Renzo Furlan ha vissuto da protagonista due vite nel tennis: prima da giocatore, poi da allenatore. Dopo quasi un decennio accanto a Jasmine Paolini, con la quale ha condiviso successi e sacrifici, il coach veneto ha deciso di voltare pagina. Una scelta arrivata senza traumi, come lui stesso racconta in una lunga intervista a Fanpage.it, ma come naturale evoluzione di un percorso intenso e ricco.
“Credo fosse il momento giusto per separarci. Jasmine voleva ascoltare nuovi pareri e cercare stimoli diversi. Il nostro rapporto non è finito, l’amicizia resta solida, ci sentiamo ancora”, spiega Furlan, che preferisce vedere la decisione come una scelta matura, arrivata “prima che diventasse pesante”.
Il 2023 è stato un anno straordinario, ma anche estenuante. Dopo le Finals e la Billie Jean King Cup, Furlan ha proseguito praticamente senza sosta. “A casa ci sono stato pochissimo. Ad inizio stagione ero già scarico, ed è stato tutto più dispendioso,” racconta, sottolineando come anche le ultime trasferte con Paolini avessero mostrato segni di fatica. Da qui, la decisione di prendersi una pausa e accettare una nuova sfida come talent Sky: “È stimolante, è nel mio mondo, ma con meno stress e più tempo per me.”
Non mancano le proposte per un coach nominato allenatore dell’anno WTA 2024. Furlan ammette di essere vicino a una scelta concreta, anche se preferisce non svelare ancora nulla. La voce che lo voleva nel team di Jannik Sinner? “Una stupidaggine che girava sul web, assolutamente non vera,” taglia corto, confermando però che “ci sono progetti motivanti, alcuni più intriganti di altri.”
Parlando di Paolini, Furlan non ha dubbi sul valore della tennista toscana: “Ha qualità straordinarie, può stare tra le prime 5-10 del mondo.” Un riconoscimento che non suona come autocompiacimento, ma piuttosto come una riflessione sul valore aggiunto dell’atleta rispetto al coach. “Il coach è importante, ma il talento, la disciplina e la motivazione vengono prima. Io l’ho aiutata, ma il merito è soprattutto suo.”
Un pensiero che si estende a tutto il mondo del tennis: “Troppo spesso si dimentica il ruolo dell’allenatore. Ma è giusto che si parli più dei giocatori, perché sono loro ad affrontare il campo, la pressione, gli ostacoli.”
La vicenda Sinner-WADA è ancora viva nel ricordo di Furlan, che non risparmia critiche a chi ha messo in dubbio la condotta dell’altoatesino: “Ho letto tutto, conosco Jannik. Le critiche erano ignoranti. È stato trattato male per un appello che era una porcheria. Ha fatto tutto secondo le regole e nei tempi giusti.”
Furlan racconta la complessità di quei mesi: la positività tenuta segreta, l’udienza seguita da Cincinnati, la vittoria agli US Open, l’appello incombente. “Ha gestito tutto alla grande, ma è umano. Questo sport è un tritacarne, e anche i migliori ogni tanto vacillano.” Per Furlan, il tennis moderno “è molto più duro di trent’anni fa: più soldi, più impegni, più responsabilità, più stress.”
Il momento d’oro del tennis italiano non è frutto del caso. Secondo Furlan, dietro le recenti esplosioni ci sono scelte strutturali e una rete di tornei interni capillare: dai 15mila dollari fino ai Challenger, passando per ATP e WTA organizzati in Italia. “C’è stata una grande divulgazione tecnica grazie all’Istituto di Formazione. Una vera palestra diffusa che ha alzato il livello.”
E poi c’è il valore degli allenatori. L’Italia può contare su una generazione di ex giocatori diventati tecnici di alto profilo: da Vagnozzi a Cipolla, da Donati a Sanguinetti, tutti impegnati nel far crescere il tennis nostrano. “Abbiamo grandi giocatori, ma anche allenatori di valore. E questo fa la differenza.”
Renzo Furlan appare oggi come un uomo lucido, grato al passato ma rivolto con entusiasmo al futuro. Le sue parole trasmettono equilibrio e profonda comprensione dello sport. Il consiglio ai genitori che portano i figli a tennis racchiude tutta la sua filosofia: “Divertirsi, dare il massimo, e lavorare per migliorare. Basta.” Semplice, diretto, vero. Come lui.
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