Per Alexander Zverev, il torneo di Roma non è un Master 1000 qualsiasi. Con 26 vittorie collezionate al Foro Italico, il tedesco è uno dei protagonisti assoluti di questo appuntamento, che definisce cruciale nel suo percorso di crescita. “Qui ho vinto il mio primo grande torneo. È un luogo speciale per me”, ha dichiarato. Quest’anno, Zverev è partito con il piede giusto, imponendosi nei primi turni senza concedere set, nonostante condizioni atmosferiche inizialmente complesse: “All’inizio c’era molto vento, era difficile trovare ritmo. Poi il vento si è calmato e ho iniziato a sentirmi davvero bene”.
Più delle folate di vento, però, è stato un altro elemento a catalizzare l’attenzione del numero due del mondo: le palline da gioco. Nonostante il marchio sia lo stesso – Dunlop – usato in tutti i tornei della stagione su terra, Zverev sostiene che qualcosa sia cambiato in maniera evidente: “Le palline sono molto più lente rispetto agli altri tornei. A Montecarlo, Monaco e Madrid erano molto più veloci. Possono dire quello che vogliono, ma non è la stessa palla”.
Per cercare di compensare questa differenza, Zverev ha rivelato un dato tecnico interessante: “Ho dovuto incordare la racchetta circa tre chili in meno rispetto agli altri tornei. È l’unico modo per cercare di generare più potenza in queste condizioni”. Una modifica significativa, che testimonia quanto le condizioni influiscano sul gioco e che trova eco anche nei commenti di altri tennisti, come Lorenzo Musetti, che ha definito il Centrale di Roma “molto lento” quest’anno.
Con lo sguardo già proiettato verso il Roland Garros, Zverev non ha nascosto le sue ambizioni: “Il mio obiettivo principale sono gli Slam, ma a Parigi tengo particolarmente. Spero di esprimermi al meglio lì”. Un’affermazione che mostra come, oltre al presente romano, l’orizzonte del tedesco punti verso i grandi palcoscenici.
Ma è sul tema Novak Djokovic che Zverev si è lasciato andare a riflessioni più profonde e sorprendenti. Dopo il ritiro del serbo dal torneo di Roma, il tedesco ha ribadito stima e rispetto per il campione serbo, pur ammettendo una certa incertezza sul suo futuro: “Se ritroverà il suo gioco, sarà ancora uno dei più pericolosi al mondo. Non ci sono dubbi sulle sue capacità. La vera domanda è: ha ancora voglia di impegnarsi al massimo? Solo lui può rispondere”.
Una considerazione che accende i riflettori non solo sulle performance recenti del numero uno del mondo, ma anche sulla sua motivazione e sulla sfida personale che potrebbe segnare l’ultima parte della sua carriera.
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