Andrey Rublev è tornato a Madrid con il sorriso e la determinazione di chi ha già conquistato la Caja Mágica, ma vuole farlo ancora. A un anno dal suo trionfo al Mutua Madrid Open, il tennista russo si è presentato in conferenza stampa per il tradizionale Media Day, aprendo ufficialmente l’edizione 2025 del torneo.
Rublev si è detto felice di essere di nuovo nella capitale spagnola, un luogo che sente particolarmente familiare: “Adoro questo posto, adoro la città, adoro tutto ciò che circonda il torneo, anche al di là dei campi”. L’anno scorso vinse il torneo nonostante una condizione fisica tutt’altro che ottimale, affrontando le partite debilitato da una malattia. Stavolta, però, la musica sembra diversa: “Quest’anno ho una prospettiva diversa rispetto all’anno scorso. Sono fisicamente sano, cosa che non potevo dire prima”.
Il suo approccio è cambiato: meno pressioni, più concentrazione sul presente. “Voglio solo divertirmi, penso a un match alla volta. Mi sto concentrando su ogni singolo allenamento, lavorando duramente sessione dopo sessione”.
I riflettori sono puntati anche sulle possibili assenze eccellenti come quelle di Carlos Alcaraz e Jannik Sinner, ma Rublev preferisce non distrarsi: “Non so quanto siano gravi i loro infortuni. Io penso a me stesso, a ciò che dipende da me. Nei grandi tornei devi affrontare i migliori, non c’è modo di evitarli. Se non ci saranno loro, ci saranno altri giocatori in grande forma”. Una dichiarazione che rivela maturità e concentrazione, valori fondamentali per chi aspira a restare nell’élite del tennis mondiale.
Tra le novità più curiose di questa stagione c’è l’ingresso di Marat Safin nel team tecnico di Rublev. I due hanno appena iniziato a collaborare, ma l’entusiasmo è già alto: “È con me solo da un paio di settimane, quindi è presto per dire molto. Ma mi piace averlo vicino, mi piace la sua figura e tutto ciò che può insegnarmi”. Un connubio tutto russo che promette scintille, soprattutto sul piano mentale e strategico.
Rublev non ha evitato i temi più delicati, come quello dei controlli antidoping dell’ITIA (Agenzia per l’Integrità del Tennis). Il sistema attuale, che obbliga i giocatori a comunicare quotidianamente la propria posizione, lo preoccupa: “È un argomento molto serio. Se ti dimentichi tre volte di aggiornare il sistema o non ti localizzano, rischi fino a due anni di sospensione. È una cosa che fa paura”. Il tennista ha raccontato anche un episodio recente: “Ieri mi sono dimenticato di segnalare il mio spostamento per venire a Madrid. Se non fossi partito, sarei stato a rischio”. Una testimonianza che rivela quanto questo sistema possa generare stress anche nei professionisti più attenti.
Con il passare degli anni, confessa, è cresciuta la diffidenza verso tutto, anche verso i farmaci prescritti: “Chiedo sempre ai dottori, ho il terrore che possa succedere qualcosa”. Un’ombra che aleggia nel circuito e che Rublev ha avuto il coraggio di denunciare apertamente.
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