Muguruza e Sumyk, che senso ha andare avanti così?

Sam Sumyk-Garbine Muguruza

Ogni sodalizio è fondato su un equilibrio. C’è chi riesce a trovarlo attraverso il conflitto, ma il rischio è quello di un progressivo logorio da inasprimento dei toni. Vale in tutti i rapporti, compresi quelli professionali. Ad osservare la complicata relazione sportiva tra Garbine Muguruza e il coach Sam Sumyk, l’impressione è che il punto di non ritorno sia stato raggiunto e stupirebbe se i due si ripresentassero insieme ai nastri di partenza della stagione 2019. Considerare insensata la prosecuzione della partnership Muguruza-Sumyk non è un voler sminuire uno tra l’atleta e il tecnico. Per dirla in modo semplice: tennisticamente non funziona più.

A parlare non sono solo i continui litigi tra i due, che spesso si sono esibiti in spettacoli poco edificanti, ma una stagione fallimentare. Difficile che Garbine Muguruza possa considerare positivo un anno chiuso da numero 18 del mondo e con il palmarès rimpinguato dal titolo di Monterrey. Indecifrabili anche alcune prese di posizione della ex numero 1. Nel 2017 affiancata da Conchita Martinez e senza Sam Sumyk (trattenuto lontano dai campi per motivi familiari), la tennista iberica ha vinto Wimbledon. Garbine Muguruza si è precipitata ad attribuire i meriti del secondo Slam in carriera proprio a Sumyk. Con l’ex capitano della rappresentativa spagnola in Fed Cup il discorso si è riaperto quest’anno ed è durato da Doha (dove la Muguruza ha perso in finale da Petra Kvitova) a Miami. Il motivo lo ha spiegato a suo tempo la stessa Martinez: “La mia collaborazione con Garbine si interrompe con Miami. Lei ha deciso di tornare a lavorare a tempo pieno con il suo allenatore. Auguro il meglio per il proseguo della stagione alla Muguruza e al suo team”.

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Tecnicamente alla Muguruza poco si adatta il gioco a trazione anteriore che Sam Sumyk le chiede. La campionessa del Roland Garros 2016 e Wimbledon 2017 ha spesso palesato evidenti limiti nei paraggi della rete. Tutto funziona se si tratta di chiudere con uno schiaffo al volo e a punto fatto, molto meno se si passa all’argomento volée e al senso della posizione. La mancanza di feeling quanto il fatto che Sumyk e la Muguruza parlino due lingue tennistiche diverse sono stati evidenti nell’ultimo coaching che tanto ha fatto discutere. Quello del Wta Elite Trophy di Zhuhai, chiuso con il tecnico transalpino che mandava a …quel paese la propria assistita.

Sumyk domandava alla Muguruza di essere più aggressiva e come risposta alle difficoltà espresse dalla spagnola, che sosteneva quanto angolati e potenti fossero i colpi di Qiang Wang, l’allenatore ha spostato il discorso sugli stati d’animo della tennista. Lui: “Sei arrabbiata, non parlo per principio con le persone arrabbiate”. Lei: “Non sono arrabbiata”. A seguire il finale con parolaccia e gesto plateale di Sumyk. Da quel momento la Muguruza, che era sotto 3-2 nel primo set, non ha più conquistato un game. Risultato: 6-2, 6-0 per la Wang. Il problema non sono i termini poco ortodossi, che anche la Muguruza utilizza spesso e volentieri (ad esempio quando a Miami 2017, si rivolse a Sumyk con un non proprio Oxfordiano “Chiudi quella c***o di bocca”), ma il fulcro è nel perché si perseveri con modalità comunicative e impostazioni tattiche che quanto a risultati lasciano parecchio a desiderare. Se tutto si ripeterà nel 2019 ci sarà davvero da interrogarsi sul motivo che spinge un valido allenatore a fossilizzarsi, e sulla mancanza di coraggio di una due volte campionessa Slam posta davanti a un bivio. Lasciare le cose come stanno e accontentarsi a chi giova? L’ultima questione riguarda sia la Muguruza che Sumyk.

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