Qiang Wang e le sue “sorelle”: viaggio nel movimento tennistico al femminile in Cina

La semifinale di Qiang Wang a Wuhan ha avuto una grandissima risonanza nei media cinesi, che non raccontavano una grande impresa di una propria tennista dai tempi di Na Li. La ex numero 2 del mondo, sebbene sia una ispirazione per le atlete di casa, è ancora inarrivabile. La Federazione ha tuttavia progetti ambiziosi. I numeri, le prospettive e i limiti del movimento tennistico al femminile, che ha origini lontane, sono analizzati in questo viaggio nel modello Cina.

La storica semifinale raggiunta a Wuhan da Qiang Wang ha avuto grande risalto in Cina. Il tennis è tornato nelle prime pagine dei giornali locali per raccontare l’impresa di una atleta di casa. Come ai tempi di Na Li. In questo viaggio nel pianeta del tennis femminile cinese analizzeremo un vero e proprio movimento, nato con le vittorie della due volte campionessa Slam e con l’inserimento del tennis nel programma olimpico che, da Seoul 1988, ha portato in cassa tanti quattrini, prontamente reinvestiti, e generato un indotto. Quindici milioni di praticanti, per uno sport che è diventato sempre più popolare. I progetti ambiziosi della Federazione, che mira a un “Quinto Slam” e a portare i propri atleti nei quartieri alti del ranking. Per quanto concerne le donne, seppure una ispirazione, Na Li appare ancora inarrivabile. Le giovani speranze non mancano e le già note giocatrici per pensare in grande devono giocoforza vincere anche oltreconfine. A cominciare da Qiang Wang, che ha di recente sollevato due trofei, ma entrambi in Cina.

UN BOOM CHIAMATO TENNIS – Qiang Wang, lo ha detto esplicitamente in conferenza stampa subito dopo la storica semifinale raggiunta a Wuhan: “Nei prossimi tornei importanti vedrete tante giocatrici cinesi. Stiamo crescendo, ci sono giovani molto valide e per tutte noi c’è una opportunità”. Già, perché in Cina nulla è casuale, tutto è pianificato nei minimi dettagli. Per farsi una idea delle ambizioni coltivate da quelle parti basta dare un’occhiata alle dichiarazioni d’intenti messe nero su bianco nel portale dell’International Chinese Tennis Federation: non passa inosservato che si miri al quinto Slam (in realtà si tratterebbe di un torneo classificato a metà strada tra un Master 1000 maschile, un Premier Mandatory femminile e un Major, una sorta di Mini Slam, insomma), quanto alle prime posizioni nel ranking per gli atleti locali. Il piano è decennale e c’è tanto da lavorare, soprattutto nel settore maschile. Che sul Wta ci sia un movimento generato dai successi di Na Li, la tennista due volte campionessa Slam (ne sa qualcosa la nostra Francesca Schiavone, che contro la ex numero 2 del mondo perse la finale al Roland Garros 2011), è fuori discussione. Poi i soldi (pubblici e privati), e tanti, che hanno permesso di investire in impianti capolavoro, come il centrale di Wuhan da duecento milioni di dollari e il complesso di Pechino. Sulla scia dell’entusiasmo per le imprese di Na Li si è determinato un duplice effetto: il tennis è diventato via via più popolare, con 15 milioni di praticanti ed è entrato visceralmente nel cuore dei cinesi. Tanto da schizzare al terzo posto tra gli sport più seguiti, dopo calcio e basket. L’aspetto economico è concatenato e va a nozze con il benessere finanziario della popolazione: coach stranieri di grido non si sono fatti attendere in un contesto così invitante per mettere in piedi accademie e seguire personalmente le promesse cinesi. La stessa Qiang Wang è allenata da Peter McNamara, ex giocatore australiano che, negli anni ottanta, si è spinto fino alla settima posizione Atp.

Qiang Wang ha giustamente menzionato le opportunità: avere sette tornei (Shenzhen, Nanchang, Guangzhou, Tianjin, gli International. Il Premier 5 di Wuhan il Premier Mandatory di Pechino, più il Wta Elite Trophy di Zhuhai) offre una vetrina alle cinesi che, come accade ovunque, fanno incetta di wild card e le onorano. Ma c’è di più. Altra curiosità è che le giocatrici cinesi giochino benissimo in casa, ma questo è allo stesso tempo un limite da superare perché mal si concilia con i propositi di annoverare tenniste di prima fascia.

LE CHINA GIRLS – Cinque giocatrici in top 100, capitanate da Qiang Wang che, proprio negli ultime settimane, ha spodestato dal trono di Cina Shuai Zhang, grazie a un ruolino di marcia impressionante: tre tornei disputati (Shenzhen, Nanchang, e Guangzhou) e due vinti (Nanchang e Guangzhou), sono valsi alla Wang il best ranking al numero 34, che domani in virtù della semifinale di Wuhan verrà ulteriormente ritoccato con l’accesso tra le prime trenta. Per non farsi mancare niente, Qiang Wang ha anche regalato al suo paese la medaglia d’oro ai Giochi Asiatici. Fatiche che, però, sono costate care alla ventiseienne di Tianjin. Qiang Wang nel match di semifinale che l’ha opposta ad Anett Kontaveit si è dovuta arrendere a un fastidio fisico ed è stata costretta al ritiro. Anett Kontaveit che, peraltro, è stata giustiziera al secondo turno della numero 2 cinese Shuai Zhang, attualmente numero 46 del mondo. A seguire, Saisai Zheng (68), Yafan Wang (78) e Shuai Peng (99). Cinque anche le tenniste comprese tra la centesima e la duecentesima posizione: Lin Zhu (103), YingYing Duan (125), Fangzhou Liu (147), XinYun Han (178) e Jia-Jing Lu (184).

Xiyu Wang e Daria Kasatkina
Xiyu Wang e Daria Kasatkina

Xiyu Wang è invece arrivata a Wuhan da numero 232. Ha superato le qualificazioni, battuto Bernarda Pera in due set al primo turno e martedì ha fatto vivere due ore da incubo a Daria Kasatkina: quattro i match point salvati dalla tennista russa che è riuscita a imporsi 10-8 al tie-break del terzo set. Diciassette anni, vincitrice degli ultimi Us Open Junior, Xiyu Wang è considerata la promessa del tennis cinese e, a giudicare dalla programmazione e il lavoro in prospettiva, già sta muovendo i passi per non impantanarsi nei tornei giovanili (le cui vittorie, specie quando su quelle ci si adagia, valgono quanto il due di picche), e confrontarsi con le più grandi.

0 comments
  1. Ben venga un quinto Slam in Cina.Hanno le strutture per organizzare un gran evento come uno Slam.In questi giorni ho apprezzato tanto il gioco della Wang, che oltre ad essere brava è anche molto bella. Anche oggi la sua omonima ha messo in gran difficoltà la Garcia, dando vita ad un match molto avvincente. Poi chissà se alla fine nascerà un nuovo talento come Li Na…i presupposti ci sono

    1. Quando inizieranno a giocare così bene e a vincere tornei anche fuori dalla Cina, saranno problemi per tutte. Con la Wang di 17 anni stanno lavorando bene perché vincere a livello Junior serve a nulla. Non significa necessariamente diventare giocatori competitivi nel circuito che conta, se ci si adagia sui titoli a livello giovanile. Ha già sei partite tra le grandi, ha fatto fuori Bernarda Pera e per poco non si è ripetuta con la Kasatkina

    1. Hanno una organizzazione perfetta. Impianti da far invidia, montepremi da capogiro (oltre dieci milioni di dollari sommando Wuhan e Pechino). Forse l’unico appunto che si può fare è che qualcuno degli International ha un tabellone deboluccio. Quest’anno Nanchang era più o meno inguardabile. Per quanto mi riguarda, l’unico motivo per seguirlo era la presenza di Margarita Gasparyan. Le giocatrici non credo che li considerino tornei da sagra. Il problema è che sono collocati a fine stagione e ci arrivano a pezzi. Sono tornei nuovi e senza tradizioni centenarie (esempio Wuhan), forse è per quello che non ne vivi il fascino. Il punto è che la Cina in poco tempo ha fatto quasi quanto gli Stati Uniti. 7 tornei: 4 International, 1 Premier 5, un Premier Mandatory, l’élite Trophy di Zhuhai. Più gli Atp. È tutto concatenato: tanti ma tanti quattrini, capacità organizzativa eccellente, più tornei = più praticanti, più opportunità per le tenniste cinesi di mettersi in mostra, più introiti dalla vendita dei diritti televisivi. È ovvio che siano ambiziosi

    2. Monica Tola i soldi non comprano la tradizioni e nemmeno la cultura sportiva.pure noi avevamo tantissimi tornei atp anni fa, anche in posti piccoli come st vincent, ma erano affascinanti……beh poi in cina vedi solo eventi sportivi di una palla pazzesca in posti osceni vedi olimpiadi estive e ora faranno quelle invernali….dallo yeti……

    3. Non si può precludere alla Cina di costruirsi una tradizione. Io l’Italia non la prenderei come modello. Siamo stati capaci di perdere tutti i tornei, tranne Roma. Abbiamo recuperato in extremis il Wta di Palermo perché Kuala Lumpur, che ne aveva acquisito i diritti, era inadempiente

    4. Monica Tola beh della cina a prendere a modello non c’e’ nulla…..tranne una prepotenza in tutti i settori.meglio stare alla larga…….poi vero, abbiamo perso tutti i tornei….uno spreco immenso

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