato per lui un dispendio enorme di energie. Non esiste scelta giusta o sbagliata, anche perché se andiamo a vedere i rispettivi risultati ottenuti questi due fenomeni si sono spartiti i tornei più importanti dell’anno, ristabilendo un’egemonia che sembrava ormai volta al termine. Certo è che ancora una volta, giunti all’ultimo torneo dell’anno, le ATP Finals di Londra, si rivede un Nadal logoro fisicamente che accusa i consueti dolori al ginocchio incrementati dalla superficie dura, e che di conseguenza è costretto a ritirarsi e a rinunciare al tentativo di vincere l’unico prestigioso trofeo che manca alla sua “discreta” bacheca.

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E allora i più maliziosi potrebbero pensare che invece di blindare a tutti i costi la prima posizione del ranking, si sarebbe potuto preservare e giocarsi le sue carte fino all’ultimo nel torneo dei maestri avendo comunque possibilità di rimanere in testa alla classifica. In sostanza, la partecipazione, seppur breve a Bercy, si sarebbe potuta evitare ma questi sono dettagli, minuzie che però possono rivelarsi decisive. Ecco che quindi si apre lo scenario sottilmente polemico proposto dal campione spagnolo di giocare una parte di stagione finale in terra rossa indoor, ma per la maggior parte degli addetti ai lavori sarebbe un cambiamento troppo drastico e non necessario, e parzialmente ingiusto visto che la terra è comunque la seconda superficie più giocata durante l’anno (basti pensare che sull’erba non si gioca neanche un Master 1000).

Per quanto riguarda lo svizzero, è arrivato a Londra dopo aver saltato Bercy, decisione intelligente ma comunque dolorosa perché ha sancito la fine delle speranze dell’elvetico di chiudere l’anno in vetta alla classifica, ma che fino ad ora sta pagando. Federer ha maturato una consapevolezza e una conoscenza del suo corpo magistrale, magistrale si, e chissà che grazie a questa sua nuova attitudine non possa riuscire a vincere per la settima volta proprio il torneo dei “MAESTRI”.

Di Daniele Turrini

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