I coach nel mirino: Toni Nadal

Nessun altro allenatore di tennis può vantare un numero così considerevole di allori nella storia del tennis, conquistati insieme al suo pupillo e nipote Rafael Nadal. Ogni storia però ha una fine: agli Us Open 2017 Toni ha smesso di seguire il n. 1 per dedicarsi alla sua Accademia.

«Dall’anno prossimo non seguirò più Rafa nel circuito, ma mi dedicherò solo alla nostra Accademia, voglio occuparmi della formazione dei giovani talenti». A Febbraio, con queste parole Toni Nadal, celebre zio e coach del fenomeno maiorchino annunciava una delle separazioni più inaspettate della storia del tennis. Tutto ha un inizio e tutto ha una fine, ma il rapporto fra questa celebre coppia che ha portato a Manacor sedici Slam di cui dieci Roland Garros sembrava inscindibile. Invece, gli US Open 2017 sono stati l’ultimo “major” di Toni Nadal.

Rafa, dopo aver dominato nella finale di New York il sudafricano Kevin Anderson 6-3 6-3 6-4 ha ringraziato il suo allenatore, ancora una volta fondamentale per questa ennesima vittoria. “Toni mi ha reso un uomo più forte” ha dichiarato Nadal domenica, nel corso della premiazione. Dietro a queste poche parole si cela una serie infinita di ricordi, centinaia e centinaia di allenamenti e partite insieme, tante vittorie e momenti fantastici, le innumerevoli coppe morse da Nadal. Si celano anche i momenti difficili, quelli costellati da sconfitte e dai tanti infortuni, i momenti critici di un incontro e i consigli spudoratamente malcelati di zio Tony. Si celano le interviste volutamente provocatorie di Toni, in netto contrasto con le parole sempre diplomatiche del nipote. Scorrono come in tanti flashback il sudore e le lacrime, le ore passate in campo che hanno sempre accompagnato le vittorie e le cadute di Rafa. Scorrono gli stratagemmi di un allenatore che è sempre stato un incredibile motivatore, capace di non far mai sentire arrivato un campione. Nessun altro allenatore può vantare un numero così importante e considerevole di allori nella storia del tennis, nessun altro uomo ha avuto un’influenza così decisiva su uno dei giocatori più forti di tutti i tempi cui ha fatto da coach, da zio e da mentore.

Toni e un giovanissimo Rafa Nadal
Toni e un giovanissimo Rafa Nadal

Antonio Nadal Homar nasce a Manacor, comune spagnolo situato nella zona orientale dell’isola di Maiorca, a circa 50 km da Palma di Maiorca, il 21 Febbraio del 1961. Toni ha tre fratelli e una sorella. Sebastian è il padre di Rafa, suo fratello minore Miguel Angel è stato un giocatore di calcio professionista diventando alfiere del Barcelona (squadra di cui Toni e tifosissimo) e della nazionale spagnola. Toni Nadal ha studiato legge e storia all’università e ha provato a partecipare a diversi sport, tra cui calcio, ping pong (dove ha conseguito il titolo di campione juniores delle isole Baleari) e nuoto. Si innamorò del tennis grazie a Ilie Năstase che nel 1972 vinse il torneo di Barcelona. Tony aveva undici anni e tre anni dopo decide di cimentarsi con una racchetta in mano. Lo spagnolo si rende subito conto di aver iniziato a giocare troppo tardi per avere delle aspirazioni come tennista professionista e quindi decide di intraprendere la carriera di coach. Inizia a lavorare come istruttore di tennis e come manager in un circolo a Manacor. Una volta ottenuto il patentino di allenatore inizia a seguire diversi giovani tennisti e la sua bravura unita alle grandi capacità motivazionali e organizzative gli consentono di diventare responsabile del “tennis club Manacor”. La svolta avviene nel 1989 quando Toni ha iniziato ad allenare suo nipote Rafael Nadal, quando l’attuale numero uno del mondo aveva solamente tre anni.

Una sorta di leggenda del tennis mondiale racconta che lo zio allenatore abbia costretto Rafa a giocare con la mano sinistra, mentre Toni ha sempre sostenuto di avergli semplicemente insegnato a giocare con due mani interscambiabili. Il piccola Rafa, infatti, giocava sia dritto sia rovescio a due mani, Un giorno zio Toni gli disse: “Quanti campioni ci sono che giocano o hanno giocato il dritto a due mani?”. Da lì la decisione di staccare una mano, almeno per il dritto. Stranamente per Nadal bambino, seppur destrorso venne naturale usare il braccio sinistro. Quindi fu una scelta casuale, dettata dalla predisposizione del piccolo, non una scelta tecnica imposta dallo zio. Nadal ha descritto lo stile di coaching di suo zio come “difficile”, Toni pretendeva molto da lui, mettendogli talvolta troppa pressione affinché avesse successo e diventasse un tennista importante. Si narra che quando Rafael era molto piccolo, era tanto intimorito dal carattere autoritario del suo allenatore che era molto nervoso quando prendeva lezioni da solo con Nadal, oppure spesso tornava dagli allenamenti in lacrime. Che sia verità o leggenda metropolitana, Toni è proprio questo, un uomo spigoloso, che parla poco che credeva che essere un allenatore così duro avrebbe reso i suoi allievi uomini migliori e grandi giocatori di tennis.

Rafa abbraccia Toni dopo la vittoria al Roland Garros 2014
Rafa abbraccia Toni dopo la vittoria al Roland Garros 2014

Toni Nadal si è sempre sforzato di insegnare ai giocatori di essere responsabili e rispettosi sempre dediti al lavoro e alla fatica. Testardo e orgoglioso, non ha mai voluto soldi da suo nipote, ma ha sempre voluto essere indipendente da un punto di vista economico. “Quando Rafael ha cominciato a essere un professionista non ho mai voluto che mi pagasse, perché ho sempre voluto essere in grado di dirgli ciò che volevo e, soprattutto, non ho mai voluto essere sotto la tutela economica di mio nipote. Questo mi permette di dire quello che desidero”. “Se dovessimo ricominciare da capo, penso che farei lo stesso. Devi essere il boss. A volte vedo allenatori che sono asserviti, che piegano la testa legando la racchetta ai capricci del giocatore. Vengo da una generazione dove si doveva portare rispetto alle persone anziane e non posso accettare un atteggiamento diverso”. Il talento non è sufficiente per formare un campione. Ci vuole abnegazione, mentalità vincente, spiccata intelligenza tattica. Toni Nadal è stato l’artefice di tutto questo, plasmando Rafa in modo molto pragmatico, sfruttando in modo terribilmente efficace il vantaggio di giocare con la mano sinistra.

Lo stile di gioco di Rafael Nadal è quello del classico giocatore di pressione da fondo campo, un forte difensore, capace di contrattaccare grazie a colpi aggressivi, potenti e carichi di topspin. Specialmente il dritto, la famosa “Chela mancina” è devastante e permette allo spagnolo di chiudere i suoi avversari sull’angolo del rovescio per poi spingere non appena accorciano. Per rendere efficace questo stile, lo spagnolo ha bisogno di doti fisiche notevolissime: i due hanno lavorato tantissimo sia sulla velocità nel breve sia sul fondo, sia sulla muscolatura sia nel gioco di gambe, sulla potenza, sulla tenuta e l’equilibrio. Grazie a queste caratteristiche, e alla capacità di colpire bene anche in corsa, Nadal è in grado di eseguire recuperi impressionanti, e di arrivare a tirare un vincente pur partendo da posizioni di difesa e remando molti metri dietro la linea di fondo. Nadal non è un giocatore che ti sommerge di winner ma riduce al minimo il numero di errori non forzati costringendoti a giocare degli scambi interminabili. Il servizio non è un’arma di distruzione di massa, ma molto preciso e penetrante. Rafa è letale specialmente da sinistra dove grazie allo schema servizio esterno e dritto in lungo linea avrà annullato centinaia di palle break in carriera.

PARIS, FRANCE - JUNE 11: Rafael Nadal of Spain and his coach, Toni Nadal celebrate with the trophy following the mens singles final against Stan Wawrinka of Switzerland on day fifteen of the 2017 French Open at Roland Garros on June 11, 2017 in Paris, France. (Photo by Adam Pretty/Getty Images)
PARIS, FRANCE – JUNE 11: Rafael Nadal of Spain and his coach, Toni Nadal celebrate with the trophy following the mens singles final against Stan Wawrinka of Switzerland on day fifteen of the 2017 French Open at Roland Garros on June 11, 2017 in Paris, France. (Photo by Adam Pretty/Getty Images)

I risultati dell’inscindibile connubio zio-nipote sono sotto gli occhi di tutti. Nel loro percorso insieme hanno vinto sedici titoli del Grande Slam su ventitré finali disputate, la medaglia d’oro olimpica nel singolare del 2008 e la medaglia d’oro olimpica nel doppio del 2016, trenta tornei ATP Masters 1000 (record condiviso con Novak Đoković), diciotto tornei ATP 500 (record condiviso con Roger Federer) e quattro Coppe Davis con la nazionale spagnola. Nadal ha mantenuto il primo posto della classifica ATP per un totale di 146 settimane, ed è stato l’unico giocatore nella storia del tennis maschile a vincere uno Slam (Roland Garros) per dieci volte, record destinato a rimanere imbattuto nella storia del tennis. “Sono sorpreso per la sua carriera. Perché guardandomi intorno vedo un sacco di giocatori che sono altrettanto bravi come lui: Andy Murray, Novak Djokovic e Richard Gasquet per esempio … Questi sono giocatori che, forse, hanno perfino un tocco più facile della palla. Tuttavia, Rafa, ha fatto una carriera migliore. Ha una incredibile intensità di gioco e una buona mentalità. Penso che abbia un miglior controllo mentale rispetto agli altri”. La loro storia è stata caratterizzata da tantissimi successi che hanno portato Rafa a diventare uno dei tennisti più forti di tutti i tempi. Ci sono stati anche i momenti di difficoltà, le cadute e gli infortuni seguiti dalla capacità di rialzarsi immediatamente. La bravura di Zio Toni è stata quella di continuare a insistere sulla strada vecchia anche nei momenti di difficoltà, quando sembrava ovvio che per tornare a vincere Rafa doveva cambiare qualcosa, diventare più aggressivo e spostare il suo baricentro in avanti.

Nel 2015 Nadal ha giocato il peggior anno della carriera senza vincere un titolo Slam e nessun ATP Master 1000, lo spagnolo giocava corto, sbagliava tanto, scentrava spesso l’amato dritto. Nessuno pensava che il nativo di Manacor potesse tornare nuovamente a certi livelli e invece Toni ci ha sempre creduto, ha cercato semplicemente di ricostruire piano piano la fiducia del nipote, lavorando nuovamente sulla sua mentalità, senza stravolgere il modo di giocare o rivoluzionare schemi consolidati. E come per magia il suo pupillo è tornato a colpire la palla di dritto e di rovescio con grande incisività, giocarsi la partita punto a punto, essere sempre concentrato e capace di fare la differenza nei momenti decisivi. Questo binomio vincente, però, sta per finire.

Con tante belle parole al miele “lascio perché a 56 anni è giusto che io stia più vicino alla mia famiglia. Sono stato felice di accompagnare Rafa in giro per il mondo, di vederlo crescere e conquistare successi. Sono felice e orgoglioso di ciò che ha fatto e di ciò che farà. Sa che ci sarò sempre se avrà bisogno di me”, ma anche con una punta di veleno nella coda: “Il rapporto con mio nipote è sempre ottimo, in tutti questi anni non abbiamo mai vissuto un momento di crisi – aggiunge – però fino ai 17 anni decidevo tutto io, poi è arrivato Carlos Costa come manager, si è avvicinato il padre, ognuno con le proprie opinioni. E la verità è che ogni anno io decido sempre meno, fino al punto di non decidere più niente“. In realtà segnali che il rapporto tra i due si fosse un po’ incrinato, c’erano stati già alla fine dello sciagurato anno 2015, quando qualcuno nell’entourage del mancino di Manacor aveva suggerito di far affiancare Rafa con qualche grande ex del passato, strada intrapresa dai suoi rivali più quotati: Federer, Djokovic, Cilic, Nishikori e Murray. Nadal aveva dato fiducia incondizionata a zio Toni e al suo lavoro ma nel dicembre 2016 ci ha ripensato visto che ha aggregato al suo staff Carlos Moya. Il rapporto fra Tony e Rafa è giunto all’ultimo atto, chi conosce il cinquantaseienne nativo di Manacor sa che andrà fino in fondo alla sua decisione. Termina dunque rapporto vero, duro e vincente, con tratti che sono destinati a rimanere oscuri e che non saranno mai chiari per nessuno, se non per loro due.

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