La crisi di Kiki Mladenovic: da sei partite non vince un set

A inizio anno Kristina Mladenovic era una delle giocatrici più in forma del circuito. Dopo il Rolandg Garros una flessione che ora è diventata crisi sotto tutti gli aspetti: qualità del gioco, fiducia e il ranking per il momento la allontana dalla top 10 che in tanti prevedevano.

L’AVVIO DI STAGIONE E IL ROLAND GARROS – Un Premier vinto a San Pietroburgo e tre finali perse, rispettivamente a Acapulco per mano di Lesia Tsurenko, a Stoccarda, sconfitta da Laura Siegemund e a Madrid, dove Kiki si è piegata a Simona Halep. A tratti ingiocabile, così si è presentata a San Pietroburgo, ma discontinua e forse penalizzata dai dolori alla schiena quanto da ritmi e aspettative ai quali ancora non era abituata. Già nella prima parte di stagione la Mladenovic aveva giocato più partite rispetto all’intero anno scorso. Poi, appunto, le pressioni: proclamata nuova eroina dai francesi che attendono uno slam dai tempi di Yannick Noha (1983) e Mary Pierce (1995), Kiki non ha esitato a volersi prendere questo ruolo che il movimento tennistico transalpino le ha attribuito. Al Roland Garros si è fermata ai quarti di finale, battuta da Timea Bacsinskszy. Ma il feeleng con il pubblico si è visto tutto nella battaglia che Kristina Mladenovic ha combattuto agli ottavi con la campionessa uscente, e attuale numero 1, Garbine Muguruza e contro gli spasmi ai muscoli della schiena che non le permettevano di servire. Quella bolgia del Suzanne Lenglen, che raramente si vede su un campo da tennis è stata teatro dell’ultimo acuto di Kiki che a Parigi affrontava anche la personale guerra contro l’ex amica e compagna di doppio Caroline Garcia, rea di non essere abbastanza legata alla bandiera e privilegiare la carriera alla Federation Cup.

2017 IN REVIEW – Passando al setaccio venti tornei disputati dalla Mladenovic a partire dagli Australian Open, è evidente che i risultati più significativi si sono visti da febbraio, fino ai quarti al Roland Garros: vittoria a San Pietroburgo, finale di Acapulco, semifinale a Indian Wells, finali a Stoccarda e Madrid. Altalenante e non certo positiva la stagione su erba: quarti a S- Hertogenbosh e Birmingham, eliminazione al secondo sia a Eastbourne che Wimbledon. Il disastro però va in scena sul cemento: a Washington, nettissima sconfitta dalla giovanissima canadese Bianca Andreescu che ha concesso solo cinque giochi, e soli cinque giochi rimediati anche al primo turno di Toronto contro Barbora Strycova. Seguono altre quattro uscite immediate: Cincinnati, New Haven, Us Open e, la tendenza non si inverte a Tokyo in avvio del lungo tour asiatico con la sconfitta subita da Jana Fett, nemero 123 wta e proveniente dalle qualificazioni. La crisi è tutta in questi dati: Kiki Mladenovic non si aggiudica un set dallo scorso 2 agosto, data dell’ultimo match vinto e non senza difficoltà contro la tedesca Tatjana Maria. Da allora sei partite perse in due e con avversarie nettamente sotto in classifica. Tra queste Timea Babos (altra giocatrice in netto calo) e Monica Niculescu agli Us Open. A Tokyo la Mladenovic era testa di serie numero 1 e era entrata in tabellone grazie a una wild card. Mossa probabilmente dettata dall’esigenza di riguadagnare punti, ma si è ripetuto lo scenario che ha caratterizzato l’intera estate di Kiki: una brutta prestazione con i colpi funzionali ai suoi schemi che non hanno più l’incisività dei mesi migliori. Su tutti il servizio e il dritto, indispensabili per aprirsi il campo e tenere le redini del gioco. Per non perdere ulteriore terreno la giocatrice transalpina deve ritrovare grinta e precisione e far bene a Wuhan e Pechino. Poi ci sarà la finale di Hong Kong da difendere.

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