AZARENKA, COSA E’ CAMBIATO?

Quanto servono le lacrime per una tennista. Vika Azarenka da quel pomeriggio afoso a Londra dove niente sembrava funzionare all'ultimo US Open.
Perché c'è sconfitta e sconfitta.
di L. di Martino.

Tra limmagini più significative della disciplina del tennis durante le ultime Olimpiadi di Londra c’è sicuramente quella relativa alla semifinale femminile, e più specificamente quella del post partita: Victoria Azarenka, appena umiliata, non solo nel punteggio, da Serena Williams, prossima ad accaparrarsi la medaglia d’oro, alza notevolmente il passo dirigendosi verso l’uscita in preda alle lacrime

Una vera e propria fuga, quella di Vika, peraltro comprensibile, dato che la bielorussa, piegata 6-1 6-2, non è mai stata in partita,  e durante tutto il breve match non ha mai dato l’impressione di poter mettere in difficoltà l’avversaria, tanto che un accenno di lacrime c’era già stato durante gli ultimi scambi dell’incontro. Di sicuro la Azarenka si era aspettata un epilogo diverso, aveva certamente sperato in cuor suo di vendicare la sconfitta, meno netta almeno nel punteggio, rimediata meno di un mese prima su quello stesso campo durante il torneo di Wimbledon; sconfitta anche meno pronosticabile, date le circostanze.

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Victoria Azarenka arriva all’edizione 2012 di Wimbledon da numero 2 del mondo, forte del suo primo successo in un torneo del Grande Slam ottenuto a gennaio durante gli Open d’Australia e desiderosa di riconquistare la vetta del Ranking WTA che proprio in seguito a quella vittoria aveva conquistato sino a quando, a giugno, Maria Sharapova non la sorpassa vincendo il Roland Garros.

Viceversa Serena Williams arriva a Wimbledon accompagnata da scarsi favori del pronostico, reduce da un infortunio alla caviglia ad inizio anno e soprattutto da una bruciante sconfitta patita al primo turno del Roland Garros ad opera di Virginie Razzano. E mentre la Azarenka raggiunge la semifinale senza perdere nemmeno un set, Serena già nel terzo turno sembra pronta a fare le valigie: infatti contro la cinese Zheng la testa di serie numero 6 arriva ad un passo dalla sconfitta, e viene tirata fuori dai guai solo dal suo implacabile servizio, riuscendo alla fine ad imporsi 9-7 al terzo set. Anche nel quarto turno contro la kazaka Svedova, la Williams si impone al terzo set 7-5 prima di sconfiggere la campionessa uscente Kvitova nei quarti in 2 set. Durante tutta la semifinale l’americana dà la sensazione di essere superiore alla ex numero 1 del ranking, e solo nel secondo set, vinto dalla Williams al tie break, si assiste ad un match un po’ più equilibrato.

E così si arriva all’altra semifinale, quella olimpica, quella delle lacrime durante e dopo la partita, a chiudere un match riflettendo sul quale Vika non avrà certo dormito la notte, desiderando una occasione di riscatto. Che puntualmente è arrivata in occasione degli US Open a fine estate: purtroppo per la bielorussa stesso epilogo, ma almeno lacrime differenti; stavolta non di frustrazione, ma di rimpianto. Alla finale la Williams era arrivata con la leggerezza di uno schiacciasassi, travolgendo una dietro l’altra tutte le avversarie. Memori dei due precedecenti incontri si pensava che Victoria avrebbe fatto analoga fine. Invece la bielorussa dà tutto quello che ha, reagisce al 6-2 subito nel primo set infliggendone uno identico nel punteggio nel secondo, ed arrivando nel terzo addirittura a servire per il match sul 5-4, prima di arrendersi per 7-5 dopo 2 ore di tennis entusiasmante.

Bella, anzi bellissima prestazione a parte, si tratta in ogni caso di una trilogia di sconfitte che metterebbero in serie difficoltà psicologiche chiunque, soprattutto di fronte al fatto che non riesci a vincere nemmeno quando dai davvero il massimo.

C’è un film commedia del 2010 che si intitola Ancora tu! nel quale la protagonista, oggi donna di successo ma ai tempi della scuola timida e secchiona e continuamente vessata dalle compagne, interpretata da Kristen Bell, scopre che la ragazza che più di tutte la umiliava sta per sposare suo fratello. All’inizio del film, prima che tutto questo venga rivelato, la giovane parla della sua “trasformazione” a dei giovani addetti stampa durante una riunione nell’agenzia di pubbliche relazioni dove lavora dicendo questa frase: “Non potete controllare le cose che vi accadono, ma potete controllare il modo in cui reagite ad esse”Ed è proprio questo che fa di Victoria Azarenka una campionessa vera, forse più dei 2 Australian Open vinti di seguito: il modo in cui ha deciso di reagire a queste sconfitte. Sostenuta e sicuramente motivata da Sam Sumyk, silenziosa sentinella di tutti i suoi incontri, sempre accompagnato dagli immancabili occhiali scuri. Il bretone è notoriamente un allenatore dai modi spicci, che con Victoria ha subito instaurato, a detta della tennista, una meravigliosa collaborazione.

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Victoria ne parla come colui che l’ha “educata”, che l’ha guidata verso una mentalità vincente. E che di sicuro l’avrà spronata a reagire a queste sconfitte, e con notevoli risultati. Da allora nei successivi incontri, non tantissimi anche a causa degli infortuni, anche se in momenti diversi della stagione, di entrambe Victoria se l’è cavata decisamente meglio, dando sempre, forse con l’eccezione della finale di Roma, di potersela giocare almeno alla pari con l’americana.

E in una stagione dove la Williams sta polverizzando record ed avversarie, il fatto che la Azarenka le abbia inflitto 2 delle 4 sconfitte totali assume il sapore dell’impresa. Senza contare che nella finale degli US Open di quest’anno, la Azarenka ha esibito ottimo tennis e nessun timore reverenziale verso Serena, anche se si è dovuta arrendere al terzo set. Ancora una volta sono arrivate le lacrime, ma nascoste da un asciugamano, e immediatamente seguite da un sorriso durante la premiazione. Victoria ha dichiarato in diverse occasioni di guardare alla Williams come ispirazione e motivo per migliorare il suo gioco.

E i risultati si vedono: a Doha e a Cincinnati ha dato vita a due grandissime prestazioni contro l’americana, agli US Open ha perso giocando benissimo e, Serena a parte, contro tutte le altre comincia a manifestare una evidente superiorità. Quando l’americana non c’è è lei quella da battere, e non ci fosse Serena, la vetta del ranking WTA sarebbe sua da tempo, forse dopo una dura lotta contro la Sharapova, l’unica altra che la metta seriamente in difficoltà. Insomma, a guardare i freddi numeri si potrebbe pensare che in un anno non sia cambiato niente: Vika si è portata a casa “solo” l’Australian Open, negli US Open è stata sconfitta in 3 set come l’anno precedente e ha passato un’intera stagione ad inseguire in classifica WTA un’avversaria che ha creato tra lei ed il secondo posto una vera voragine.

Sembra non sia cambiato niente. Invece è cambiato tutto.

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