Federer vs Nadal: la storia di una rivalità infinita

Roger Federer e Rafael Nadal

[tps_title]La nascita e l’esplosione del duello[/tps_title]

Il tennis, che sia praticato da dilettanti piuttosto che da professionisti, è uno sport che ognuno interpreta nel modo che ritiene più congeniale alle proprie caratteristiche ed abilità. Mentre negli sport di squadra si è inseriti all’interno di meccanismi che producono risultati se eseguiti in modo collettivo, nel tennis si è completamente da soli, senza alcuna spalla; bisogna lottare solo con i propri mezzi contro l’avversario (e spesso anche contro se stessi). Pertanto ogni tennista è differente dall’altro. Ci sono, certo, affinità tra i professionisti, di portata minore o maggiore a seconda dei casi; ma normalmente ogni tennista si specializza sulla base della propria predisposizione (tecnica o fisica), distinguendosi dagli altri. L’esaltazione massima di tale semplice considerazione è quanto mai evidente in una delle rivalità più avvincenti della storia del tennis, sicuramente la più seguita ed amata negli ultimi vent’anni: si tratta dello straordinario duello tra Roger Federer e Rafael Nadal, sbocciato improvvisamente nel 2004 in un caldo pomeriggio americano, capace di appassionare il pubblico a mo’ di una partita di calcio.

Una rivalità così importante da avere intere pagine dedicate sul web quella tra lo svizzero e lo spagnolo. Ma andiamo oltre, perché la continua battaglia tra i due non può essere considerata una mera rivalità alla stregua di tutte le altre; qui c’è di più. Abbiamo assistito, e speriamo di poter ammirare ancora i due campioni all’opera, ad una contrapposizione nettissima di stili e modi di giocare, che hanno spesso condotto ad assimilare lo svizzero ad un artista e lo spagnolo ad un guerriero. Talento, classe e bellezza estetica contro forza, abnegazione ed una psiche di ferro. Idee e modi di intendere il tennis praticamente agli antipodi, che hanno però costretto entrambi a migliorarsi per spuntarla sul rivale: si guarda all’altro come modello e come obiettivo da superare. Un qualcosa di unico. Il mix di questi elementi ha cambiato per sempre la storia di questo meraviglioso sport.

Una rivalità oltre il campo.
Una rivalità oltre il campo.

Il tutto ebbe inizio, a livello di singolare, nel marzo 2004 a Miami. Federer è già la star indiscussa del circuito: prima posizione mondiale a 22 anni con il sogno Slam più volte coronato. Nadal invece è agli occhi dei più uno sconosciuto diciassettenne. Con una clamorosa ed inaspettata prestazione, lo spagnolo estromette l’avversario dal torneo in due set. Probabilmente un caso. Si inizia però ad intuire che così non è esattamente un anno dopo nello stesso teatro. I due si affrontano nuovamente, questa volta in finale; un avvio del tutto imprevisto si abbatte sullo svizzero: il mancino di Manacor infatti si aggiudica i primi due parziali (finale al meglio dei 5 set) tra la sorpresa generale. Sul malcapitato ragazzo, non ancora diciottenne, si scatena però tutta la classe dell’elvetico, che così riesce a completare la rimonta ed a conquistare il torneo al set decisivo. E’ la stagione sulla terra battuta a spalancare gli occhi a tutti gli addetti ai lavori ed ai tifosi: su questi campi, infatti, Nadal si impone in modo prepotente, sbarazzando la concorrenza e salendo fino al quinto gradino del ranking mondiale. La curiosità cresce in modo esponenziale e lo scontro che tutti attendevano si presenta in semifinale al Roland Garros: Nadal batte Federer in quattro set e si aggiudica poi il torneo contro Puerta, diventando numero 2 del mondo in estate. Adesso il quadro inizia a farsi più chiaro e la sfida tra i due non è più considerata una sorpresa: siamo di fronte ai due giocatori più forti del mondo.

La netta contrapposizione tra i due emerge sin dall’inizio agli occhi di tutti, già a livello “superficiale”, prettamente di look: Federer sempre impeccabile, composto, elegante ed incredibilmente piacevole da osservare; Nadal invece decisamente più rozzo, con la sua canotta ed i pantaloncini sotto al ginocchio, decisamente meno pulito sulla palla. Tecnicamente, poi, il contrasto si accende ancora di più. L’elemento caratteristico è rappresentato dal dritto dello spagnolo che, con un’impugnatura estrema, riesce a generare una rotazione esasperata della palla, molto efficace soprattutto sulla terra battuta. Sostanzialmente questo è stato il grattacapo dello svizzero lungo tutta la sua carriera, ossia la difficoltà nel trovare contromisure adeguate. The king si impone con un gioco decisamente più verticale e veloce, che tende alla chiusura dello scambio in pochi colpi, grazie ad un dritto fantastico e ad un’ottima esecuzione delle volèe. Ciò lo avvantaggia maggiormente sulle superfici rapide, dove Nadal ha meno tempo a disposizione per preparare il colpo; ma l’abilità dello spagnolo sta proprio nel fatto di essere riuscito ad evolvere il suo gioco in funzione di questo aspetto, con aggiustamenti e miglioramenti costanti.

La diatriba infinita tra i sostenitori dei due tennisti non si risolverà, ovviamente, mai. Tuttavia è innegabile, con uno sguardo più distaccato, riconoscere che si tratta di due fenomeni assoluti che, come detto in apertura, hanno sfruttato le proprie abilità migliori per plasmare il tipo di tennis più efficace sul campo. Che ciò avvenga con un elegante serve&volley piuttosto che con un passante in corsa, poco importa: l’attuale generazione ha avuto un’immensa fortuna nell’assistere ad una rivalità che di “umano” ha avuto ben poco. A prescindere dai risultati e dai numeri, un duello del genere, tanto sentito e capace di dividere il mondo, probabilmente non ci sarà mai più. [tps_title]Il completo dominio del campo[/tps_title]

Il 2006 è atteso come l’anno della definitiva consacrazione dello scontro tra i due. Si cercano soprattutto indicazioni riguardo a ciò che questi ragazzi fenomenali possano dare sulle superfici “sfavorevoli”, in modo tale da creare il presupposto finale per l’instaurazione di una rivalità a pieno regime. Ed in effetti, le attese non vengono affatto tradite. Sono ben 6 i duelli che li vedono come protagonisti lungo tutto l’arco dell’anno, con un bilancio di 4-2 in favore dello spagnolo.

Roger Federer inizia l’anno nientemeno che con la vittoria dell’Australian Open, rafforzando ulteriormente la sua leadership e la sua preponderanza sulle superfici veloci. Lo svizzero continua a sbalordire il pubblico con giocate di una tale finezza ed imprevedibilità da sembrare quasi irreali: unico ed inimitabile nel suo genere, Roger rappresenta l’anello di congiunzione tra il tennis degli anni ’90 (Sampras per esempio) e quello del nuovo millennio, “inaugurato” da Agassi e di cui Nadal rappresenta l’anima più potente di quegli anni. La prima sfida si ha a Montecarlo, su terra battuta: vittoria di Rafa in quello che poi diventerà praticamente il suo giardino di casa; ma tutto questo è soltanto il prologo di ciò che stava per succedere. Al Foro Italico, nella stupenda location romana, lo scontro si ripropone in finale. In quell’occasione si disputa la loro partita più lunga: 5 ore e 5 minuti di tennis fuori dal normale. Un’intensità pazzesca; ai top esasperati dello spagnolo si contrappongono ricami in drop ed a rete, a cross stretti di rovescio replicano vincenti di dritto pressoché imprendibili. Federer va avanti 4-1 nel decisivo set con due match point a favore. Le infinite risorse dello spagnolo però gli permettono di risalire la china e, a suon di “vamos”, Rafa si prende partita e trofeo davanti all’incredulità di un pubblico più che fortunato.

Nadal e Federer alla premiazione del torneo di Roma, 2006.

I mesi caldi dell’anno sono ancora nel segno di Rafa e Roger. Finale del Roland Garros, unico Slam fuori dal palmarès dello svizzero. Il 6-1 iniziale appannaggio di quest’ultimo lascia trasparire l’inizio di una giornata storica. Ma ancora una volta, il muro di Nadal non crolla: la sua reazione furiosa gli permette di concludere il match al quarto set e di sollevare la coppa dei Moschettieri. Adesso, per Federer, non resta che aspettare Wimbledon, torneo di cui detiene le chiavi di ingresso. Il suo cammino procede spedito fino alla finale; dall’altro lato della rete, tra lo stupore generale, ancora una volta c’è Nadal: lo stupore è dettato dal fatto che il maiorchino sia un giocatore prettamente da rosso e sull’erba abbia mostrato evidenti limiti. Il suo percorso di crescita procede veloce ma le armi a disposizione non sono ancora sufficienti per impensierire il maestro del verde: l’elvetico trionfa in quattro set, ribadendo la predominanza assoluta sul veloce. A conferma di questo dato, Federer ritrova lo spagnolo al Masters di fine anno, dove lo polverizza in due rapidi parziali, mettendo in evidenza il margine tecnico tra i due.

Arriviamo, con salto temporale, al 2007, altra annata fantastica nel segno di questi due ragazzi: per il terzo anno consecutivo, a testimonianza del loro duopolio, Roger e Rafa si dividono tutte le prove dello Slam. E’ un fenomeno che ha dell’incredibile. La rivalità continua a distanza perché Federer si appropria nuovamente dell’Australian Open, uscendo però male dai tornei americani sul cemento (Indian Wells e Miami). Il loro primo scontro si ha nuovamente su terra battuta; Nadal vince a Roma ma le sue certezze sembrano vacillare nel torneo di Amburgo, all’epoca un 1000. L’elvetico, infatti, ottiene la sua prima vittoria su terra contro lo storico rivale, imponendosi al terzo e decisivo set con un perentorio 6-0. Le premesse per lo Slam parigino si fanno così decisamente più intriganti: il gioco più propositivo di Federer, che si adopera per limitare le risorse dell’avversario, sembra portare i suoi frutti. Rafa però trova a Parigi le sue condizioni ideali. I due si incontrano ancora una volta in finale con l’ennesima vittoria dello spagnolo in quattro set. Nulla da fare quindi per lo svizzero, costretto a rinviare l’appuntamento con il Roland Garros all’anno successivo.

La stessa trama si compone a Wimbledon, però a parti invertite. Nadal si spinge nuovamente fino all’atto conclusivo del torneo, dimostrando ulteriori miglioramenti su questa superficie. Ovviamente, sarebbe inutile sottolinearlo, c’è sempre il Re dall’altro lato del campo. Il livello di suspance raggiunto sul finale del quarto set è qualcosa di incredibile: 2-2 con l’inerzia dalla parte di Rafa che ha appena conquistato il parziale. Federer avverte la pressione come non mai: all’orizzonte, sempre più vicino, il record di cinque titoli consecutivi di Bjorn Borg, che tra l’altro siede in tribuna ad ammirare le gesta dei due campioni. Il culmine si tocca quando Roger, nel terzo e quinto gioco, è costretto ad annullare delle pesantissime palle break. La svolta emotiva lo trascina dritto fino alla vittoria: il celebre smash, seguito dalle lacrime in ginocchio sul campo, chiude uno dei match più intensi ed emozionanti degli ultimi anni. Gloria eterna per il campione svizzero, che entra di diritto nell’élite del tennis mondiale. Per Nadal, invece, la consapevolezza di rappresentare una valida alternativa allo strapotere tecnico dell’altro. L’annata si chiude con un altro incontro al Masters, il più breve della rivalità, dominato da Federer in due nettissimi parziali.

Wimbledon 2007.

[tps_title]L’apice dello spettacolo[/tps_title]

L’asse Svizzera-Spagna vive il suo momento più caldo durante il 2008, anche se l’avvio di stagione sembra rivelare un’opposta tendenza. Federer è alle prese con la mononucleosi, che ne influenza in modo piuttosto importante le prestazioni, mentre Nadal continua a non convincere in terra australiana. Così, in questo incerto scenario, si inserisce di prepotenza Novak Djokovic, allora numero 3 del ranking. Il serbo conquista il suo primo torneo dello Slam, iniziando a proporsi come alternativa concreta al dominante duopolio degli ultimi anni. Il suo cammino procede spedito con la vittoria ad Indian Wells, che gli permette di avvicinarsi alla seconda posizione mondiale; lo spagnolo respinge l’attacco sconfiggendolo a Miami ed imponendosi a Monte Carlo ed Amburgo poi contro Federer. A questo punto, discorso capovolto: non è più Nadal a doversi guardare alle spalle dal serbo, ma è proprio lo svizzero a rischiare il vertice in favore del maiorchino.

L’ennesima sfida tra i due si ripropone al Roland Garros. Rafa intraprende un cammino devastante, approdando in finale senza perdere alcun set; Roger, nonostante le condizioni non ottimali, riesce a strappare il pass per l’ultimo atto. Qui, tuttavia, non si può nemmeno parlare di una vera e propria finale: 6-1 6-3 6-0 per lo spagnolo, nettamente più in forma e più a suo agio sul centrale di Parigi. Un segnale importante verso lo staff ed i tifosi dello svizzero, verso una conquista del trono che si faceva sempre più concreta.

A Wimbledon, tanto per cambiare, si ripropone la finale dei sogni, il classico del tennis. Sul centrale dell’All England Club, copertina fantastica per la sfida più bella possibile, va in scena quella che molti celebri telecronisti hanno definito come “la miglior partita di tennis della storia”: un saggio completo del repertorio di entrambe le parti nella loro fantastica e radicale contrapposizione di stili. Una durata di 4 ore e 48 minuti di tennis a livelli disumani, riscrive il modo di intendere una rivalità, tra colpi incredibili e lacrime nel post partita. Lo spagnolo si porta avanti di due parziali; poi la pioggia, si chiude il tetto e Roger inizia a sfruttare le condizioni indoor per incrementare il suo rendimento. Porta a casa il terzo e nel quarto annulla un match point con un passante lungolinea di rovescio con il polso bloccato che di umano ha ben poco. A questo punto, l’inerzia è tutta dalla parte dello svizzero, dato come sicuro vincitore della sfida. Ma la tenacia dello spagnolo, a quanto pare, non sembra avere limiti: si dimostra solido e concentrato, non concede nulla sul proprio servizio e giunge più volte a palla break. Raccontare questa partita richiederebbe una narrazione a parte, per meraviglia tecnica ed intensità di emozioni. Il game della svolta è il quindicesimo: sul 7-7 Nadal strappa il servizio all’avversario. Con un errore di dritto divenuto ormai celebre, tra il buio che ormai predomina sulla luce, Federer cede il trono all’avversario. Nadal incredulo e con le braccia al cielo sull’erbetta di Wimbledon, un lungo abbraccio tra i due che si rendono conto di aver messo in atto qualcosa di assolutamente incredibile.

Lo storico match di Wimbledon 2008.

L’estate dello spagnolo continua con un ruolino di marcia spaventoso: vittoria a Toronto e Oro olimpico; e il 18 agosto, data storica per la sua carriera, diventa per la prima volta il nuovo numero 1 del ranking mondiale, complici anche i cattivi risultati del suo rivale. Lo sterminato talento di Roger, però, non si piega di fronte a nulla. Ricaricate le pile, lo svizzero si impone allo US Open sconfiggendo Murray in finale, che a sua volta aveva battuto Nadal. Slam numero 13 in carriera, ormai ad un passo dall’eguagliare il record di 14 Slam di Sampras, e riprova della sua supremazia in America. La stagione termina in calo per entrambi: lo spagnolo non prende parte alle Finals, lo svizzero viene eliminato nei gironi. Il titolo va a Djokovic, che si conferma il migliore tra gli umani.

Una nuova stagione, una nuova epica battaglia. Siamo in Australia. Per condizioni di gioco e per freschezza fisica, Federer parte nettamente avvantaggiato: Nadal è reduce da una semifinale stupenda ma tremendamente logorante di 5 ore e 14 minuti contro il connazionale Fernando Verdasco, conquistata solo al quinto set. Anche in quest’occasione, i due eterni rivali si esibiscono in esecuzioni tecniche che generano incredulità: davvero un tennista può spingersi fino a tanto? Un netto calo dello svizzero nel quinto parziale spedisce lo spagnolo alla vittoria. Emozionante il siparietto al termine del match: un abbraccio consolatorio di Rafa a Roger, che in lacrime si complimenta con l’avversario; lo spagnolo si dice sicuro delle possibilità dello svizzero di vincere altri Slam. Una rivalità, appunto, che si spinge oltre il mero confronto sul campo.

Nadal continua a macinare punti e vittorie nei successivi Masters 1000, mentre Federer appare scarico e poco efficace, subendo così diverse sconfitte. Ma il Re si stava solo preparando a scrivere la storia. A Madrid, a casa di Rafa, si impone nettamente in due set, prevalendo alla grande sul piano del gioco, senza apparire mai in difficoltà. La sua vittoria mette inoltre in risalto la scarsa brillantezza fisica di Nadal, che di lì a poco avrebbe subito uno smacco tremendo nella sua trionfale carriera sul rosso. Roland Garros, ottavi di finale: Robin Soderling, tennista svedese in continua crescita, estromette lo spagnolo dal torneo, candidandosi tra i papabili vincitori. Duro colpo per Rafa, che assisterà poi da casa al trionfo del suo eterno rivale: Roger Federer solleva al cielo l’unico Slam mancante nella sua bacheca, eguagliando Sampras, diventando il tennista più vincente della storia. L’apoteosi non è ancora giunta: il mancino di Manacor non si presenta a Wimbledon per difendere il titolo e Federer, libero dalla pressione ormai accantonata con la vittoria del Roland Garros, fa 15, ottiene il primo posto del ranking e dimostra di essere il più forte di sempre. Allo US Open si presentano entrambi, giungendo nelle opposte semifinali per la gioia del pubblico, sicuro di assistere alla finale dei sogni. Ma a tutto ciò si oppone un giovane Juan Martin Del Potro, che sconfigge prima Rafa e poi Roger in finale in un match esaltante per potenza ed intensità.

Roger conquista il Roland Garros.

[tps_title]Djokovic, Murray e l’interruzione del duopolio[/tps_title]

Il 2010 è l’anno in cui il duopolio dei due fenomeni inizia ad entrare in crisi: Djokovic, Murray, Del Potro e Soderling sono i principali artefici di tale processo; questi “nuovi” talenti si oppongono con forza alla storia che procede, intralciando più e più volte il cammino di Nadal e Federer. Essi si incontrano soltanto in due occasioni durante l’anno: a Madrid, nella rivincita della precedente edizione, Rafa conferma la sua supremazia sulla terra battuta, scardinando la difesa di Roger e conquistando il titolo. A fine anno, lo spagnolo porterà a casa il premio “Best comeback of the year” grazie ad una continuità disarmante, che lo vede nuovamente ottenere la doppietta Roland Garros-Wimbledon, senza però mai incontrare il rivale. Ritorna così in cima alla classifica e, non sazio di vittorie, conquista anche lo US Open, sconfiggendo Djokovic in finale. La seconda sfida dell’anno si disputa nella O2 Arena di Londra in occasione del Masters di fine anno: Roger la spunta al terzo set, troppo superiore sulle superfici indoor, concludendo così la sua annata con un Australian Open e le Finals in tasca.

Nel 2011 ci sono ben altre quattro tessere da aggiungere al meraviglioso mosaico. Nadal si impone a Miami ed a Madrid. Le altre due sfide, sicuramente più sintomatiche di ciò che i due hanno mostrato in questi anni, si disputano al Roland Garros ed al Masters. Nel primo caso, il re della terra battuta rafforza la sua supremazia su questa superficie; nella seconda occasione, Roger sistema le cose con un perentorio 6-3 6-0. Iniziano ora le due ultime annate vere, con i giocatori ad alto livello. Nel 2012 una vittoria per parte, nel 2013 quattro su quattro per Nadal. Significative, a tal proposito, principalmente due sfide, una per anno. A Miami 2012, Federer sconfigge Nadal e ciò non accadeva (su cemento outdoor) dal 2005; nella stagione successiva, invece, Rafa lo sorprende al Masters di fine anno, battendolo indoor per la prima volta.

Da qui in poi, nonostante le speranze dei tifosi, per quasi due anni soltanto due incontri: Nadal batte Federer in semifinale all’Australian Open nel 2014, lo svizzero si prende la rivincita nel torneo di casa nel 2015, a Basilea, alzando al cielo la “sua” coppa. Il rendimento di entrambi i giocatori inizia gradualmente a calare. Si assiste solo sporadicamente a partite di alto livello da parte loro; l’aspetto più demoralizzante è rappresentato dal loro essere ormai “umani”, dal fatto di costituire facile preda per giocatori che in passato non riuscivano a conquistare che pochi game. Insomma, Nadal e Federer non riescono più a far valere il loro vantaggio psicologico. Soprattutto Rafa, in tal senso, non incute più quel timore reverenziale che lo rendeva, agli occhi dell’avversario, una montagna da scalare. Lo svizzero paga lo scotto dell’età e dei tanti anni trascorsi ai massimi livelli; lo spagnolo deve fronteggiare continui problemi fisici derivanti dal logorio a cui ha sottoposto il suo corpo durante la sua carriera.

IPTL 2015: il sorriso di Federer e Nadal

Certo, un ruolo di primaria importanza nello sgretolamento delle loro certezze è stato ricoperto da Djokovic e Murray su tutti. Lo scozzese si è imposto da poco in modo netto, ma il serbo ha dominato nel circuito in modo imperioso negli ultimi anni. Un mix tra problemi fisici e un’aumentata concorrenza ha posto le basi per le rispettive cadute dalla vetta. Che poi, in realtà, solo di recente i due hanno abbandonato i primi posti della classifica nonostante il rendimento non all’altezza; ciò testimonia ancor di più la loro immensa grandezza.[tps_title]Uno straordinario ritorno[/tps_title]

Nel 2017, però, accade l’impensabile. Federer e Nadal si presentano con varie incognite all’Australian Open: lo svizzero viene dal lunghissimo stop della stagione precedente, mentre lo spagnolo viaggia ancora nella mediocrità di gioco e rendimento fisico tipici degli ultimi mesi. Durante il torneo, i favoriti Djokovic e Murray vengono prematuramente sconfitti e, turno dopo turno, tutti gli appassionati iniziano a sognare una riedizione del duello in finale. Il livello dei due fenomeni cresce costantemente, con lo svizzero in particolare che sorprende per freschezza e brillantezza atletica. Così, dopo un cammino esaltante, si giunge allo scontro delle meraviglie, al grande classico del nostro sport. La finale non tradisce assolutamente le aspettative: Federer conquista il primo ed il terzo parziale, Nadal gli altri due; lo spagnolo si porta avanti di un break ma il trentacinquenne di Basilea continua ad apparire più concreto. In particolare, il rovescio ad una mano ha raggiunto un’efficacia mai vista prima d’ora ed il numero dei punti ottenuti sulla diagonale sinistra è decisamente importante. Roger non molla, innalza la pressione, recuperando il break e chiudendo in un tripudio di emozioni difficilmente descrivibile con le parole. Le leggende sono tornate, almeno temporaneamente, dimostrando al mondo intero di avere una grossa voce in capitolo nel panorama tennistico mondiale. L’incognita riguarda ovviamente il futuro.

I mesi seguenti superano addirittura le aspettative: Roger e Rafa si sfidano altre due volte. Lo svizzero sembra ormai aver definitivamente invertito il peso psicologico della sfida, che in passato lo vedeva succube dello storico avversario. Oltre a miglioramenti di natura tecnica, quali una maggiore aggressività ed un rovescio più incisivo, Federer ha il pieno controllo emotivo della situazione e costringe Nadal a snaturare fino al limite massimo il suo gioco. Negli ottavi di finale di Indian Wells, in particolare, il pluricampione di Wimbledon si impone con un nettissimo 6-2 6-3 senza incontrare mai delle difficoltà: è totalmente padrone del campo, si esalta e regala giocate magnifiche. Il replay immediato si ha nella finale di Miami, dove ci si attende un Nadal diverso per limitare la rinnovata fiducia dell’avversario. Ed invece, nonostante un maggiore equilibrio, è ancora la tattica dello svizzero a prevalere nettamente: 6-3 6-4 e terzo titolo in tasca in un 2017 per lui a dir poco memorabile. I rapporti di forza si sono così capovolti definitivamente, ma la stagione è ancora lunga ed il “Fedal”, la rivalità più bella degli ultimi anni, avrà ancora modo di andare in scena.

Australian Open 2017.

I numeri, ovviamente, non fanno altro che confermare la grandezza dei due giocatori ed anche, perché è giusto che sia così, fomentare la sfida tra i tifosi. Federer è il tennista con il maggior numero di Slam nella storia del tennis nell’era Open, recentemente salito a quota 18. Al secondo posto di questa speciale classifica, tanto per cambiare, si colloca Nadal, a quota 14. Nei confronti disputatisi negli Slam, però, Rafa è in vantaggio 9-3 (6-3 in finale); anche con questo dato, si spiega l’impressionante 23-14 in suo favore negli scontri diretti. Il maiorchino è stato l’unico a dominare in modo così netto lo svizzero, sì fisicamente ma soprattutto mentalmente. Entrambi hanno poi conquistato il Career Grand Slam: altrimenti non poteva essere per giocatori di questo calibro. Affascinanti, però, non sono soltanto i numeri, ma le differenti idee nello stare sul campo e nell’intendere in generale il modo di giocare a tennis.[tps_title]Un’immensa eredità[/tps_title]

Da sempre, nello straordinario e variegato mondo del tennis, abbiamo assistito a rivalità passate poi alla storia; per restare in un’epoca piuttosto recente, pensiamo a Borg e McEnroe piuttosto che ad Agassi e Sampras. Certo, si tratta di periodi (per la prima in particolare) diversi tra di loro, e da allora il nostro meraviglioso sport è andato incontro a cambiamenti piuttosto importanti sotto tutti i suoi aspetti. Tutte queste sfide hanno però un tratto comune, che è poi l’essenza dello sport stesso: sono state in grado di coinvolgere ed unire milioni di persone; e di emozionarle, soprattutto. Che non è poco.

Il rapporto tra Federer e Nadal va oltre il mero confronto sul campo. A sostegno di ciò, si può fare riferimento all’ultimo episodio che li ha coinvolti. Rafa inaugura la sua accademia di tennis, una struttura dotata di ogni necessità per la crescita e lo sviluppo del giovane che si vuole avvicinare a questo sport. Ospite dell’evento? Roger Federer. Non poteva essere altrimenti. E’ l’occasione, ancora una volta, per rimarcare la valenza e l’unicità della loro rivalità, che è limitata al campo di gioco; fuori, rispetto e stima reciproca e la consapevolezza di aver creato un qualcosa di unico nella storia.

Rispettosi ma opposti. Lo svizzero è l’emblema mondiale dell’eleganza, dello stile e della classe. Sempre impeccabile, in qualsiasi circostanza, anche dopo ore di gioco. La personalizzazione dei suoi capi di abbigliamento per le partite si spinge fino a livelli estremi: a Wimbledon, in finale, si presenta spesso con giacca elegante bianca e pantalone annesso. In campo, Roger si distingue come un tennista pulito, dal gesto fluido e piacevole da ammirare; tecnica di base eccelsa, preposta al gioco d’attacco. Dritto micidiale, ottimo servizio, volée e posizionamento a rete da manuale ed un rovescio in crescendo rispetto al passato. Guardare Federer calcare i campi è un piacere per gli occhi; a volte viene da chiedersi come sia possibile che, da gesti così eleganti, possano fuoriuscire colpi di tale violenza. L’esecuzione del drop è una carezza, nient’altro. Poter ammirarlo è semplicemente un privilegio: chip&charge, dritti in ciop e la celebre SABR sono residui di un tennis così vario che potrebbe non esistere più. 

Dall’altro lato, troviamo un giocatore totalmente diverso. Il primo Nadal ha poco a che vedere con l’eleganza: canotta, pantaloncini sotto al ginocchio e una tecnica di esecuzione dei colpi molto meno pulita. Ogni impatto con la palla sembra quasi una lotta. Eppure, proprio grazie a ciò, Rafa introduce nel circuito un colpo “nuovo” ed unico, foriero delle sue fortune: il dritto, la famosa chela mancina, capace di produrre rotazioni esasperate. Se i suoi diretti avversari imprimono alla palla una rotazione di circa 2500 giri/min, Nadal è in grado di raddoppiare questo dato. Risultato? Una pallina a tratti ingestibile, specialmente sul rosso e contro avversari che impattano il rovescio ad una mano. Questo è uno dei motivi del predominio di Rafa negli scontri diretti con Roger. Negli anni, però, il maiorchino ha avuto il merito di evolvere e migliorare il suo gioco, senza sconvolgerlo, aggiungendo piccoli tasselli che gli hanno permesso di diventare un giocatore più completo, a tratti più offensivo, capace di imporsi anche sul veloce. Qui sta la principale grandezza di Nadal: l’umiltà, che non ha mai perso nemmeno quando si è trovato al comando. 

Trentasette scontri diretti, nove finali Slam: è sempre stata, in questi anni, la partita più attesa e desiderata. Non vorremmo mai smettere di ammirare i loro scambi. La maggior parte dei tennisti giocano in modo “simile”, proponendo schemi affini tra di loro. Nel caso di Nadal e Federer, il duello è fondato su concezioni tennistiche diametralmente opposte, il cui scontro provocava ogni volta giocate improvvise e sbalorditive. E’ sufficiente visionare un qualsiasi video dei loro punti più belli: di umano, a tratti, c’è ben poco. Sarà difficile fare a meno dei passati in corsa dello spagnolo e dei ricami dello svizzero; dei loro scambi interminabili, del loro coinvolgimento emotivo e dei loro continui confronti. Privilegiati nell’ammirarvi, possiamo solo dirvi: grazie Roger, grazie Rafa.

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