Toni Nadal: “Se al bambino si facilita il lavoro è difficile che impari qualcosa”

Toni Nadal è sempre sembrato, sia nelle interviste pubbliche che nei suoi momenti più privati, un uomo perfettamente calato nel ruolo di educatore, forte dei suoi principi e valori formativi, concetti ai quali ha dedicato la sua intera vita, lavorativa e non.
In una lunga intervista per il quotidiano “El Mundo” lo zio e ex coach di Rafael Nadal, ha condiviso proprio la sua visione e il suo pensiero sull’educazione e sull’istruzione, toccando anche questioni legate alla politica e all’attualità.

Toni ha sempre instillato in Rafa la cultura del sacrificio e della rinuncia, un qualcosa che è difficile trasmettere oggi. “È molto importante far capire al giovane allievo il peso del suo impegno, ma dipende da ciascuna persona. Con Rafa è stato molto facile perché fin dall’inizio tutto questo era ben chiaro. Oltre alle sua capacità fisiche, la sua forza mentale è enorme. Proteggere in maniera eccessiva i bambini è dannoso perché si abituano ad impegnarsi solo per quello che piace loro. Nell’Accademia vedi tanti casi come questi e ti rendi subito conto che l’età non è un fattore importante. Puoi avere un ragazzino di 12 anni totalmente dedicato e impegnato e uno di 18 anni che ha difficolta a sopportare il minimo sacrificio”.

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Tutto ciò che ha a che fare con l’educazione, per Toni, è uno dei motori della società. “Ne sono convinto. L’educazione insiste nel voler trasmettere concetti, ma io credo che la formazione del carattere sia più importante. È il carattere che ti aiuta davvero a essere in grado di risolvere i problemi della vita. Se al bambino si facilita il lavoro è difficile che impari qualcosa. Bisogna prepararli per quello che dovranno affrontare nella vita e insegnar loro a risolvere i problemi sin dalla tenera età”.

Cambiando argomento, Toni Nadal ha espresso la sua opinione anche sulla questione catalana: “Personalmente ritengo che la Catalogna sia parte della Spagna. Io mi sento molto maiorchino, ma allo stesso tempo molto spagnolo. Condividiamo una storia comune e non capisco perché qualcuno non la pensi così. Per quanto voglia negarlo, mio fratello sarà sempre mio fratello. Per quanto riguarda l’indipendenza sarebbe necessario stabilire delle norme molto chiare al riguardo: la Catalogna soddisfa le condizioni? Credo di no. Può la Valle di Arán dichiararsi indipendente? O Manacor? Direi di no. Mi sento molto vicino alla Catalogna visto che ho vissuto lì per sei anni, parliamo anche la stessa lingua, ma non penso sia giusto difendere la loro posizione, secondo la quale la Spagna sarebbe un paese oppressivo e antidemocratico. Da spagnolo mi dispiace sentirlo perché non è vero”.

Sulle differenze che separano il tennis, a livello sociale ed educativo, dagli altri sport lo zio di Nadal si è espresso così: “La chiave è che nel tennis c’è una rete che separa i giocatori, non c’è contatto fisico e, di conseguenza, molti problemi vengono evitati. In ogni caso è vero che, in questo sport, chi cerca di imbrogliare chiamando fuori una palla che, invece, è entrata è considerato un imbroglione, e ciò accade frequentemente nelle partite dei bambini, mentre nel calcio l’attaccante che ottiene un calcio di rigore dopo aver simulato viene etichettato come “furbo”. Penso che alla fine la colpa sia delle federazioni, che non sono in grado di implementare un sistema che incoraggi i bambini sì a vincere, ma nel modo più onesto e corretto possibile”.

Toni Nadal è sempre stato uno dei più fervidi sostenitori dei cambiamenti e dell’evoluzione tecnologica del tennis. “Molti sport sono immobili semplicemente perché i loro dirigenti tendono ad essere più anziani, e, di conseguenza, poco inclini ai cambiamenti. Il tennis ha bisogno di essere adeguato alle nuove tecnologie e, soprattutto, all’evoluzione dell’essere umano. I tennisti sono sempre più alti e colpiscono la palla sempre più forte. Bisogna cambiare le regole, ma non lo dico a beneficio di Rafa, anche se molte persone l’hanno creduto, ma a beneficio dello spettacolo”.

Infine Toni ha espresso il suo parere circa la mancanza di un ricambio in vetta alla classifica, a lungo dominata dai Fab Four. “Questa situazione è dovuta al fatto che Nadal, Murray, Federer e Djokovic e alcuni altri, come David Ferrer, si sono dedicati al massimo al loro lavoro, con un’enorme capacità di sacrificio. Per Federer, nonostante l’età e tutto quello che ha vinto, il tennis è ancora una priorità. La stessa cosa accade con Rafa, nonostante tutti i suoi problemi fisici. Ci sono sempre stai giocatori moto bravi, ma forse questa generazione è stata la più dominante. Se guardiamo, tra Nadal, Federer e Djokovic hanno vinto 47 titoli Slam. Se prendiamo come esempio la generazione di Connors, Borg e McEnroe, anche questa molto brillante, vediamo che ne hanno vinti solo 26”.

La generazione che deve prendere il posto delle quattro leggende, però, secondo Toni, non ha abbastanza talento per farlo. “Perché la generazione che doveva prenderne il posto non è stata abbastanza forte. Non è altro che il riflesso della società in cui viviamo, una società ultraprotettiva nei confronti dei ragazzi. Quando io e Rafa ci siamo affacciati nel circuito i migliori giocatori avevano tra i 21 e i 23 anni. Ora, a quell’età, la maggior parte non è ancora entrata stabilmente nel circuito. Perché? Perché i ragazzi sono più immaturi e hanno difficoltà a crescere”.

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