Matteo Berrettini: “Se devo scegliere una superficie, preferisco ancora la terra”

Matteo

Si concede Matteo Berrettini, ai microfoni della stampa, poco dopo la sconfitta subita al primo turno del Dubai Tennis Championships per mano di Denis Kudla, tennista ucraino naturalizzato successivamente in America. Il giovane romano è molto deluso, perché dopo una partenza solida e un set di vantaggio, ha sprecato l’occasione di poter vincere un match all’interno di un torneo estremamente prestigioso. Berrettini, reduce dalla finale nel torneo ATP 250 di Sofia che lo aveva visto battere in sequenza Istomin, Khachanov e Verdasco, si lascia andare ad una profonda riflessione su se stesso che rivela non solo i progetti per il futuro, ma anche la grande voglia di crescere sotto il profilo della tattica e della resistenza psico/fisica. Il colpo che gli dà maggior fiducia? Il servizio. Quello che sente meno? Il rovescio. La superficie preferita? La terra, perché là è nato come atleta e ha imparato a giocare e scivolare. La considera, insomma, una sorta di madrina d’eccellenza.

LA PARTITA PERSA A DUBAI.

Ovviamente provo tanto rammarico per la sconfitta contro Kudla. In partita mi sentivo abbastanza in controllo, sopratutto fino alla metà del secondo set, quando lui ha alzato il livello del suo tennis. All’inizio Denis era molto falloso, mentre io servivo bene; ma se devo essere onesto i break li ho fatti anche perché mi aveva dato una mano lui. Va pure detto che oggi non era facile giocare, c’era tanto vento e mi sono un po’ disunito. Il rammarico è che due brutti games al servizio, in tutta la partita, mi siano costati addirittura il match. Li ho pagati davvero a carissimo prezzo.

REWIND DEI PRIMI MESI DELLA STAGIONE.

Giocando solo grandi tornei, sento la differenza rispetto allo scorso anno, quando ancora partecipavo a qualche challenger. In quei tornei di livello minore c’erano partite tirate, senza dubbio, ma magari anche situazioni e gare in cui rifiatavo. Adesso devo sempre giocare a mille, altrimenti è molto  difficile stare dietro a questi ragazzi. Credo, quest’anno, di avere sempre giocato partite di buon livello, come contro Tsitsipas a Melbourne. Ho qualche rammarico per oggi, specialmente per aver giocato senza quella particolare determinazione che mi piace avere e mi inorgoglisce quando metto piede in campo.

CEMENTO O TERRA.

Sono molto migliorato sul cemento, ma se devo essere sincero considero la terra rossa ancora la mia superficie preferita. Sono nato e cresciuto scivolando sulla terra; gli spostamenti, soprattutto, mi riescono molto più facilmente sul rosso. Però posso dire che sul veloce il servizio e il dritto rendono già tanto e mi fanno fare tanti punti. Il mio tallone d’achille resta il rovescio, sul quale devo lavorare ancora tanto. Il rovescio è un colpo che mi viene a mancare nei momenti di tensione

PROGRAMMI FUTURI.

Giocherò tutti i tornei più grandi: Montecarlo, Roma e Madrid. Per il resto dipende da come andranno le cose a Indian Wells e Miami, quante partite farò e quale sarà il dispendio psico-fisico che avrò in quella trasferta. Chiaramente non posso giocare tutte le settimane, a seconda di quanto sarà dispendioso valuteremo. Probabilmente a breve mi iscriverò a qualche altro torneo e poi valuterò se andarci o meno.

OBIETTIVI PER IL 2019.

Stiamo lavorando da qualche mese per farmi diventare un giocatore a 360 gradi sotto l’aspetto mentale, tecnico e tattico. Sono giovane di età, ma soprattutto sul piano dell’esperienza. Diversi tennisti miei coetanei o anche più giovani hanno giocato molte più partite rispetto a me. Proprio da queste sconfitte devo imparare tanto, renderle utili per farmi diventare un giocatore completo sotto ogni punto di vista. Si tratta di un lungo lavoro, lo so, e sono consapevole che richiede ancora un paio di anni per dare appieno i suoi frutti“.

Fonte: Ubitennis

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