Dopo tre anni di silenzio, Riccardo Piatti rompe il riserbo e torna a parlare del suo ex allievo Jannik Sinner, oggi numero uno del mondo. Un legame profondo, lungo sette anni, segnato da lavoro, sacrifici e – come racconta oggi Piatti – da un rigore necessario. “Con Jannik dovevo essere rigido. Era l’unico modo per arrivare in alto”, confessa. E anche se quel percorso condiviso si è chiuso da tempo, l’ex coach non smette di credere nella grandezza dell’altoatesino: “Credo davvero che quest’anno possa fare il Grande Slam”.
Una separazione vissuta come un vuoto, poi la rinascita
Piatti non nasconde di aver vissuto con spaesamento i mesi successivi alla separazione: “Ho smesso di vivere la vita degli altri. Per 52 settimane all’anno ero in trasferta, con la famiglia che ruotava intorno alle esigenze dei giocatori. Quando ho chiuso con Jannik, ho avuto un periodo di stordimento”. Da quel momento è nato un nuovo capitolo: il Piatti Tennis Center, oggi polo di crescita per giovanissimi talenti, da Carboni a Dhamne, fino al francese Debru. “Insegno tennis, formo giocatori da top 10. È quello che amo fare”, spiega.
Sinner e il ritorno dopo la sospensione
Jannik, nel frattempo, è pronto a rientrare in campo. Dopo lo stop legato al caso Clostebol, tornerà agli Internazionali d’Italia di Roma, con il solito team guidato da Simone Vagnozzi, affiancato dal preparatore Ferrara e – forse ancora per poco – dal super coach Darren Cahill. Il futuro, però, è incerto. Sinner sogna di trattenere l’australiano, ma sa che dovrà guardarsi attorno. I nomi sul tavolo sono tanti: da Carlos Moya a Ivan Ljubicic, da Boris Becker fino a un profilo che si fa sempre più concreto, quello di Renzo Furlan, recentemente separatosi da Jasmine Paolini. Tecnico esperto, italiano, meno ingombrante di altri: per molti, l’identikit perfetto.
Il ricordo e la visione di Piatti
Piatti parla di Sinner con lucidità e affetto, ma senza sconti. “Sapevo che un giorno se ne sarebbe andato. Io volevo che diventasse indipendente. Ma con lui dovevo essere l’allenatore rigoroso, a volte anche duro. È stato troppo da reggere, lo capisco”. La famosa sfuriata in campo durante il match con Daniel a Melbourne nel 2022 – “Stai calmo, ca**o” – fu solo la punta dell’iceberg. “Era già successo altre volte. Fa parte della normale dinamica tra allenatore e giocatore”, minimizza oggi Piatti, che ribadisce: “Sì, rifarei tutto. L’ho preso a 13 anni, se n’è andato a 20. Avevo un ruolo: dare regole, dire dei no. Come faccio oggi con Dhamne. Anche lui un giorno mi manderà a quel paese, e va bene così”.
Non c’è rancore, nemmeno per la mancata citazione pubblica di Sinner nei suoi confronti. “Non ne soffro. I giocatori guardano avanti, non indietro. Il tennis è uno sport in cui l’ego è molto presente. Jannik fa il suo lavoro, non deve ringraziare nessuno”. E se i rapporti diretti oggi sono rari, il rispetto resta intatto. “L’8 novembre mi ha mandato gli auguri. Gli ho risposto: divertiti e facci divertire. Mi ha detto: andrà bene. Sapeva già tutto. Sapeva che avrebbe vinto”.
Un Sinner da Slam?
Per Piatti, non ci sono dubbi: “Tornerà subito forte. La sospensione gli ha allungato la vita. Arriverà a fine stagione fresco. In pandemia molti si prendevano delle pause, lui non ha perso un giorno. Sa perfettamente dove vuole andare”.
E anche se oggi Piatti dedica le sue energie a forgiare i campioni di domani, non smette di osservare da lontano il presente. “Temevamo che dopo Sampras non ci fosse futuro. Poi sono arrivati Federer, Nadal, Djokovic. Ora c’è Sinner, e tutto il tennis italiano è cresciuto tantissimo grazie agli investimenti della Federazione. Si è aperto un ciclo che durerà vent’anni. I campioni passano, ma il tennis non muore mai”.
Così, mentre Cahill riflette e Furlan attende, Jannik si prepara a tornare in campo. Con nel cuore il passato, ma lo sguardo già dritto sul futuro. E, chissà, magari anche su quel Grande Slam che oggi non sembra più un’utopia.
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