Il tennis: un affare di famiglia (seconda parte) – Family Business

Continuiamo la nostra carrellata, ricordando stavolta alcune delle più importanti “famiglie” (cioè con almeno tre esponenti, secondo il criterio scelto all'inizio) attive nel circuito tennistico pro.

 Continuiamo la nostra carrellata, ricordando stavolta alcune delle più importanti “famiglie” (cioè con almeno tre esponenti, secondo il criterio scelto all’inizio) attive nel circuito tennistico pro. QUI  la prima parte.

di Andrea Cherchi

Una famiglia “storica”, e non poco affascinante, del tennis è senza dubbio quella indiana degli Amritraj: era del 1952 il primogenito Anand che ottenne pochi risultati di rilievo in singolare (best ranking il 74° posto) ma conquistò 12 titoli in doppio (8 in coppia col fratello Vijay), specialità nella quale fu n°24 del mondo e si espresse su ottimi livelli in Coppa Davis. Personaggio meraviglioso fu il fratello minore Vijay (classe 1953), giocatore elegante e raffinato, gentiluomo come pochissimi se ne ricordano, forse penalizzato nella sua pur ottima carriera dal fatto di non essere un “fighter”: di lui, al massimo sedicesimo nel ranking Atp, si ricordano i 16 titoli in singolare (tra di essi Washington, Memphis e alcune edizioni del torneo di Newport) e 13 in doppio. Ottenne vittorie contro quasi tutti i big, da Rod Laver a Bjorn Borg, da Jimmy Connors (battuto ben 5 volte in carriera) a John McEnroe, quest’ultimo sconfitto a Cincinnati addirittura nel suo anno “magico”, il 1984, nel quale perse solo tre match.

Tantissimi furono gli incontri persi al quinto, sul filo di lana: si ricordano quello di Wimbledon 1979, quando al secondo turno fu davvero ad un passo dall’impedire il quarto titolo consecutivo di Bjorn Borg, e sempre a Wimbledon nel 1973, quando perse un match quasi vinto contro il futuro campione Jan Kodes nei quarti di finale. Infine fu, col fratello Anand, protagonista assoluto nella squadra indiana che raggiunse la finale in Coppa Davis nel 1974 (finale col Sudafrica poi non disputata per protesta contro il regime di apartheid sudafricano); fece anche parte del team che raggiunse la finale nel 1987 (netta sconfitta in finale contro l’imbattibile Svezia), edizione nella quale si ricorda un match epico vinto in cinque set, a ben 34 anni, contro l’argentino Martin Jaite.

Uomo molto signorile e misurato gode a tutt’oggi di grande stima e rispetto, ed è dedito a straordinarie attività di carattere umanitario. Meno fortuna, in ambito tennistico, ebbe il terzo fratello Ashok: classe 1957: nella seconda metà degli anni ’70 si avvicinò intorno al duecentesimo posto mondiale, ma abbandonò presto la carriera tennistica, preferendo quella cinematografica. E’ divenuto infatti un importante e facoltoso produttore (circa 100 film prodotti, fra cui anche il recente Dylan Dog); per restare in campo cinematografico, si ricordano dei divertenti “cameo” dei fratelli Anand e Vijay in alcuni capitoli della saga di James Bond, Agente 007.Anche i figli di Anand (Stephen) e Vijay (Prakash) hanno tentato, senza troppo successo, la carriera professionistica: il secondo dei due, residente negli USA, in realtà ha ottenuto qualche discreto risultato in tempi recenti, prevalentemente nei circuiti challenger e futures, avvicinandosi al 150°posto mondiale.
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Ci pare d’obbligo proseguire con la famiglia più “tennistica” di Spagna, capace di mettere in campo tre elementi niente male. Parliamo naturalmente dei fratelli Sanchez. Il più grande Emilio (classe 1965) è stato un eccellente singolarista, capace di giocare ad alto livello per oltre una decina d’anni e di raggiungere il settimo posto mondiale, raccogliendo allori importanti (16 titoli in tutto): giocatore brillante e poliedrico, oltre che uomo intelligente ed educato, giocò bene un po’ su tutte le superfici, vincendo, tra l’altro, il torneo di Roma (1991, fu finalista anche nel 1986), Barcellona, Nizza e Sidney (sul cemento). In doppio è stato uno dei più grandi specialisti dell’ultimo ventennio, mettendo in bacheca ben 50 titoli, di cui 44 col fido connazionale Sergio Casal, e occupando la prima poltrona mondiale: anche tre Slam nel suo palmares, due volte il Roland Garros (1988 e 1990) e una volta gli Us Open (1988). Pure il fratello minore Javier (1968) fu un buon giocatore, seppure meno forte di Emilio: versatile e brillante, mise nel carniere 4 successi e 8 finali in singolare (best ranking n°23) e ben 26 in doppio (fra cui Indian Wells, due volte Amburgo e due volte Barcellona), ottenendo vittorie con grandi giocatori (ex-numeri uno come come Courier, Rafter e Muster, ma anche con Sergi Bruguera) e raggiungendo i quarti di finale sia agli Us Open che in Australia.

Ultima in ordine di nascita, ma di gran lunga la più forte, fu naturalmente Arantxa (1971), capace di raggiungere il vertice della classifica mondiale WTA sia in singolare (anche se per poche settimane) che in doppio: su di lei sarebbero sin troppi gli aneddoti e gli episodi da citare, avvenuti in una carriera ricchissima di soddisfazioni e di epiche sfide, con “monumenti” del nostro sport quali Steffi Graf, Monica Seles o Gabriela Sabatini. Menzioniamo alcuni dei titoli che hanno impreziosito una carriera semplicemente straordinaria: tre titoli al Roland Garros (1989,1994,1999), uno agli Us Open (1994), più due finali a Wimbledon e due in Australia. In doppio ha vinto invece tutti gli Slam tranne, curiosamente, proprio il Roland Garros (dove perse due finali). Per lei un saldo di 29 successi in singolare e 69 in doppio.
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Negli U.S.A, fra gli anni ’70 e ’80, si ricordano tre tennisti, di cui però solo uno ebbe un certo successo: si tratta dei fratelli Mayotte. Il più grande John (classe 1948) non ottenne alcun risultato di rilievo, pur rimanendo nel settore, sia come insegnante che come manager di alcune squadre del WTT. Il secondogenito Chris, del 1952, combinò qualcosa di buono, avvicinandosi al centesimo posto mondiale in singolare ed entrando fra i top 100 in doppio, specialità nella quale si aggiudicò 3 titoli. Dei tre il più forte fu senza alcun dubbio il terzo, Tim: nato nel 1960, fu uno dei più piacevoli ed eleganti tennisti della sua epoca, naturalmente predisposto per uno splendido gioco di serve & volley, difettava forse dal punto di vista agonistico, per via del suo carattere apparentemente “troppo buono”. E’ ricordato anche per il suo esemplare comportamento in campo, che gli valse il meritato soprannome di “Gentleman Tim”. Conquistò 12 titoli ATP in singolare (fra cui Washington, Chicago, Parigi Indoor, Philadelphia e il Queen’s), fu semifinalista a Wimbledon (dove raggiunse i quarti per altre cinque volte) ed all’Australian Open e raggiunse nel 1988 il settimo posto mondiale, suo best ranking.

I Giammalya. Sempre in U.S.A. rammentiamo la famiglia Giammalva, di chiare origini italiani: il padre Sammy sr. fu un discreto giocatore negli anni ’50 e ’60, quando difese i colori nazionali in alcune edizioni della Coppa Davis e raggiunse qualche buon risultato prima a livello giovanile e poi nei tornei “amateur” americani (quando vigeva la differenza fra pro e dilettanti). Di lui si ricorda anche la finale raggiunta in doppio negli US Open del 1958 e la sua lunga e proficua attività come coach tennistico in alcune università americane. Il figlio maggiore Tony, classe 1958, fu n°70 del mondo all’inizio degli anni ’80 ma non vinse alcun titolo in singolare: meglio gli andò nel doppio, dove si aggiudicò quattro titoli. Il più forte in famiglia fu senz’altro Sammy jr. il quale però, dopo una buona attività giovanile, mantenne solo in minima parte le promesse: vinse tra i 18 e i 20 anni suoi unici due titoli in singolare ATP (Napa e Monterrey), raggiungendo il 28°posto mondiale, ma si spense ben presto, cadendo nell’anonimato e limitandosi a qualche raro acuto in doppio.

La famiglia Austin è ricordata per la celeberrima Tracy (1962), ex-n.1 del mondo, vincitrice di due edizioni dell’US Open (1979 e 1981) e di una trentina di titoli WTA, ma presto ritiratasi a causa di innumerevoli problemi fisici; ma Tracy aveva nel circuito una sorella, due fratelli maggiori ed uno minore. Il più grande Jeff (1951) fu un discreto giocatore, capace di avvicinarsi al cinquantesimo posto mondiale e di vincere un titolo ATP sia in singolare che in doppio (ad Aptos nel 1973), prima di diventare uno dei più importanti manager della NBA di basket; il minore John (1957) arrivò attorno al n°70 mondiale conquistando una sola finale in singolare e vincendo un titolo di doppio a Bangkok nel 1981. Del minore, Doug (1964), le tracce nel professionismo sono prossime allo zero, cosi come quelle di un’altra sorella Pam (1960) che giocò a livello universitario e per 5 anni nel circuito, senza ottenere risultati degni di nota.

La famiglia cecoslovacca Suk produsse giocatori di notevole importanza: Vera Puzejova, finalista a Wimbledon nel 1962 (sconfitta da Karen Hantze Susman) e due volte semifinalista al Roland Garros, sposò Cyril Suk II, tennista a livello amatoriale e primo presidente della sua federazione nazionale: insieme ebbero due figli, Helena e Cyril III. Helena Sukova fu un’eccellente giocatrice a cavallo fra gli anni ’80 e ’90, quando mise insieme una rispettabilissima mole di successi: fu n°4 del mondo in singolare, pur non vincendo alcuna prova del Grande Slam (giocò 2 finali in Australia e 2 agli US Open, ma trovò due volte la Graf, una la Navratilova e una la Evert…), ma 10 titoli del circuito WTA. In doppio ottenne invece successi straordinari, vincendo nove titoli dello Slam (2 Australian, 1 Roland Garros, 4 Wimbledon e 2 US Open) e 69 titoli in totale. Ricordiamo infine 5 titoli Slam di doppio misto, di cui 4 conquistati col fratello minore Cyril. Quest’ultimo, modesto singolarista, ottenne i suoi migliori risultati in doppio, vincendo 32 titoli, fra cui gli US Open nel 1998 (con Sandon Stolle) e due volte il torneo di Roma (1995 con Vacek e 2002 con Damm) e diventando n°7 del mondo.
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La Gran Bretagna fu invece la patria di altri fratelli che ebbero alterne e diverse fortune nel circuito pro. Parliamo dei tre Lloyd: il più anziano David (1948), campione di Wimbleon juniores in singolare e doppio nel 1965, fu modesto singolarista e doppista appena discreto, anche in Coppa Davis. Più che per l’unico titolo di doppio, vinto in coppia col fratello John, va menzionato per essere attualmente un ricchissimo uomo d’affari, proprietario di una catena di palestre e centri benessere all’avanguardia, da lui creati (David Lloyd Leisure Clubs). Il secondogenito John (1954) è stato senza dubbio il più forte dei tre: più volte sfortunato avversario dei nostri giocatori in alcuni incontri di Davis degli anni ’70 e ’80, ottenne discreti risultati in singolare (best ranking n°21), vincendo un titolo pro (Merion ’74) e soprattutto raggiungendo la finale agli Australian Open del 1977, sconfitto da Vitas Gerulaitis. Vinse anche due titoli di doppio e tre di doppio misto (due a Wimbledon e uno a Parigi), ma è più che altro ricordato per essere stato, per alcuni anni, sposato con l’allora n.1 del mondo femminile Chris Evert, cosa che gli valse il crudele soprannome di “Mister Evert”. Poco da dire sul terzo e più giovane dei fratelli Lloyd, Tony (1956), se non che tentò la strada del professionismo intorno alla metà degli anni ’70, senza però ottenere alcun risultato degno di nota.

Dopo i Lloyd, con una facile associazione, possiamo parlare degli Evert. Anche questa fu una famiglia con grande tradizione tennistica: il padre Jimmy (oggi quasi 91enne), poi ottimo coach, fu un buon giocatore nel periodo anteguerra, poi dopo aver servito la sua patria nella seconda guerra mondiale, tornò brevemente all’attività agonistica , ottenendo il suo più grande successo all’Open del Canada del 1947; seguì il ritiro e la decisione di dedicarsi, con eccellenti risultati, all’insegnamento del suo sport. Se della figlia maggiore Chris (1954) tutto è stato scritto e detto, n.1 del mondo per tanti anni, 18 titoli dello Slam in bacheca, centinaia e centinaia di match epici che la rendono una delle leggende viventi del nostro sport, meno nota è la sorella minore Jeanne (1957). Pochi i suoi risultati di rilievo: un paio di terzi turni agli US Open, un titolo in doppio (a St.Petersburg) e due finali, sempre in coppia con Chris, una partecipazione alla finale di Federation Cup del 1974 e qualche buon match giocato nel World Team Tennis, prima del precoce ritiro a soli 21 anni. Infine il figlio più giovane John (1960), dopo aver vinto l’Orange Bowl under 12 nel 1972, limitò la sua attività nell’ambito universitario, prima di seguire le orme paterne e dedicarsi all’insegnamento nella Evert Tennis Academy di Boca Raton (Florida).
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Einer Ulrich era un giocatore danese, nato alla fine del 19° secolo: disputò numerosi match di Coppa Davis per la sua nazione tra gli anni ’20 e gli anni ’30 (con un saldo di 39 vittorie e 35 sconfitte), giocando anche alcuni tornei qua e là in giro per l’Europa ed affrontando tante leggende della sua epoca, come Jean Borotra ed il Barone Von Cramm: per lui anche un quarto turno a Wimbledon nel 1926. I suoi due figli ne seguirono le orme: Torben (1928) fu un buon tennista professionista, impegnato nel corso di ben quattro decadi, sino all’inizio degli anni ’70 sia sul circuito mondiale che in Coppa Davis (dove detenne a lungo il record di più anziano giocatore nella manifestazione, con 49 anni): fu ottimo piazzato in molti eventi, vincitore di alcuni tornei in Francia e Scandinavia e del Wimbledon Plate (torneo di consolazione, oggi abolito, riservato agli eliminati nei primi turni del tabellone principale) nel 1960, in finale sul nostro Orlando Sirola. Si segnalò poi per le molteplici attività in campo artistico, musicale e letterario, oltre che per essere il padre di Lars, batterista dei Metallica. Il fratello minore Jorgen (1935), scomparso qualche anno fa, giocò a lungo in Coppa Davis e vinse alcuni importanti tornei, quali Colonia nel 1958 (in finale sul grande Jaroslav Drobny), Copenaghen nel 1959, Parigi indoor nel 1960 e 1961, il Wimbledon Plate ancora nel 1961 e Monaco di Baviera nel 1968, superando in carriera alcuni avversari di grande livello, quali Santana, Patty, Pasarell ed anche…Gianni Clerici!).

Figlie di una ex-tennista bulgara d’origine armena degli anni ’60, Yulia Berberyan, le tre sorelle bulgare Maleeva furono probabilmente quelle che ottennero, nella media, i risultati “familiari” migliori: la più grande, Manuela (1967), senza dubbio la più forte, conquistò in totale 19 titoli in singolare (tra cui Zurigo, Indian Wells, Linz e gli Internazionali d’Italia) e 4 in doppio e si arrampicò sino al terzo posto mondiale. Non straordinario il comportamento negli Slam, dove vanta solo due semifinali agli US Open e dodici piazzamenti nei quarti, oltre ad un titolo di doppio misto conquistato agli US Open con Tom Gullikson (1984) e alla medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Seoul del 1988. La secondogenita, Katerina (1969) mise in bacheca 11 titoli di singolare (fra cui Houston e Quebec) e 2 di doppio, arrivando al sesto posto mondiale, mentre la terza, Magdalena (1975), centrando undici successi in singolare (Mosca, Zurigo e Chicago, fra gli altri) e 4 in doppio, riuscì a sedere anche al quarto posto mondiale. Tra le altre cose hanno centrato un record difficilmente battibile, quello di tre sorelle comprese nelle teste di serie di un torneo dello Slam.
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Interessante anche la storia dei tre fratelli Black: originari dello Zimbabwe, appartenenti ad una ricchissima famiglia, svolsero gli studi universitari negli Stati Uniti e tutti intrapresero, con buonissimi risultati, la carriera nel circuito tennistico professionistico. Il più grande era Byron (1969): dotato di un tennis bimane molto personale ed a tratti piuttosto elegante ed efficace, giocò dieci finali Atp in singolare (vincendone però solo due, a Seoul e Chennai) con un best ranking di n°22 e fu un autentico specialista nel doppio, con differenti compagni, tanto che raggiunse la prima posizione di specialità, portando a casa 22 titoli (fra cui il Roland Garros 1994 con l’americano Stark, Roma, Cincinnati, Toronto, Bercy e altri). Il secondogenito, Wayne (1973) fu un onesto singolarista, entrato fra i primi 70 del mondo, ed eccellente doppista, non in coppia col fratello ma prima con l’australiano Sandon Stolle e poi col connazionale Kevin Ullyett: arrivò al quarto posto nel ranking, vincendo due Slam (Us Open 2001 e Australian Open 2005) ed un totale di 18 titoli (anche Miami e Indian Wells). Fu protagonista della dura batosta subita dalla nostra squadra in Coppa Davis nel 2003 ad Harare, vendicando la netta sconfitta subita a Prato nel ’98, anno della nostra ultima finale. Terza ed ultima fu Cara (1979) che dopo un discreto inizio come singolarista (un titolo minore a a Waikiloa e qualche altro buon risultato, con un best Wta n°31), si specializzò nel doppio, centrando con diverse compagne (specie E.Likohvtseva, L.Huber e R.Stubbs) 54 titoli totali, fra cui un Open d’Australia, tre Wimbledon e uno Us Open, e diventando la prima giocatrice del mondo nella specialità. Per lei anche 5 Slam in misto, di cui due col fratello Wayne.

Concludiamo menzionando la famiglia Gildemeister: di origini tedesche, nati in Perù e trasferitisi giovanissimi in Cile, i tre fratelli intrapresero la carriera professionistica, con diversi risultati. Se di Fritz, che scelse la via dell’insegnamento, si persero rapidamente le tracce, fu certamente Hans il migliore dei tre. Nato nel 1956, vanta un bottino di 4 titoli (due a Santiago, uno a Barcellona e Bordeaux) e numerosi buoni piazzamenti, che lo portarono sino al dodicesimo posto mondiale: ottimo doppista, in coppia con l’ecuadoriano Andres Gomez, ha vinto 25 tornei (fra cui Montecarlo, Roma e Amburgo). Ha giocato a lungo in Coppa Davis per il Cile, team di cuiera sino allo scorso anno il capitano (l’abbiamo incrociato nello spareggio giocato contro l’Italia nel 2011). L’ultimogenito, Heinz (1960), ebbe poca fortuna in singolare, non riuscendo mai ad entrare fra i primi 200 e ottenne qualche discreto risultato in doppio, conquistando l’unico titolo, col fratello, ad Amburgo.

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