Ricci Bitti: “La corruzione é una minaccia costante nello sport”

Francesco Ricci Bitti ha analizzato diverse tematiche concentrandosi in particolar modo sulla corruzione, una minaccia costante ormai nel nostro sport, individuando nel ruolo delle federazioni nazionali la chiave per prevenire e curare.

Francesco Ricci Bitti è uno dei massimi dirigenti dello sport mondiale, nonché un orgoglio nazionale, avendo ricoperto la carica di presidente della federazione internazionale del tennis per 16 anni. Alla fine del suo mandato Ricci Bitti tira le somme della sua azione, con una interessante intervista concessa all’agenzia EFE.

Vari i temi toccati, e tutti molto interessanti.  Quello che ci prece sottolineare in questo momento è quello della corruzione, sulla quale Ricci Bitti non fa sconti. Ammette che esiste un “problema morale” nel tennis professionistico. Del resto non è possibile nascondersi dietro un dito, ma sottolinea come la soluzione passa per una campagna educativa, che lega la cultura sportiva alla pratica d’elitè.

L’ex presidente sottolinea anche come il ruolo del tennis nel panorama olimpico sia cresciuto. Fatto assolutamente innegabile, ricordiamo del resto gli anni in cui questo era uno sport “dimostratico” (Seul 1988), con Paolo Cané medaglia di bronzo, tra l’altro. E proprio l’essere cresciuti in termini di credibilità (il tennis era considerato sport per nababbi, contrario quindi allo “spirito olimpico” e quindi discreditato), dice Ricci Bitti, impone a tutto il movimento di dichiarare una guerra forte alle due piaghe con cui la corruzione si manifesta in modo più evidente, ovvero il doping e le scomesse fraudolente.

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La rete ha molto amplificato, rendendo il business delle scommesse altamente appetibile per una fascia di giocatori, va detto, che fronteggiano oggettivi problemi economici per riuscire a fare il salto di qualità. Attenzione, questo non può in nessun caso essere considerato un alibi: le pratiche di “combine” sono sempre da condannare pesantemente, ma di certo sono la causa del fenomeno.   Ricci Bitti quindi individua nel ruolo delle federezioni nazionali la chiave per prevenire e curare, nel caso, tali piaghe. Il doping infatti, come le scommesse, è legato al tentativo di emergere anche economicamente in modo falsato, e quindi pone un problema di tipo etico. La presenza del tennis come cardine tra gli sport olimpici quindi è ancora una volta un motivo più per intensificare questa battaglia.

Le parole di Ricci Bitti cadono proprio alla vigilia della attesa sentenza d’appello dell’affaire Bracciali-Starace, sul quale aleggiano ombre poco chiarare non solo per questione penale, ma anche circa la conduzione del processo di primo grado, almeno stando a quanto denunciato dalla difesa. Il tema del doping, che in Italia ha visto coinvolti in modo marginale anche nomi importanti del nostro panorama sportivo nel recente passato, si appaia a quello delle scommesse (ricordiamo i casi che coinvolsero, tra gli altri, Alessio Di Mauro, nel 2007) anche se sono necessari dei distinguo caso per caso.

Resteremo sintonizzati su quella che possiamo a giusta ragione una “questione morale” del tennis, con uno sguardo attento alle vicende italiane.

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