A tu per tu con Alessandro Nizegorodcew

Alessandro Nizegorodcew

Ha da poco commentato la sua millesima partita di tennis in carriera e la sua prima testata online, Spaziotennis.com, ha superato i dieci anni di vita. Alessandro Nizegorodcew, classe 1982, è ormai da tempo uno dei giornalisti più autorevoli e seguiti dagli appassionati italiani di tennis. Due anni fa, insieme a Daniele Palizzotto, ha fondato la testata sportiva Sportface.it, che in poco tempo è diventata un punto di riferimento per chi non segue solo il calcio. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con lui per conoscere meglio il telecronista di Supertennis e per parlare con lui di tennis italiano e non solo.


Da quando hai sentito di voler diventare giornalista sportivo? Qual è stato il tuo percorso?
Nel primo tema in classe che io ricordi avevo scritto di voler essere come Paul McCartney, ma già nel secondo credo proprio di aver sottolineato con forza l’idea di voler diventare telecronista sportivo, in particolar modo di calcio. Ho iniziato a giocare a tennis all’età di 7 anni e sino ai 15, quando mi sono distrutto un ginocchio in mille pezzi (con 4 operazioni totali negli anni), l’ho fatta in maniera seria al Circolo della Corte dei Conti a Roma. È lo sport che conosco meglio insieme al calcio, perché praticare uno sport ti aiuta tantissimo a capirne i momenti. Mi sono laureato in “Scienze della Comunicazione – Giornalismo” e nel 2003 ho iniziato i primi Stage (Radio Rai, Rtl 102.5) anche perché, inizialmente, il mio obiettivo era la radio. Ho lavorato in radio dal 2003 sino al 2015, tra Nuova Spazio Radio e Radio Manà Manà Sport riuscendo a fare tantissima esperienza di radiocronaca diretta di partite di calcio, spesso integrali. Nel 2007 ho aperto anche Spaziotennis.com, mentre iniziavo anche a scrivere di tennis su riviste come Matchpoint e, successivamente, Il Tennis Italiano. Nel 2009 Spazio Tennis è diventata anche la prima trasmissione radiofonica in Italia interamente dedicata al mondo del tennis. E il mio più grande rammarico, visto il successo ottenuto (e il divertimento nel farla), è di non aver trovato una radio negli ultimi due-tre anni che mi abbia permesso di replicarla. Nello stesso anno ho iniziato a curare alcuni servizi de “La Voce delle Regioni” per Supertennis e, nel marzo 2013, ho svolto la mia prima telecronaca durante il Wta di Charleston. Oggi, dopo esattamente 5 anni, ho superato le 1000 partite commentate. Mi sento un po’ come Venus Williams che ha da poco raggiunto le 1000 partite da professionista. Ovvero mi sento vecchio…

Chi è stato il giocatore e quale è stato il match che ti ha fatto innamorare per la prima volta del tennis?
Devo citare più di un giocatore. Il primo match dal vivo, al Foro Italico, ricordo che fu disputato da uno dei miei idoli: Thomas Muster. Da ragazzino lo incontrai all’Hotel Sacher di Vienna e fu un’emozione incredibile, una delle più intense che ricordi. Ho iniziato realmente a tifare con Andrea Gaudenzi, tennista italiano che mi faceva impazzire. La sua cavalcata a Montecarlo, finita proprio contro Muster in semifinale, è per me indimenticabile; così come lo sono le sue imprese in Coppa Davis, molte delle quali viste dal vivo. In epoca recente ho seguito con grande partecipazione il mio amico Flavio Cipolla, ma il tennista che più mi ha emozionato è stato David Nalbandian. Credo che il match più bello tecnicamente che io abbia mai visto è stato un Nalbandian-Youzhny a Montecarlo. Vincenti da tutte le parti del campo e per oltre due ore e mezzo. Oggi seguo con affetto Matteo Berrettini, con cui giocavo alla Corte dei Conti quando lui era molto piccolo, ma già parecchio promettente. Non cito i grandi campioni, che ovviamente però fanno emozionare. Ammiro Federer e Nadal, Murray e Djokovic, così come Wawrinka. Trovo assurdo tifare per uno e denigrare gli altri. Chi ama il tennis e li guarda dal vivo non può che emozionarsi al solo impatto di ogni colpo. Tra i 4 tendo a preferire lo svizzero, ma la mia ammirazione per Nadal è enorme. Ah, e Fognini a me diverte sempre, nel bene e nel male…

 


Molti giovani appassionati hanno il sogno di diventare telecronista di tennis. Da un po’ di tempo tieni corsi specializzati rivolti a chi vuole avvicinarsi a questo mestiere (il prossimo è in programma il 17 e 18 marzo a Roma). Che consigli daresti a chi vuole intraprendere questa strada?
Io credo che potrebbe esserci una discreta domanda di telecronisti (oggi siamo davvero pochi) nel prossimo futuro. Streaming, dirette Facebook di eventi, siti di scommesse che acquistano i diritti e trasmettono match (quasi tutti senza commento). Inoltre ci sono altre discipline in crescita come il Padel. Quindi secondo me esisteranno chance in futuro per iniziare e per farsi notare. Il mio consiglio? Ascoltare tante telecronache di quelli che si ritiene siano i migliori e, come facevo io tanti anni fa, registrarsi e riascoltarsi. Fare delle prove, tante prove, e studiare tanto questo sport. Cercare di sapere il più possibile, da Federer a chi disputa i Futures. Cercate di seguire tanti incontri dal vivo, anche di tornei minori come Challenger e Futures, per conoscere ancora meglio questo sport. E cercare di conoscere addetti ai lavori, parlare con persone che possano raccontarvi davvero come funziona questo mondo. Nel corso noi non vendiamo fumo, nessuno promette un lavoro. Chi è interessato a capire le basi di un mestiere troverà quello che cerca, anche perché faremo tantissima pratica, con registrazioni professionali, ma non si promette nulla. Questo è bene chiarirlo.

Roger Federer ha iniziato il 2018 come meglio non poteva fare. Secondo te saprà riconfermarsi ad altissimi livelli per tutto il resto della stagione? Giocare la stagione su terra rossa potrebbe essere una scelta giusta per lui?
Credo che questa decisione dipenderà molto dai risultati che otterrà a Indian Wells e Miami. Penso che la vittoria a Indian Wells sia probabile, mentre a Miami non si ripeterà. Ho letto negli anni tante persone, addetti ai lavori e non, consigliare Federer dall’esterno, dalla programmazione al ritiro che sarebbe dovuto essere imminente cinque anni fa! Ovviamente hanno sbagliato quasi tutti nei consigli e sinceramente io non sono nessuno per pensare di conoscere la verità assoluta sullo svizzero. Il suo staff è preparatissimo e sapranno scegliere al meglio. Molti parlano del Roland Garros come obiettivo, ma ricordiamoci che lo ha già vinto. Mancherebbe l’oro in singolare all’Olimpiade. Sai che Tokyo inizia a non essere così lontana…

 

Alessandro Nizegorodcew insieme al giovane amico e collega Luca Fiorino.
Alessandro Nizegorodcew insieme al giovane amico e collega Luca Fiorino.

 

Con il suo ritorno al primo posto nel ranking, lo svizzero è stato oggetto di ennesime e meritate celebrazioni, ma anche sentenze da parte di qualcuno, che ribadisce la sua nomina definitiva a “tennista più grande della storia”. Secondo te è possibile individuare il più grande di sempre nel tennis e nello sport in generale?
Il tennis (e lo sport in generale) è di chi lo pratica e di chi lo guarda. È giusto che ognuno abbia la proprio idea su chi sia il più forte di sempre o della propria epoca. I litigi e le discussioni su chi sia il più grande lasciano il tempo che trovano a mio avviso. Godiamoci Federer, godiamoci Nadal e tanti altri grandi giocatori. Ognuno sceglierà il più grande di sempre. Se vuoi sapere chi sia per me il più grande dell’epoca moderna rispondo Federer, ma non deve essere un dogma, anzi.


Il ricambio generazionale atteso ormai da tempo fatica ad arrivare e i NextGen sembrano molto vicini, ma mai all’altezza dei migliori. Cosa ne pensi?
Credo che le ultime annate Nextgen (nati dal ’96 al 2000) siano tutte molto interessanti e sicuramente di gran lunga superiori a quelle precedenti. Il Ricambio generazionale non è arrivato con i Nishikori, Raonic e Dimitrov, che magari uno Slam lo potranno anche portare a casa (penso più che altro al bulgaro), ma questo è dovuto anche allo strapotere dei 5 campioni (Fab 4 più Wawrinka) che hanno dominato il circuito negli ultimi 15 anni circa. Se gli attuali Nextgen fossero arrivati cinque anni fa credo avrebbero fatto la stessa fine di Dimitrov, Cilic e compagni. Detto ciò, anche a livello di personalità, stanno arrivando giocatori molto interessanti e molto diversi tra loro. Shapovalov, che non dimentichiamoci essere un ’99, ha le stimmate del campione, così come Zverev (che è arrivato in alto molto, troppo presto, ma anche negli Slam saprà farsi valere tra 2-3 anni) e Auger-Aliassime, che ritengo possa diventare un top-10 fisso se non di più. Una volta che Federer e Nadal smetteranno, così come Djokovic, Wawrinka e Murray, sarà molto divertente capire chi approfitterà del vuoto di potere.

Capitolo azzurri: questi primi tre mesi hanno dato segnali positivi da parte di Andreas Seppi, ma anche da Fabio Fognini e dai più giovani che iniziano a fare risultati significativi. Pensi che questo 2018 possa sorridere ai nostri giocatori? Su quali giocatori punteresti di più?
La mia previsione è che a fine 2018 si possano avere 6-7 giocatori stabilmente tra i Top-100. Oltre a Fognini, che chiuderà top-20, Andreas Seppi e Paolo Lorenzi, mi aspetto che possano chiudere nella Top-100. Travaglia, che ha una fame indicibile e può salire molto dopo le tante sfortune capitategli nella vita, Berrettini, che ha una testa da trentenne, oltre a Fabbiano e magari Sonego. Purtroppo il ginocchio di Bolelli dà ancora problemi, quindi non saprei giudicare il suo 2018. Attenzione anche a Napolitano, Caruso e Quinzi. Credo che Gianluigi stia lavorando a Foligno con un team straordinario. Se avrà la pazienza di attendere qualche mese si toglierà grandi soddisfazioni, iniziando a confrontarsi con maggiore continuità con l’alto livello.

Non è un mistero che tu abbia un’ammirazione per Camila Giorgi, che prima dell’infortunio ha dimostrato di essere molto competitiva? Hai per caso sentito il suo staff? Quali sono le sue condizioni?
Temo possa essere rientrata in campo con un po’ di anticipo rispetto alla tabella di marcia e abbia avuto un nuovo infortunio. Camila ha molta voglia, è più matura, gioca meglio a tennis e capisce i momenti del match, ciò che in passato le capitava di rado. È una persona più matura e quindi una tennista migliore. Se recupera fisicamente e riesce a giocare un buon numero di tornei ritoccherà certamente il best-ranking.

In queste ultime settimane anche Sara Errani sta tornando in gran forma. Puoi raccontarci come ha lavorato negli ultimi mesi e, secondo te, le ragioni, fisiche e mentali, del suo ritorno? Pensi che possa essere in grado di rivivere una seconda rinascita dopo i grandi successi che tutti ricordiamo?
Credo possa esserci una rinascita, anzi è già iniziata. Il ritorno con Lozano è sicuramente un dettaglio da non trascurare, ma la Sara vista in Fed Cup e a Dubai lascia tante belle speranze. Ovvio, non possiamo pensare che tornei top-10, sarebbe ingiusto chiederglielo, ma tra le prime 30 e protagonista in tutti grandi tornei perché no? Lo spero e lo credo.

Segui molto anche il mondo dei juniores, maschile e femminile. Ultimamente, potresti farci qualche nome di tennisti nei quali hai grandi aspettative. Fra gli italiani, chi terresti particolarmente d’occhio?
Sono sempre restio a fare nomi dei giovani italiani che possano crescere in futuro, poiché il tennis è realmente lo sport del diavolo. Non tutti sanno reggere mentalmente le pressioni che arrivano dalle sconfitte, da un budget ridotto che decresce dopo ogni match non portato a casa, ecc. I nomi sono quelli che leggete: Luca Nardi e Lorenzo Musetti su tutti. Sul femminile non mi esprimo, anche se alcuni nomi li ho chiari in testa. Il motivo è semplice: negli anni ho visto fenomeni smettere ancor prima di iniziare, ho visto ragazze perdere completamente la motivazione. È più difficile, per quanto mi riguarda, capire se dentro a una determinata ragazza ci sia una giocatrice o meno. E per giocatrice intendo possibile protagonista del circuito Wta. Una ragazza può smettere, per mille motivi, da un giorno all’altro, mentre le previsioni nel maschile sono un po’ meno complesse.

Il mondo del tennis non è solo un agglomerato di tecnica, risultati e statistiche: dietro ci sono le storie di vita dei tennisti, dai campioni ai “rematori” più modesti, a volte davvero straordinarie, esempi di rivalsa, coraggio e determinazione, di cui spesso hai scritto su Spaziotennis. Qual è la “storia” a cui ti sei più affezionato e che ti andrebbe di raccontare brevemente?
Jason Kubler. Uno che finalmente ora pare stia arrivando. Infiniti problemi alle ginocchia, per anni ha potuto giocare solamente sulla terra battuta. Una volta l’ho visto quasi vincere un match a Parigi battendo per tutto l’incontro da sotto per un problema alla spalla. È un esempio di abnegazione totale, di amore verso questo sport. A Melbourne per un’ora e mezzo ha preso a pallate Carreno Busta prima di crollare fisicamente. La sua storia è incredibile, spero proprio possa arrivare in alto. Tra i nostri cito Travaglia, che sembrava aver quasi perso l’uso della mano destra (non ha avuto sensibilità in due dita della mano per mesi) e invece oggi fa match pari con Berdych sul veloce indoor.
Nizegorodcew premia Diego Nargiso con l’Ace Cube, il riconoscimento che ogni anno viene assegnato agli atleti e ai coach che si sono distinti nel tennis italiano.

 

Un anno fa hai scritto un libro sulla vittoria italiana della Coppa Davis 1976. Era un periodo, per ora unico, in cui nel nostro Paese il tennis era uno sport nazional-popolare, fino a diventare un fatto politico. Cosa ha rappresentato questa vittoria per il nostro Paese? C’è qualche aneddoto particolare meno noto legato a quell’impresa che vuoi raccontare?
Una vittoria sportiva arrivata da una infinita discussione, per usare un eufemismo, di stampo politico. Andare o non andare in Cile? Fu questo il tema per mesi in Italia. Alla fine per fortuna ci recammo a Santiago e battemmo il Cile. È un evento storico perché rimane l’unica Coppa Davis vinta dall’Italia, che ci è poi andata molto vicina almeno in un paio di circostanze, una anche in epoca recente (1998 contro la Svezia e il grave infortunio di Gaudenzi nel primo singolare). Gli aneddoti sono tantissimi. I miei preferiti in realtà riguardano il contatto con il popolo cileno, il terrore nel parlare dei Desaparecidos ma allo stesso la richiesta ai giornalisti italiani di parlarne. “Ma non dite a nessuno che ve l’ho detto io, altrimenti mi fanno sparire” era una frase che veniva ripetuta spesso in quei giorni. La storia di quella vittoria è tutto ciò che ruotava intorno alla finale, più che la finale stessa. Nel libro, insieme al collega Lucio Biancatelli, abbiamo raccontato tantissimi aneddoti forti, duri, anche divertenti, sicuramente interessanti.


Oggi il tennis è molto seguito in Italia rispetto a qualche anno fa eppure, come del resto quasi tutti gli altri sport, manca spesso di attenzione nei giornali nazionali (a parte il tuo Sportface, ormai punto di riferimento per chi non ama solo il pallone). Pensi che l’Italia possa uscire da questa condizione ‘calcio-centrica’?
No, non ne uscirà. L’Italia sarà sempre calcio-centrica, fa parte della nostra cultura. I media potrebbero fare qualcosa in più sicuramente per aumentare la cultura sportiva nel nostro paese, ma è anche vero che la gente vuole il calcio, vuole respirare calcio e discutere di calcio. Il problema è che in tanti altri paesi il calcio è lo sport nazionale, ma altre discipline hanno comunque grandissimo risalto. Noi diventiamo appassionati di sci perché vince la Goggia e il giorno dopo siamo tutti incollati alla televisione per Valentino Rossi. Ma gli sport in cui gli italiani non eccellono finiscono spesso nel dimenticatoio. Da una parte è triste, dall’altra certifica il grande trasporto degli italiani per il tifo sportivo relativo ai nostri portacolori. È un elemento positivo e negativo allo stesso tempo. Io stesso all’Olimpiade ovviamente seguo maggiormente i nostri atleti, ma se mi soffermo su altre discipline riesco ad appassionarmi comunque. Un consiglio per tutti: iniziate a seguire il biathlon, disciplina tra le più emozionanti che ci siano, italiani o non (che poi sono forti gli italiani, ma il discorso è un altro). L’adrenalina che mette questo sport è incredibile.

Non ti chiedo chi sono i tuoi tennisti preferiti fra i top-player, ma solo fra gli splendidi perdenti, i giocatori di mezza o bassa classifica di cui ti sei “innamorato” e, con o senza ragione, non puoi fare a meno di seguire continuamente. I miei, fra gli altri, sono Petzschner, Berankis e la Savchuk, chissà perché.
Ci sono tantissimi giocatori che seguo con grande affetto. Solitamente sono quelli che possiedono un tennis brillante o insolito. Spesso amo, da mancino, i giocatori mancini. Ad esempio Marterer mi piace molto. Uno, non mancino, che mi ha sempre fatto impazzire è Stephane Robert. Tra le ragazze mi piace molto la Sasnovich e amavo la Robson, che ormai però non credo tornerà più. Ce ne sono veramente tanti, questi sono i primi che mi vengono in mente.

 

Non tutti sanno che sei anche un appassionato di musica. Se fossi un tennista pro, quale canzone ascolteresti prima di disputare una partita?
Qualcosa che carichi ma che sia allo stesso tempo molto intenso. Credo che ascolterei ogni volta qualcosa di diverso. Se dovessi scegliere in questo istante un pezzo per scendere in campo tra 5 minuti direi “Open Mind” dei Blackfield.

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