Wta on Broadway, atto secondo: la prima volta di Simona Halep, il saluto di Roberta

La commozione di Simona durante la premiazione

La luce calda e giallognola scema lentamente mentre il pubblico è già in attento silenzio. Qualche ritardatario si fa strada a tastoni e a suon di ‘permesso’ e ‘mi scusi’ sussurrati. Un fascio di luce si accende e illumina la scena: USA, Carolina del Nord, più precisamente Charleston, l’unico torneo del circuito giocato su terra verde. Vinto in passato da tutte le migliori giocatrici americane, ultima cronologicamente Sloane Stephens, questa volta premia il tennis completo dell’olandese Kiki Bertens, già protagonista al Roland Garros 2016, quando arrivò tra le ultime 4. Potenza, palla carica e grande voglia di dare una svolta ad una carriera che sembrava parcheggiata, in finale Kiki lascia le briciole a Julia Goerges e conquista il suo primo Premier. Nel frattempo, nel torrido caldo di Monterrey, Garbine Muguruza vince il primo titolo da Cincinnati 2017 lasciando un solo set per strada. Alti e bassi per lei, capace lo scorso anno di vincere il secondo Slam, raggiungere la vetta del ranking e candidarsi a possibile dominatrice del circuito. Le settimane che seguono delineano perfettamente le protagoniste di questa parentesi sui campi in terra europei, che si spartiscono International e Premier lasciando poco spazio alle comparse e alle giocatrici meno adatte al rosso. Sorpresa di questa primavera, ma in fondo neanche troppo, è Karolina Pliskova, già semifinalista nello Slam parigino meno di 12 mesi fa. Colpi piatti e gran servizio, non proprio la descrizione della maggior parte delle specialiste, ma grazie alle condizioni indoor di Stoccarda e all’altura di Madrid, la ceca riesce a raccogliere il primo titolo e la prima semifinale a livello Mandatory dell’anno. La lasciamo un attimo in disparte, la rivedremo presto a Roma, dove si parlerà di lei. Nel frattempo, un’altra nativa della Repubblica Ceca prende il centro della scena: con 11 vittorie consecutive e i titoli di Praga e Madrid, Petra Kvitova sembra scatenatissima e pronta a lanciarsi verso l’Eden del ranking. Con il titolo vinto alla Caja Magica Petra è già a quota 4 trofei in stagione, e non siamo nemmeno a metà di questo spettacolo. Piovono applausi dalla platea, così come dai decorati balconcini del teatro, ad acclamare non solo la migliore giocatrice ceca di questi ultimi anni, ma anche Kiki Bertens, che non soddisfatta dal titolo a Charleston raggiunge anche la finale a Madrid al termine di una settimana da incorniciare, con le vittorie di prestigio su Wozniacki, Sharapova e Garcia.

Petra Kvitova, una delle protagoniste della prima parte del 2018.
Petra Kvitova, una delle protagoniste della prima parte del 2018.

Più in sordina, ma non inosservata, un’altra giovane tennista si fa avanti e mostra di saper utilizzare le proprie geometrie anche sui campi in terra. Si tratta di Elise Mertens, belga classe 1995 ed erede di una piccola nazione che ha saputo però creare due talenti unici quali Henin e Clijsters. Dopo aver deliziato e sorpreso il pubblico a Melbourne raggiungendo un’inaspettata semifinale, Mertens torna a macinare vittorie a Lugano e a Rabat, con in mezzo un weekend eccezionale contro le ragazze azzurre, a Genova. Nulla da fare per Paolini ed Errani, che si sono trovate davanti ad un fiore che sta sbocciando, di cui ancora si può solo immaginare il risultato finale. È bene far notare al pubblico chi sia la finalista del torneo di Lugano, nome ancora semi-nuovo ai più. Aryna Sabalenka, un tornado bielorusso che si abbatte con potenza sul campo e può annientare chiunque le si pari davanti. Un diamante grezzo, che sotto la guida di un allenatore d’eccellenza come Dmitrij Tursunov potrebbe puntare davvero in alto. Per il momento la lasciamo così, una Penelope che con i suoi colpi fa e disfa la partita, finendo per essere a volte la causa della propria sconfitta. Le scene che seguono però, superano di gran lunga tutto ciò che si è detto finora.

14 maggio, ore 14. Una folla in piedi applaude per lunghi minuti, il viso di qualcuno è rigato da una lacrima, non lo è invece quello della protagonista. È con un largo sorriso che Roberta Vinci saluta il pubblico romano per l’ultima volta, al termine di una partita in cui si è fatta rimontare da Alexandra Krunic. Un addio più volte rimandato, tanti ripensamenti, dubbi, paure. Non c’è più nulla di tutto ciò, solo un senso di leggerezza e la felicità per le soddisfazioni toltesi in questi ultimi 3 anni. Quella vittoria su Serena Williams, probabilmente il miglior match mai vinto da un’azzurra, la finale con Flavia agli Us Open, l’ingresso in top10 e la vittoria nel Premier di San Pietroburgo, senza considerare le 4 Fed Cup e il Grand Slam completato con Sara Errani in doppio. L’intero Pietrangeli si scoglie nel vedere il video-tributo, mentre Roberta ringrazia chiunque abbia contribuito a questa immensa carriera. Un altro importante capitolo della storia del tennis italiano si chiude, in attesa che altri vengano aperti.

16 maggio. 5 pari, 30 pari, terzo set. Una pallina viene scagliata verso il cielo azzurro di Roma, scompare nel sole per poi scendere rapida verso il rettangolo di gioco. Rimbalza, prima di essere colpita con forza da Karolina Pliskova, per finire poi vicina alla riga laterale destra, verso il rovescio di Maria Sakkari. Vicina alla riga, sì, ma dentro al campo, come gli spettatori -e la stessa Sakkari probabilmente- possono confermare. A non pensarla così sono invece i giudici, sia di sedia che di linea, per i quali la palla è uscita, ma apparentemente senza lasciare un segno. Solitamente è molto complicato scorgere delle emozioni sul volto dell’imperturbabile ceca, ma non questa volta, e visto il momento delicato del match è difficile darle torto. Pochi minuti dopo le giocatrici si trovano a rete a stringersi la mano, con la greca che strappa il pass per gli ottavi di finale. Quella che segue è una reazione mai vista prima da parte della 26enne di Louny, che si avvicina alla sedia dell’arbitro e ne distrugge una parte a racchettate. Uno sfogo violento, eticamente esagerato ma umanamente più che comprensibile. Pliskova è però una grande professionista e saprà presto dimenticare l’accaduto, sarà forse più difficile dimenticarlo per la giudice Mrozinska, autrice di uno dei peggiori errori arbitrali della stagione.

A concludere la settimana al foro italico è Elina Svitolina, che deve lottare soltanto per un set contro Simona Halep prima di prendere il largo e volare verso la linea del traguardo. Difesa del titolo dunque completata, cosa che nel torneo di Roma succede decisamente più spesso rispetto agli altri (dal 2000 in poi si contano le doppiette di Mauresmo, Jankovic, Sharapova e Serena Williams, oltre a Svitolina). Ancora una volta titolo rimandato per Halep, che non vince un torneo di categoria Premier o superiore da quello di Madrid 2017, più di 12 mesi fa. Ma arrendersi non fa decisamente parte della sua natura. Ultima nota dolce della settimana romana, viene finalmente annunciata la fine dei diverbi tra la Federazione Italiana e Camila Giorgi. Una tensione che non giovava a nessuno, e che ridà alla nazionale una singolarista d’eccellenza per provare a tornare tra le migliori.

Un paio di settimane dopo si torna a parlare di tennis azzurro, e lo si fa a Parigi, sui più importanti campi in terra rossa al mondo. Il palcoscenico più prestigioso per le amanti della lotta e dei recuperi in scivolata, oltre che per le francesi. A far sognare gli spettatori italiani è Deborah Chiesa, già protagonista in Fed Cup, che giunge davanti alla linea del traguardo contro la ben più titolata Belinda Bencic. Nel momento di chiudere arriva però il blackout, più che comprensibile per una ragazza al primo main draw Slam. Una sconfitta che fa male e che sembra lasciare un segno all’allieva di Piccari, almeno per i mesi seguenti. Un peccato, perché il tennis mostrato, nonostante la sconfitta, non è quello di una top200 o oltre.

Nel frattempo, il torneo comincia con pochi scossoni ma decisamente più gossip. Oggetto di tante e spesso inutili discussioni è stata Serena Williams, o meglio il suo abbigliamento. Alla sua entrata in campo si leva un gran chiacchiericcio dalla platea, con gli spettatori sorpresi davanti ad un abbigliamento così insolito. Una tuta nera aderente che copre interamente le gambe, disegnata appositamente per la neomamma per aiutare la circolazione sanguigna negli arti inferiori. La prima a cui non è andato giù questo abbigliamento è stata la sua avversaria, Krystina Pliskova, ma non si sono risparmiati nemmeno diversi giornalisti e commentatori, mentre altri hanno difeso, o almeno accettato e rispettato, la scelta di Serena. Ironico come molti di coloro che sono pronti a cambiare le regole di questo sport in favore dello spettacolo siano tra coloro che rimangono ancorati alla necessità di un abbigliamento standard e “più sobrio”. Come sempre, Serena poco ha da preoccuparsi delle futili chiacchiere e gioca un ottimo torneo, arrendendosi solo ai fastidi fisici. La prima big a crollare è Elina Svitolina, seguita a ruota da Kvitova e Wozniacki. Mentre Sharapova e Muguruza si ritrovano e Halep continua in silenzio il suo cammino, a sorprendere è il torneo di Sloane Stephens. Miracolata nel match contro Camila Giorgi, da lì in poi la statunitense prosegue il suo cammino senza alcuna difficoltà e si prende un posto in finale. Ad attenderla c’è Simona Halep, che senza affrontare troppi momenti complicati ha saputo far valere la propria testa di serie. Il primo set va alla campionessa in carica degli Us Open, che sembra aver trovato improvvisamente il feeling con il mattone tritato, ma ha davanti una giocatrice pronta a tutto per non perdere la quarta finale Slam su 4 giocate -3 al Roland Garros-. Una rimonta che mostra tutte le doti di Simona Halep, da quelle fisiche a quelle mentali, e che le permette finalmente di sbloccarsi. Dopo 3 finali perse al parziale decisivo, è il suo turno di sollevare il trofeo e mostrarlo ai tanti tifosi rumeni presenti: il primo Slam e la vetta del ranking sono tutti suoi.

Tutti in piedi in questo finale di atto, con tante immagini ancora fresche: il trofeo di Simona, la tuta di Serena, il sorriso di Roberta e la furia di Karolina. Ma cosa può riservare il proseguimento della stagione? Chi vincerà uno Slam davanti agli occhi della regina d’Inghilterra e chi invece si troverà a suo agio con il rimbalzo alto e veloce dei campi nel Nordamerica? Le luci si accendono ed è tempo di fare uno spuntino al bar.

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