Willkommen, mister Federer!

Trentadue anni e non sentirli: questa è la forza di essere Roger Federer, maestro di virtuosismi, correttezza e classe. Una vittoria che vale più di un semplice trofeo, ma si sa, quando si parla di Federer, tutto è riduttivo. di G.Lupi

Una giornata uggiosa ha stimolato in me una molteplicità di pensieri, ma nessuno dei tanti sarebbe chiarificatore ed esplicativo quanto una famosissima affermazione di Gianni Clerici, che voglio riproporvi: “Il Federer di oggi è infatti praticamente ingiocabile. Per cominciare, il suo campo pare più stretto degli abituali otto metri e ventitré, perché il fenomeno posa i piedini negli immediati dintorni della linea di fondo, e si rifiuta recisamente quanto serenamente di indietreggiare. Lì piazzato, Roger ribatte tutto quanto l’avversario tenti di inviargli con gesti che, se non proprio mezze volate, son trequarti di volata. Un po’ alla McEnroe, se permettete, ma ad una velocità quasi doppia. Il suo lavoro di avambraccio ricorda quello di Sugar Ray Robinson, quello di ginocchia il miglior Tomba su un paletto: non sono certo iperboli, ma pallide similitudini. Oltre alla sublime qualità del gesto, il Federer di oggi possiede, im massimo grado, le caratteristiche del killer, sportivo, beninteso. Gioca al massimo delle possibilità non appena il punto diviene – come ben dice il Tommasi – pesante. Si supera, insomma, negli scambi decisivi.”

“È il più giovane trentaduenne che io abbia mai visto”, urlerebbe ora Brad Gilbert dagli spalti dell’Avation Club di Dubai. Si chiama Roger Federer e ieri ha riesumato dalle ceneri anche i suoi tifosi più scettici, dimostrando, ancora una volta, che nonostante abbia un palmarès da far invidia, non è ancora appagato, anzi è intenzionato a rispolverare quel tennis che ha fatto innamorare milioni di appassionati e perché no, a portare a casa il suo 18esimo Major.

Lo svizzero in una straordinaria semifinale al cardiopalma ha cancellato dal campo Novak Djokovic, peralto nelle condizioni di gioco preferite dal serbo, sorretto da un’eccellente condizione fisica, sintomo che i problemi alla schiena sono stati brillantemente superati: serve con grandissimo profitto (93% di punti con la prima nel secondo set), seguendo spesso a rete la battuta e regge gli scambi da fondo grazie a un rovescio molto penetrante. E’ questa la grande differenza con il passato: seguito da un maestro del rovescio come Edberg, Federer ha abbandonato la versione slice, decisamente difensiva, per giocarlo quasi sempre a tutto braccio, anche a costo di doverlo colpire di mezzo volo. Chi pensa che Federer abbia vinto la partita grazie a un nuovo atteggiamento tattico, più proteso verso la rete, è smentito dalle statistiche. Si sono presentati a rete 17 volte per parte. Curiosamente, Federer ha ottenuto la peggiore percentuale di trasformazione (3 su 8) proprio nel terzo set, quello giocato meglio. Ma allora da dove arriva la differenza? Facile, dal servizio. I bookmakers in vista della finale lo danno favorito, quotato a 1.68, nonostante il suo ultimo scontro diretto contro il ceco, risalente proprio alla semifinale di Dubai 2013, lo abbia visto perdente. Ma questo è un Federer diverso, mai così vicino al dominatore dei tempi d’oro.

Dall’altra parte della rete, il bamboccione Tomas Berdych, in sordina, ha sconfitto ieri, nell’altra semifinale, il tedesco Philipp Kohlschreiber in due set con un doppio 7-5. Reduce dal trionfo di Rotterdam, dopo 484 giorni di astinenza, il numero 6 del mondo ha raggiunto la seconda finale consecutiva nel 2014: la sua gara è partita in salita con il break subìto nel primo game del match, ma il controbreak è arrivato nel momento più importante, sul 5-3 per Kohlschreiber. A quel punto Berdych ha vinto 4 giochi consecutivi chiudendo sul 7-5 e nel secondo (equilibratissimo) set, ha evitato il tiebreak strappando il servizio al dodicesimo game.

LA FINALE – CRONACA

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“E’ il più grande numero 8 della storia”, questo il commento di Giorgio Spalluto, commentatore di Supertennis, alla vigilia della finale più attesa di questo weekend marzolino. Il leone che si nasconde in Roger emerge sin dalle prime battute, e già nel terzo game lo svizzero strappa il servizio all’avversario portandosi sul 2/1. La reazione di Berdych non si fa attendere e porta a casa un immediato contro break. Tomas continua inesorabile la sua scalata, martellando da fondo campo con entrambi i fondamentali di gioco, e mettendo alle strette un Federer che oggi appare stranamente appassito e poco lucido tatticamente. Se ieri, contro Djokovic, ha seguito un piano di gioco perfetto e ricco di variazioni, quest’oggi sembra invece volerla buttare ingenuamente sulla potenza. 15 minuti e 5/2 per Berdych. Un velato tentativo di opposizione da parte dello svizzero non è però bastato ad arginare la potenza del ceco che chiude il set con un netto 6/3 in 35 minuti di gioco. Il dato più indicativo è certamente la percentuale al servizio: 35% di prime palle per Roger, 60% per Tomas.

Il secondo set si apre in modo analogo al primo, ma questa volta il magistrale break arriva nel quinto game, quando lo svizzero è costretto a soccombere. Berdych appare sempre più concentrato e determinato, con grande timing ed anticipo. Quando però il match sembrava in dirittura d’arrivo, ecco il ruggito del Re, che strappa il servizio all’avversario, e si riporta in parità sul 3/3 e chiude a zero il successivo turno di servizio con una demi-volèe da circoletto rosso. Sembrava un colpo di fortuna per lo svizzero, in realtà è stato l’inizio dello show. Non è cambiata la partita: è cambiato Federer. Gli highlights dei punti iper-spettacolari si sono ingrossati a dismisura. In un battito di ciglia (aiutato da qualche titubanza del ceco, va detto) Federer si prende il secondo set con il punteggio di 6/4, con il 74% di prime palle a dispetto del 36% del suo avversario.

Partenza col botto nel terzo set per il cecchino di Basilea che porta a casa il primo turno di servizio, lasciando a zero l’avversario. Nel secondo game, si procura immediatamente 3 palle break, ma causa qualche errore di troppo, si ritrova sbadatamente sull’1/1. Il mini-passaggio a vuoto prosegue anche nel game successivo, quando, sul 30/30 manda in rete un’agevole volèe di dritto che porta il ceco ad un’ennesima palla break; nonostante ciò, lo svizzero riesce in qualche modo a salvarsi ed a portare a casa il game che lo avrebbe potuto condannare definitivamente. Gianni Clerici direbbe: “L’ho sempre detto che la volèe di dritto di Federer è il suo colpo peggiore, voto 5”. Scherzi a parte, un tremebondo ed incerto Berdych si scioglie proprio sul più bello e regala a Roger un vitale break, che lo issa sul 3/1. Come ci suggeriscono dalla regia, la lucidità di Tomas in campo è inversamente proporzionale alla sua capacità di accelerare la palla, e questo contro i top players non può permetterselo. Sul 4/2 in favore dello svizzero, il ceco prova a più riprese a risalire la china, procurandosi nuovamente due palle break, ma nulla può contro un Federer ormai in volata: ace e 5/2. La cavalcata trionfale dello svizzero continua inesorabile fino all’ultimo punto: il destino è ormai segnato, Berdych non può più appellarsi a nessuna divinità sacra e Roger, per la prima volta in stagione, sale sul gradino più alto del podio.

Ben fatto. Questo è tutto ciò che mi viene in mente. Tutto il resto sarebbe superfluo, anzi, riduttivo.

PUNTEGGIO FINALE: 3/6 6/4 6/3

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