Arantxa Sanchez Vicario e Sara Errani, tra analogie e differenze

Arantxa e Sara, due nomi, due storie, ed un unico obiettivo: scrivere, nel loro piccolo, la storia di questo sport e di loro stesse.

Arantxa e Sara, due nomi, due storie, ed un unico obiettivo: scrivere, nel loro piccolo, la storia di questo sport e di loro stesse; solcare da protagoniste i palcoscenici più affascinanti, rendersi partecipi di un’evoluzione tennistica e lasciare un segno, seppur in epoche diverse, del loro passaggio.

Entrambe dotate di un diritto ricco di rotazioni, efficace ed allo stesso tempo atipico in campo femminile, deficitano del servizio, causa anche la loro statura che ne limita l’esecuzione, al quale però sopperiscono grazie a delle buone doti fisiche, alla rapidità dei piedi ed alle straordinarie capacità tattiche, che consentono loro di poter contare su un repertorio ampio.

PicMonkey Collage

La Vicario comincia a giocare a tennis all’età di 4 anni, si appassiona alla disciplina per seguire i suoi fratelli maggiori Emilio Sanchez e Javier Sanchez (entrambi futuri tennisti professionisti, sebbene nessuno dei due raggiunse mai i livelli della sorella).

Nel 1989 ancora diciassettenne, Arantxa sorprende il mondo del tennis arrivando in finale all’Open di Francia, nella quale sconfisse la numero uno del mondo Steffi Graf, imponendosi in tre set con il punteggio di 7–6, 3–6, 7–5 sull’avversaria, con la quale negli anni darà vita ad una delle più grandi rivalità in campo femminile, causa anche un evento drammatico che mise momentaneamente fine alla carriera della giovanissima Monica Seles (il 30 Aprile 1993).

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Nel periodo tra il 1990 e il 1993 la Arantxa sarà relegata a contendersi con la Sabatini il ruolo di “terzo incomodo” nella lotta tra le due tenniste più forti del momento: Steffi Graf e Monica Seles. Durante questo periodo riuscirà a raggiungere la finale all’Open di Francia nel 1991 e all’Us Open del 1992, venendo sconfitta in entrambi i casi da Monica Seles. In quegli anni riuscirà comunque ad aggiudicarsi 6 tornei tra cui 3 di categoria Tier I (la più importante dopo il Grande Slam e il torneo WTA Championships di fine anno).

Il 1994 è l’anno migliore della carriera dell’atleta di Barcellona; affronta Steffi Graf nella finale degli Australian Open venendo duramente sconfitta in due set. Riesce a vincere il suo secondo Open di Francia battendo Mary Pierce in finale. A settembre incontra nuovamente la Graf nella finale dell’US Open, stavolta la spagnola riesce ad imporsi in tre set dopo aver malamente perso il primo. Complessivamente nella stagione 1994 vince 8 tornei (di cui 2 Slam e 1 Tier I).

Nel 1997 con la Graf tormentata dagli infortuni e da un calo fisico, sembra ormai spianata la strada per la spagnola che però ha oramai esaurito il suo periodo d’oro, con l’ultimissimo acuto che si concretizza nella vittoria degli Open di Francia del 1998 contro la Seles.

Con il suo ritiro nel 2002 Arantxa è stata la settima tennista (l’unica spagnola) della storia a diventare numero uno del mondo. Ha conquistato la cima del Ranking mondiale per tre volte rubando sempre il primato alla tedesca Steffi Graf. In tutte e tre le occasioni ha poi riceduto il primato alla rivale tedesca. Il suo massimo personale di permanenza consecutiva in vetta alla classifica mondiale è stato di 6 settimane. Sommando i suoi tre periodi si arriva ad un totale di 12 settimane da numero uno. Tra singolare e doppio ha conquistato 10 prove del Grand Slam.

Diversa invece la strada di Sara Errani, attualmente all’apice della sua meravigliosa carriera, nella quale, a differenza della Sanchez, ha impiegato più tempo per raggiungere la vetta del ranking, con un’esplosione tardiva dal punto di vista dei successi, ma allo stesso tempo precoce dal momento in cui è definitivamente entrata tra le BIG ed ha acquisito consapevolezza delle sua capacità, in un tennis nel quale il talento è diventato ormai subordinato alla potenza fisica ed alle doti atletiche.

L’anno di esplosione di Sarita (come la chiamano i fans) è il 2012, nel quale ha conquistato ben 5 dei suoi 7 titoli WTA complessivi, raggiungendo inoltre la finale del Roland Garros in singolare (sconfitta 6/2 6/3 dalla russa Maria Sharapova) e portando a casa, per quanto concerne il doppio, sia il Roland Garros che gli Us Open, in coppia con la tarantina Roberta Vinci.


A fine stagione si presenta al Masters dove è qualificata sia nel doppio con Roberta Vinci che in singolare. Prima italiana in assoluto a compiere tale impresa, per ben due volte (anche nel 2013). Nel round robin viene sconfitta dalla Sharapova 6-3, 6-2 dopo aver lottato quasi alla pari durante il primo set. Nella seconda giornata supera Sam Stosur 6-3, 2-6, 6-0. Per accedere alle semifinali è necessario vincere anche il terzo match contro Agnieszka Radwanska ma, dopo tre ore e mezza, si deve arrendere con il punteggio di 7-6, 5-7, 4-6.

Non va meglio nel doppio, in coppia sempre con Roberta, dove viene sconfitta dal team russo Kirilenko-Petrova per 1-6, 6-3, 10-4.

E proprio nel 2013 continua la sua cavalcata trionfale, conquistando ad inizio stagione anche gli Australian Open in doppio, per proseguire poi con il raggiungimento della semifinale al Roland Garros, prima di subire una battuta d’arresto con la sconfitta al primo turno di Wimbledon per mano di Monica Puig. Da lì in poi un rendimento altalenante, dovuto anche probabilmente ad uno stress fisico, fa sì che il suo finale di stagione non sia tra i più soddisfacenti, nonostante nei WTA Championships mostri segni di ripresa, sia nel match contro Na Li che in quello vinto contro Jelena Jankovic.

Alle numerose analogie, si aggiungono però alcune divergenze, non prettamente tecniche, bensì riguardanti la vita privata delle due giocatrici, a partire dal rapporto con la famiglia.

Sara, come affermato alla trasmissione “Che Tempo Che Fa”, ha descritto un rapporto idilliaco con la sua famiglia, fatto sì di alti e bassi, ma che l’ha resa più forte emotivamente, prima come persona e poi come giocatrice. Quando partì verso l’America, ad appena 12 anni, per andarsi ad allenare nell’accademia di Nick Bollettieri, ci racconta che una mattina dovette chiamare il padre (il quale dormiva dato che in Italia era notte fonda) poiché, non conoscendo ancora molto bene l’inglese, non sapeva su quale autobus doveva salire per andare a scuola. Fortunatamente, ci dice, “papà Giorgio conosce molto bene l’inglese ed ha chiesto lui stesso informazioni all’autista”.

Diversa la situazione familiare della spagnola. Arantxa Sanchez fino a due anni fa, non aveva mai parlato granchè della sua vita privata, ma esasperata decise di vuotare il sacco. Nella sua biografia, la ex campionessa rivela la drammatica situazione della sua famiglia, sfaldata dai problemi economici. Raccontando tutti i dettagli, Arantxa racconta quello che considera un vero e proprio esproprio familiare. Dichiara che non le è rimasto in tasca quasi nulla dei circa 45 milioni di dollari vinti in 17 anni di carriera tra premi ufficiali e sponsorizzazioni varie. La colpa sarebbe dei genitori e dei fratelli Javier e Marisa, ma non di Emilio, il quale si è allontanato da tempo dalla famiglia. Il libro si intitola  ‘Arantxa ¡Vamos! Memorias de una lucha, una vida y una mujer’ e la Sanchez racconta di essersi ritirata dal tennis per conquistare la sua libertà dopo che la sua vita era stata organizzata in toto dalla famiglia, in particolare dalla madre. “Ma quando ho deciso di impormi, ecco che è arrivata la sorpresa. E poi la delusione. La sorpresa di non avere soldi dopo una carriera piena di successi, fatiche e, di conseguenza, di guadagni”. La madre le avrebbe organizzato ogni dettaglio dell’esistenza: “Lei organizzava la mia vita, scegliendo ogni cosa: il taglio di capelli, l’abbigliamento…quando compravo qualcosa di mia iniziativa, raramente le piaceva”. Il padre, invece, è colui che avrebbe amministrato i suoi guadagni. E Arantxa gli rimprovera la sentenza che l’ha condannata a pagare 3,5 milioni di euro per le tasse non pagate tra il 1989 e il 1993, quando aveva la residenza fiscale ad Andorra. “Mi hanno lasciato senza niente, sono indebitata con Hacienda e le mie proprietà sono inferiori a quelle di mio fratello Javier, che in carriera ha guadagnato molto meno di me. Posso accettare questo abuso e stare zitta? No, non posso”. La Sanchez racconta anche che i familiari si sarebbero opposti al suo matrimonio con Pep Santacana, provando a screditarlo per presunti problemi economici. “Ma nessuno ha detto che lui mi aveva raccontato tutto”. 

Alla luce di tutto ciò, l’unica cosa positiva è, forse, il fatto che questa situazione sia emersa solamente alla fine della carriera della Sanchez, non precludendo così alla giocatrice di potersi esprimere, come si suol dire, “a mente libera”, senza pressioni esterne, né situazioni ingombranti che invece in altri casi hanno fatto sprofondare negli abissi più profondi diversi talenti, sottraendo loro, perché no, il sogno di partecipare alla storia di questo magnifico sport. Un po’ come ha fatto Arantxa. E come farà Sarita.

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