Lo strano caso di Aga la Maga

Qualche giorno fa c’eravamo interrogati sull’attuale situazione psicofisica del maiorchino Rafa Nadal, alla ricerca di cause e soprattutto di eventuali soluzioni al problema, quest’oggi tenteremo di fare la stessa operazione esaminando il momento no, del più grande punto interrogativo attualmente presente nel circuito Wta,  la polacca Agnieszka Radwanska.

C’era una volta ma forse non c’è più, un giovane eroina polacca, paladina di un tennis d’altri tempi, che per anni, armata del suo solo talento e di colpi fuori dal comune, ha lottato e spesso vinto contro l’esercito delle valchirie del tennis moderno, contro le rappresentanti, per intenderci, del tennis bum bum, fatto di sola potenza e pochi, pochissimi scambi. Fautrice di un tennis tanto desueto quanto bello e spettacolare la nostra eroina scontro dopo scontro, impresa dopo impresa in questi anni ha finito per sfiorare la vetta della classifica mondiale e per riscrivere, per sempre, la storia del tennis polacco.

Agnieszka-Radwanska

Nata a Cracovia il 6 marzo 1989, Aga si è avvicinata al tennis all’età di quattro anni, per volere di papà Robert, da quel momento in poi sono stati tanti i primati da lei raggiunti, si va dal best ranking di numero 2 al mondo raggiunto nel luglio del 2012, all’essere stata la prima tennista polacca ad aver vinto un torneo nel circuito maggiore (Stoccarda 2007) o all’essere la prima tennista del suo Paese ad aver raggiunto una finale in un torneo del Grande Slam nell’era Open, fatto avvenuto a Wimbledon nel 2012, per non parlare poi dell’enorme quantità di partite giocate (270 di cui 194 vinte) e della costanza di rendimento dimostrata nell’ultimo quadriennio.

Questo dunque, in breve, è quello che è stato, poi d’improvviso, a partire dagli Us Open dello scorso anno, qualcosa si è rotto, quella macchina che sembrava delicatissima e perfetta ha iniziato a mostrare i primi segni di cedimento. Aga “la raccogli tutto” d’improvviso inizia a perdere colpi, ovviamente le “magie” ci sono sempre, perché la mano si sa, non invecchia né conosce fatica, ma sono palesemente meno frequenti. Quella costruzione del gioco perfetta, quelle tele intessute con maestria e pazienza certosina intorno alle proprie prede, che caratterizzavano il suo gioco e che le hanno fatto guadagnare nomignoli del tipo “la maga” “la professoressa” ecc ecc, iniziano ad essere sempre più rare, meno articolate e soprattutto più banali.

Aga però non è stupida, è infatti la prima a capire che il problema è reale, che qualcosa non va e soprattutto che se vuole difendere quanto conquistato faticosamente in questi anni deve correre ai ripari, e allora arriva l’illuminazione: ampliamo il team, affidiamoci a qualcuno che abbia il giusto mix di esperienza e bagaglio tecnico da consentirle di fare il salto di qualità, e perché no, di regalarle quel sogno chiamato Slam. La scelta per sua stessa ammissione cade su Martina, badate bene parliamo di Martina Hingis, che però continua a giocare il doppio e che decisamente non vuole mettere da parte la propria carriera per ora e allora “accontentiamoci” di un’altra Martina una certa Navratilova che in carriera ha vinto “solo” 167 titoli IN SINGOLARE (citiamo l’episodio perché abbiamo trovato “leggermente” irrispettoso dichiarare: avrei preferito la Hingis ma gioca ancora dunque ho scelto la Navratilova).

Sulla carta l’accoppiata è di quelle che fanno faville, talento, determinazione, esperienza e fame di vittoria decisamente non mancano, badate bene abbiamo detto sulla carta, perché tra il dire e il fare come direbbe qualcuno c’è di mezzo il mare e soprattutto perché nel tennis si sa, non sempre 1+1 è uguale a 2. Il tennis risponde ad una sola logica: non ci sono logiche né certezze, il campo e solo il campo è il giudice supremo, l’unico che riesce a svelare tutte le realtà nascoste e stando ai risultati stagionali l’accoppiata non era poi tanto vincente. 

A questo punto ancora una volta Aga gira pagina, si rimbocca le maniche, dice addio a Nostra Signora del tennis e “ricomincia da sé”, ricomincia dal terzo turno a Madrid, vero e proprio oro colato per la sua situazione in classifica, in crollo vertiginoso, ma quella spagnola è solo una finta partenza, seguono infatti il ritiro ancor prima d’iniziare a Roma e l’uscita al primo turno a Parigi. Il problema è ormai lampante, la Maga non c’è più, la bacchetta magica sembra essersi rotta e quei giochi di prestigio che una volta sembravano elementari ora risultano complicatissimi da attuare, ora tutto sta a capire quale sia il problema e di conseguenza cercare la soluzione.

 

Secondo papà Robert il problema ha un nome e un cognome ben precisi, ha infatti dichiarato “Il coach di Aga dovrebbe separarsi professionalmente da mia figlia e lasciare il ruolo di capitano di Fed Cup. Wiktorowski incolpa tutti per i brutti risultati di Aga ma non incolpa se stesso. Aga dovrebbe assumere qualcuno che sia realmente professionale e che abbia avuto esperienza con una giocatrice WTA. Intorno ad Aga è stato creato un “team di ammirazione reciproca”, dove non importa lavorare duramente ma solo viaggiare e divertirsi in giro per il mondo. L’idea di mettere come coach Navratilova non è stata buona in termini di co-operazione, lei dovrebbe essere la principale allenatrice di Aga”, tutta colpa del coach dunque e del team troppo preso da paillettes e lustrini, in tal senso l’outfit da etoile del peggiore dei teatri di provincia sfoggiato al Roland Garros da Aga sembra essere più che attuale.

Per il momento comunque la situazione sembra essere più che ingarbugliata e soprattutto la soluzione del problema ben lontana dal trovarsi, da estimatori del bel tennis noi personalmente ci auguriamo di rivederla presto al meglio, perché che vi piaccia o meno dovrete convenire con noi che per sfuggire alla monotonia del tennis monocolore, nomi come quello di Aga o come quello di Roberta Vinci sono fondamentali.

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