I magnifici otto: Andy Murray

"A bad year" per Andy Murray, il 2014; un'annata comunque "salvata" da una folle rincorsa verso le Atp Finals, iniziata a settembre e terminata con successo pochi giorni fa a Parigi. Ma quale Andy vedremo a Londra?

E alla fine ce l’ha fatta. Andy Murray, l’ex Fab Four, è riuscito ad agguantare in extremis la qualificazione agli Atp World Tour Finals. Un traguardo che salva, letteralmente, un’annata di certo non memorabile per lo scozzese di Dunblane che, dopo un biennio 2012-2013 da urlo, ha vissuto un periodo molto complicato.

“A bad year”. Lo stesso Andy ha definito in questo modo questo 2014, cominciato col recupero dal malanno alla schiena che lo affliggeva da molto tempo, che andava affrontato e risolto chirurgicamente: e così è stato. Il programma post-operatorio è stato lungo e molto incerto.

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Si sa che i guai non vengono mai da soli: l’infortunio ha preceduto la separazione da Ivan Lendl, il grande campione ceco che tanta parte ha avuto nel costruire i successi di Murray: un oro Olimpico a Londra 2012, il primo Slam vinto agli US Open, sempre nel 2012, e soprattutto la storica conquista dello scettro di Wimbledon, lo scorso anno.

Nonostante questa striscia di successi, il silenzioso Ivan aveva deciso di salutarlo a fine marzo, durante una cena, con grande stupore dello scozzese, che non si sarebbe mai aspettato una fine tanto repentina di un rapporto così stretto e che tanto gli aveva dato in termini di solidità mentale, nella capacità di gestire i momenti topici dei match, quello che era da sempre il suo tallone d’Achille.

Andy però ha saputo reagire e cambiare le carte in tavola – anzi capovolge il tavolo e con esso molte consolidate convenzioni, affidandosi all’ex n. 1 del mondo francese Amèlie Mauresmo, una collaborazione che ha fatto storcere il naso a molti. Il bottino del britannico era stato quanto mai magro fino a quel momento: appena una semifinale Slam al Roland Garros e tre quarti nelle altre prove major. Mai un acuto, al contrario, spesso si è assistito ad uscite anticipate e clamorose da tornei che lo avevano visto trionfare nel recente passato, come l’ottavo racimolato sull’erba del Queen’s, che lo aveva visto trionfatore nel 2013.

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L’uscita che fa più male è stata quella a Wimbledon, dove è eliminato perentoriamente da Grigor Dimitrov ai quarti di finale.
Scivolato al numero 12 del ranking, a luglio lo scozzese è fuori dai giochi che contano, dalla classifica cui ci ha abituati negli ultimi sette anni. Spesso si lascia andare in alcune sue dichiarazioni, in cui sembra di non tenerci troppo alla qualificazione alle Finals. Nessuno gli ha creduto, ovviamente.

E’ settembre il mese della svolta, il mese che fa comprendere quanto il suo pensiero, tutte le sue forze, la sua voglia fossero già là, a Londra, in mezzo ai più forti. Ed è qui che inizia una race nella race, una corsa contro il tempo che ha dell’incredibile.
Lo scozzese ha disputato ben sei tornei in sei settimane e si aggiudica i titoli di Shenzen, Vienna e Valencia, con gli ormai leggendari dieci match points annullati al povero Tommy Robredo nelle due ultime finali. A Valencia è protagonista del match più emozionante della stagione contro lo spagnolo, mostrando un livello di gioco che sembra essere tornato quello dei tempi migliori. La collaborazione con la Mauresmo sembra dare i frutti sperati, ed in molti sono costretti a ricredersi. Ma le perplessità sull’effettivo recupero di Andy rimangono.

Tommy Robredo shares a moment of humour with Andy Murray

Nell’ultimo Master 1000 della stagione, disputato a Parigi Bercy, Murray viene travolto nei quarti dal neo-papà Novak Djokovic in modalità robot-killer; pur strappando il pass per le Finals, questa sconfitta ha confermato che il ritorno al livello dei bei giorni andati è tutt’altro che definitivo.

I risultati ottenuti durante l’intero anno dicono infatti che Murray non ha mai battuto nessuno dei migliori. La corsa di Murray si è conclusa in modo positivo, con grande sollievo del britannico, del suo team e dei tifosi. Ora però quanto grande sarà, se ci sarà, il prezzo da pagare per uno sforzo così intenso e prolungato? Andy è davvero tornato ai suoi livelli, ai livelli dei Fab Four? E’ di nuovo quel mostro di resistenza capace di giocare a ritmi elevatissimi un gran numero di partite?

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Tanti sono gli interrogativi  che accompagnano la partecipazione dello scozzese a questo Masters. Un’altra curiosità è capire quanto sarà grande l’accoglienza riservata dal pubblico della O2 Arena allo scozzese il quale, ai tempi del referendum di settembre, si era dichiarato esplicitamente favorevole all’indipendenza da Londra. I dubbi  inizieranno a sciogliersi nel pomeriggio di domenica alle 15 ora italiana quando lui e la matricola Kei Nishikori avranno l’onore di inaugurare il torneo che sceglierà il migliore, che incoronerà… il Master.

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