Il percorso di crescita, le sfide nei Challenger e l’abbraccio con il pubblico: Lorenzo Musetti racconta la sua svolta
Roma accoglie un Lorenzo Musetti trasformato. Non solo nel ranking, dove occupa per la prima volta in carriera una posizione tra i primi dieci al mondo, ma soprattutto nella testa. “Adesso ho la mentalità da top 10”, afferma il toscano con sicurezza, pronto a vivere da protagonista gli Internazionali BNL d’Italia. Dietro questo traguardo c’è una stagione iniziata con il piede giusto e un lungo processo di maturazione, costruito tra campi prestigiosi e quelli più nascosti del circuito Challenger.
Dai Challenger alla Top 10: il momento della svolta
Per Musetti, il punto di rottura è arrivato quando ha deciso di “sporcarsi le mani”, scendendo nei Challenger di Cagliari e Torino nel 2024. “Ho fatto finale in entrambi, pur non giocando il mio miglior tennis”, racconta. Un gesto che non è stato un passo indietro, ma l’occasione per ripartire. “Abbassare il livello e mettermi in una situazione difficile mi ha permesso di ritrovare me stesso anche sul campo”. Da lì, è partita una serie di risultati che ne hanno certificato la rinascita: un buon Roland Garros, la finale al Queen’s, la semifinale a Wimbledon, il bronzo olimpico e ora le semifinali a Madrid e la finale a Montecarlo.
La continuità è stata la chiave. Se in passato Musetti alternava picchi eccelsi a cadute improvvise, ora è più stabile, più consapevole. “Ho fatto un salto di qualità a livello di continuità nei risultati”, spiega, sottolineando come sia il quinto anno nel circuito: “Sono giovane, ma non più giovanissimo”. E proprio questa maturità gli ha permesso di entrare nella top 10 mondiale, un obiettivo “che miravamo da tempo”.
Fiducia, pubblico e obiettivi: Roma nel mirino
Al Foro Italico, Musetti arriva non solo con uno stato di forma eccellente, ma anche con una forte carica emotiva. Si sente pronto, non nasconde le ambizioni: “Credo che arrivati a questo punto la mentalità deve essere quella di andare con l’obiettivo di vincere il torneo”. Non si tratta di presunzione, ma di lucidità: “Ormai il livello è talmente alto che si può perdere al primo turno con chiunque, o vincere il torneo. E viceversa”.
La terra battuta, del resto, è la superficie su cui si sente più a suo agio. “Mi sento più padrone del gioco, è dove riesco a esprimere meglio il mio bagaglio tecnico”. E dopo le buone prestazioni con Draper e le sensazioni positive arrivate anche nelle sconfitte, Musetti vuole capitalizzare il momento.
Accanto ai risultati, c’è un aspetto umano che lo emoziona profondamente: l’affetto del pubblico. “Essere ammirato da tanti bambini, che inseguono il sogno di diventare campioni, è qualcosa che mi fa molto piacere”. Musetti sa di essere diventato un punto di riferimento, e lo vive con orgoglio. Anche perché, quindici anni fa, era lui uno di quei bambini con un sogno in mano e una racchetta nell’altra.
La forza del team e la lezione della fatica
Oggi Musetti è più solido anche grazie a chi lo circonda. “Il mio team è una seconda famiglia, mi ha salvato nei momenti di debolezza”. La sua crescita personale è andata di pari passo con quella professionale: la paternità, come ha dichiarato più volte, lo ha aiutato a maturare. Ma è stato anche il percorso a forgiarlo, le “sveglie prese” che gli hanno insegnato a resistere e rilanciare.
“Ci sono tanti ragazzi più giovani che si affacciano al circuito. A loro direi di circondarsi di persone fidate”, consiglia. Un messaggio da chi ha imparato sulla propria pelle quanto conti avere una rete solida alle spalle, soprattutto quando si affronta il salto dall’adolescenza al mondo professionistico.