Un inseguimento complicato

Di norma per salire in classifica lo strumento è solo uno: vincere una partita dopo l’altra. Non dubitiamo che Novak Djokovic sappia che questa è la ricetta per provare ad insidiare la prima posizione del ranking ATP, tuttavia la strada è piena di ostacoli e uno di questi è rappresentato proprio da se stesso. Non si parla di limiti mentali o di altro ma, incredibilmente, dai risultati stupefacenti che il serbo aveva conquistato all’inizio della scorsa stagione.

CAMBIALI PESANTI – Già, perché è così che funziona il sistema della classifica ATP. Il meccanismo è impostato in modo tale da tener conto dei risultati ottenuti nell’anno precedente e ogni settimana vengono contestualmente inseriti i punti ottenuti nei tornei appena svolti e scalati quelli ottenuti nella stessa settimana della stagione scorsa. Di conseguenza, se un giocatore si ritrova a difendere la vittoria in un determinato torneo, pur vincendolo nuovamente, non avrebbe più punti in classifica rispetto a quanti ne aveva prima di rigiocarsi quel particolare titolo. Andando quindi a spulciare un po’ i risultati ottenuti da Nole all’inizio della stagione 2016, emerge subito che il serbo ha delle cambiali di punteggi di importo rilevante da difendere: oltre al torneo di Doha (vinto nel 2016 e difeso egregiamente un paio di settimane fa) l’inizio del 2016 fu clamoroso per Djokovic, che fu capace di portarsi a casa tutto il necessario dei primi tre mesi di tennis: Australia, Indian Wells e Miami (a spese di Murray, Raonic e Nishikori), per un bottino complessivo di 4000 punti.
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PRESSIONE – Il rischio quindi, semmai, è quello di perdere ulteriore terreno da Murray, vista la nettamente più debole possibilità di guadagnare terreno nei suoi confronti. Infatti, a meno di clamorosi passi falsi dello scozzese, sono decisamente minori i punti che Andy deve difendere. L’unico, vero atto a cui il numero 1 al mondo deve fare attenzione è Melbourne: la vincita del torneo non è però neanche necessaria per la salvaguardia del primo posto, basterebbe bissare la finale dell’anno scorso. Perché possiamo permetterci di dire questo? Perché i 1200 punti di Melbourne 2016 sono l’unica reale introito di questi primi mesi. Infatti nei tornei successivi Andy faticò veramente molto (senza essere politicamente corretti, andò malissimo), perdendo nei secondi turni di Indian Wells e Miami da Delbonis e Dimitrov. A bilancio dai primi due Master 1000 della stagioni arrivarono quindi soltanto 90 punti. Briciole. E questo senza tener conto dell’ovvio: salvo eventi imprevisti (leggi infortuni o follia improvvisa) Murray arriverà ben più a fondo in quei tornei, garantendosi la possibilità di distanziare ancora di più il numero due, su cui invece peserà tutta la pressione della difesa delle scorse vittorie stagionali, da conseguire necessariamente.

FANTASTICANDO – Entriamo ancor di più nel dettaglio e andiamo a vedere da vicino i numeri, dando per scontato che i top player in questi primi mesi giochino soltanto Melbourne, Indian Wells e Miami (calendario standard da top ten, considerando anche la Davis di mezzo). Al massimo potremmo considerare gli ATP 500: tra gennaio e febbraio se ne giocano quattro di cui il più quotato è quello di Dubai (dove Djokovic l’anno scorso fu estromesso ai quarti di finale da Feliciano Lopez), mentre Murray non ha scadenze su questo versante. Non si vuole però complicare eccessivamente i calcoli, quindi meglio analizzare soltanto i tre tornei più significativi, e da questi emerge che Djokovic non ha possibilità di guadagnare alcun punto ulteriore. Murray invece ha un bacino infinito a cui attingere da Indian Wells e Miami. Discorso chiuso? Non del tutto, perché molto dipende anche da Melbourne. Ad oggi Murray è al terzo turno. Non dovrebbe avere problemi sino ai quarti, dove però potrebbe incappare nella mina vagante Federer o in un più rassicurante Kei Nishikori. Nella difficile, ma pur possibile, ipotesi di un’uscita anzitempo dell’attuale numero 1 al mondo ai quarti, cosa succederebbe? Murray il lunedì successivo alla fine dello Slam sarebbe a quota 11720 punti (ne perderebbe 1200 ma ne incasserebbe 360), mentre Djokovic potrebbe superarlo soltanto vincendo il trofeo e confermandosi a 11780. In ogni caso la distanza sarebbe irrisoria, in quanto Nole si ritroverebbe dove è adesso. A quel punto il bivio: modificare la programmazione e andare ad attingere punti extra negli ATP 500 di inizio stagione, oppure rinunciare, correre il forte e quasi sicuro rischio di perdere nuovamente la prima posizione a Indian Wells o Miami per rifarsi sotto più avanti, quando avrebbe la possibilità di guadagnare più punti? Chissà se si dovrà porre questo problema. Qualora invece Murray dovesse arrivare in semifinale, la situazione rimarrebbe invariata. E lo rimarrebbe anche in caso di estromissione di Murray, ma di non vincita di Nole.
Sicuramente quello che ci attende è una battaglia che durerà un’intera stagione.

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