Il dolore della sconfitta e il valore dell’esperienza
Jannik Sinner ha perso una partita che sembrava già sua. Tre match point sprecati, un quinto set che si è girato all’improvviso, e un avversario – Carlos Alcaraz – capace di esaltarsi nei momenti più incandescenti. Ma dietro il dolore sportivo, c’è molto di più. Lo racconta bene Stefano Massari, mental coach tra i più stimati del panorama italiano, in un’intervista a La Stampa del 10 giugno.
«Per qualche giorno Jannik dovrà concedersi di essere triste. Di provare rabbia e tutte le emozioni legate a questa vicenda: merita di concedersele. Così la superi», spiega Massari. Il percorso di elaborazione della sconfitta passa prima di tutto dall’accettazione del dolore, dal viverlo a fondo. Solo così, dice il coach, può trasformarsi in crescita.
Una sconfitta che lo renderà più forte
La finale persa al Roland Garros non è un fallimento, ma un passaggio inevitabile nella formazione di un campione. Sinner era in vantaggio, aveva in mano il match, ma il tennis – ricorda Massari – «è uno sport assurdo». Alcaraz ha meritato la vittoria, ma questo non toglie nulla al valore dell’azzurro: «Per merito suo, di Cahill e Vagnozzi, questa sconfitta lo renderà migliore».
Dietro quella partita c’è anche una lezione di stile. Entrambi i giocatori, nonostante la tensione altissima, si sono comportati in modo esemplare. «In un contesto mondiale dove conta la prevaricazione, dove è normale imbrogliare pur di vincere, questi due ragazzi con la loro correttezza hanno dato una lezione», aggiunge Massari. Non solo sportiva, ma anche umana e civile.
Il mito del superuomo e la forza dell’umanità
In un’epoca che esige eroi infallibili, la sconfitta di Sinner ha incrinato – salutariamente – l’immagine del campione invincibile. «La narrazione da superuomo non rende giustizia a Jannik», sottolinea il mental coach. Non è un robot, ma un ragazzo con qualità straordinarie e limiti come tutti. La vera forza, per Massari, sta proprio qui: «Sinner è così forte che dopo aver assaporato tre match point ha perso un set, è andato sotto nel quinto, e di nuovo ha recuperato». La lucidità non sempre basta, a volte serve anche energia e un guizzo: quello che ha avuto Alcaraz.
Anche la tenuta mentale, spesso vista come un’arma invincibile del tennista altoatesino, può avere momenti di flessione. Non è una contraddizione, ma parte del gioco. «Anche chi è forte mentalmente può perdere, se incontra un avversario più forte in quel momento».
Una sconfitta che unisce, non che divide
Il match tra Sinner e Alcaraz è stato un dono per lo sport. Un duello epico, giocato colpo su colpo, fino all’ultimo scambio. Alcaraz ha chiuso con un diritto “oltre la mente”, come lo definisce Massari: un gesto quasi animale, di puro istinto. Ma Jannik ha dimostrato, ancora una volta, di appartenere a una categoria d’élite. E il pubblico, ne è certo il coach, continuerà ad amarlo: «Il fatto che Sinner perda non gli toglie qualcosa: gliela aggiunge».
Non è dalla perfezione che nascono i grandi campioni, ma dalla capacità di trasformare la caduta in trampolino. Sinner, ancora una volta, ha mostrato di avere dentro di sé tutto quello che serve.