Internazionali d’Italia: il torneo e le pagelle del femminile

Non è stato un torneo facile da gestire, quest’anno, quello capitolino, funestato dalla pioggia e anche da numerosi ritiri. Il maltempo, che una volta a maggio non esisteva nel Lazio, ha destabilizzato l’organizzazione dell’evento e annullato un’intera giornata di incontri, come capitato mercoledì 15. Ma quando il gioco si fa duro i duri iniziano a combattere e quando la posta in palio diventa alta chi ha fame non smette di braccare la preda fino all’ultimo. Questo è stato, grosso modo, il torneo di Karolina Pliskova e Johanna Konta, le finaliste inattese, le due giocatrici che sulla terra battuta non avevano quasi mai raccolto grandi risultati, a parte un titolo a Stoccarda e una semifinale al Roland Garros per la ceca e una modesta finale a Rabat per la britannica di origini australiane. Johanna Konta, addirittura, non aveva mai superato un solo turno ai French Open, ma qui a Roma ha dimostrato che con coraggio e impegno tutto è possibile. Un bel risultato sulla terra rossa, invece, era nell’aria per Karolina Pliskova, come lei stessa aveva dichiarato a Madrid. Il sodalizio con Conchita Martinez ne è un chiaro segnale e la voglia di rivincita, dopo la sciagurata conclusione dello scorso anno, è stata uno stimolo non da poco per la bionda di Louny che si è laureata campionessa dell’evento nostrano giocando una finale solida, imponente e senza sbavature. Hanno deluso, piuttosto, le finaliste delle ultime due edizioni, al secolo Elina Svitolina e Simona Halep, stoppate rispettivamente da Vika Azarenka e Marketa Vondrousova. Ha stupito Kristina Mladenovic che, dopo 14 mesi assolutamente deludenti, ha approfittato del divorzio di Naomi Osaka da Sascha Bajin e, arruolandolo nel team, i miglioramenti non hanno tardato ad arrivare. Ha colpito l’exploit della giovanissima Marketa Vondrousova, giocatrice molto dotata e dal futuro sfavillante che si è spinta fino ai quarti di finale, piegata da una Konta on fire e dalla spossatezza delle lunghe maratone affrontate. Ha meravigliato il ritiro di Naomi Osaka che, dopo aver dominato i primi due incontri, ha optato per questa scelta tanto repentina quanto inattesa. Ha confermato i progressi tecnico-tattici Maria Sakkari che, sfruttando le sensazioni positive della vittoria a Rabat, ha dovuto arrendersi ad una Pliskova veramente ingiocabile sulle accelerazioni e che, infatti, non a caso ha acciuffato la coppa. Discorso a parte merita Kiki Bertens che, probabilmente, ha risentito delle fatiche del torneo di Madrid e ha dovuto vedersela con giocatrici impegnative, che l’hanno tenuta in campo a lungo e che l’hanno costretta al KO tecnico in semifinale.

In tempi di pagelle non è mai facile essere impeccabili, specialmente in 120 secondi di lettura, ma con tutte le varianti del caso sarà difficile non essere d’accordo con il seguente registro.

KAROLINA PLISKOVA: 10. Un torneo magistrale quello della ceca che ha sofferto solo contro Kenin e Azarenka. Pliskova, grazie alla cura Martinez, ha imparato a non colpire con le gambe rigide e a sfruttare tutto il potenziale a disposizione, in particolar modo nei pressi del net. Il servizio devastante e il dritto poderoso le hanno permesso di domare prima Sakkari poi Konta, per una vittoria che vale oro in ottica Roland Garros. Lo aveva detto a Madrid che voleva giocar bene sulla terra battuta e c’è riuscita. Dopo la sfuriata dello scorso anno ai danni del giudice di sedia e del seggiolone, dopo la delusione della finale persa a Miami, Karolina ha saputo resettare e ripartire dalla città eterna. Da domani ricoprirà nuovamente la posizione numero due, con la consapevolezza di essere anche lei un’avversaria da battere a Parigi. Splendida.

Pliskova Roma

JOHANNA KONTA: 9. Non bisogna dirle che, prima di questo torneo, il clay non era la superficie a lei più congeniale perché la dolce Johanna diventa una furia; ma possiamo e dobbiamo perdonarla, nonostante non abbia mai vinto un match a Parigi, soprattutto per la caparbietà con la quale ha saputo rialzarsi da un periodo difficile e magro di risultati e per essere riuscita ad incrementare un potenziale che non poteva ridursi al solo servizio e rovescio. Il percorso capitolino di Konta è stato difficile, ma le vittorie deluxe con Stephens, Williams, Vondrousova e Bertens hanno regalato al tennis una giocatrice completa e motivata a vincere. Non è finita qui, sicuro.

MARIA SAKKARI: 8. La giocatrice ellenica, dopo il titolo vinto a Rabat, è stata protagonista di una settimana esaltante, nella quale ha dato vita a delle prestazioni eccellenti sia in difesa sia in attacco. La partita contro Mladenovic, vinta in rimonta, è la testimonianza di come, sia dal punto di vista mentale che offensivo, Maria Sakkari stia progressivamente crescendo e come al Roland Garros potrebbe essere una cliente scomoda per chiunque. La figlia apprendista ha superato la maestra e dea madre Angeliki Kanellopoulou.

MARKETA VONDROUSOVA: 8. A soli 20 anni ha giocato un torneo eccellente, duro e faticoso, vincendo e perdendo tutti i match al terzo set e battendo giocatrici d’esperienza come Halep e Kasatkina. Le sue variazioni in back sono la testimonianza concreta della grande sensibilità manuale che possiede e le traiettorie velenose, che è in grado di produrre, la collocano in quella nuova cerchia di giocatrici capaci di accelerare e variare allo stesso tempo. Merce rara negli ultimi anni.

KRISTINA MLADENOVIC: 7,5. Bel torneo quello di Kiki che, partita dalle qualificazioni, si è spinta fino ai quarti di finale e nel percorso ha estromesso rivali quali Garcia, Bencic e Barty, mettendo sul piatto un tennis godibile, completo e offensivo al punto giusto. Questo risultato, dopo quasi due anni di flop continui, è ossigeno per la bella transalpina che, in ottica French Open, potrà presentarsi davanti al suo pubblico in fiducia e motivata a dare il meglio. Sascha Bajin santo subito.

KIKI BERTENS: 7. Ci si attendeva molto, forse troppo, dall’olandese che, sulla scia del trionfo madrileno, sembrava la favorita numero uno alla doppietta sulla latina terra rossa. Ma le lunghe maratone con Suarez Navarro e Anisimova hanno minato parecchio la freschezza fisica di Bertens che, davanti ad una strepitosa Konta, si è dovuta arrendere ma senza troppi patemi. A Parigi resta ugualmente una delle favorite, Kiki la terribile.

VICTORIA AZARENKA: 7. Bellissimo torneo della bielorussa che ha il merito di aver estromesso la campionessa in carica Svitolina, disputando un match stellare. Ha gettato la spugna, alla fine, davanti a Pliskova che però aveva battuto a Stoccarda, quindi per la legge del contrappasso la sua è stata una sconfitta onorevole. Vika sta progredendo di torneo in torneo e Roma e Madrid sono gli unici luoghi in cui non ha ceduto per infortunio, sintomo che la condizione fisica e mentale sta, piano piano, tornando e Azarenka resta pur sempre una cliente difficile per chiunque. Encomiabile guerriera.

PETRA KVITOVA: 6. Sulla terra rossa outdoor sappiamo come la ceca soffra le condizioni di gioco. Nonostante l’uscita agli ottavi per ritiro, si può essere magnanimi con lei per il fatto di aver disputato due partite in un giorno e aver incontrato una Sakkari tignosa e mai doma. Petra Kvitova è questa e bisogna accettarlo, impossibile non amarla.

NAOMI OSAKA: 5. Indecifrabile ormai da mesi e tale si è confermata anche a Roma. Dopo due ottime prestazioni si è ritirata, forse per preservarsi per il secondo slam stagionale. Darle torto non si può, ma nemmeno un buon voto; in sintesi è una giocatrice-portento a fasi alterne.

SLOANE STEPHENS: 4. E’ vero che, a conti fatti, ha perso dalla finalista, ma è pur vero che l’americana, dopo le WTA Finals di Singapore, non ha più trovato il tennis potente e di contrattacco che le ha permesso di vincere gli US Open due anni fa e di arrivare in finale a Parigi lo scorso anno, stritolando tutte le avversarie a parte la campionessa Halep. Sembra svogliata e demotivata Stephens, priva di un piano tattico e in balia dei nervi altalenanti. Torneo deludente il suo e le sensazioni odierne non sembrano presagire granché per il futuro. Cambio di rotta cercasi.

SIMONA HALEP: 4. Spiace dirlo, ma da una come lei ci si aspettava qualcosa in più. Forse ha risentito, durante il match con Vondrousova, di un piccolo infortunio, ma dopo un primo set impeccabile chiudere in due non era impossibile, giocando un tennis meno attendista e più propositivo. Resta una gran combattente la rumena, ma troppo passiva nei momenti che contano. Eterna seconda.

ELINA SVITOLINA: 3,5. Il match contro Azarenka, non ce ne voglia la bella Elina, può essere incamerato all’interno di quella lunga lista targata “partite buttate”. Dopo un primo parziale di livello, in cui aggressività e ingegno tattico l’hanno fatta da padrona, ha staccato la spina giocando un secondo set pessimo, nel quale non si riusciva a tenere la conta dei non forzati. E dar via i set non è mai una buona idea. E’ poi rientrata in partita nel terzo, mettendo all’angolo Azarenka a suon di vincenti e palle che spolveravano le righe, ma non ha concretizzato il match point a disposizione sparacchiando un dritto in tribuna. Da quel momento è stato un assolo della bielorussa che, sotto 5-2, ha incamerato cinque giochi di fila, dimostrando la differenza esistente tra un’ottima giocatrice e un fenomeno che, in assenza di infortuni, avrebbe in tasca un altro palmares.

JELENA OSTAPENKO: 2. Non pervenuta, come accade oramai dallo scorso Wimbledon.

Arrivederci al prossimo anno.

http://www.tenniscircus.com/circuito-wta/karolina-pliskova-assieme-a-conchita-martinez-sto-vivendo-il-mio-miglior-periodo/

Exit mobile version