Uno degli aspetti più affascinanti di questo sport è che la tecnica e la forza fisica spesso e volentieri non bastano per vincere una partita, non bastano per diventare un campione. Ma c’è una terza componente fondamentale, capace da sola di fare la fortuna (o la sfortuna) di un tennista: la tenuta mentale. Il tennis non è un gioco di squadra, non hai compagni pronti a darti una mano nei momenti di difficoltà o a sopperire alle tue “assenze” nel campo. E non hai neanche l’allenatore in panchina (presente in tribuna ma non può comunicare con te che sei in campo) pronto a darti consigli e a tenerti concentrato. Deve essere, insomma, tutto racchiuso dentro di te, sia le difficoltà che il loro superamento. È una sfida con te stesso in cui nessuno può aiutarti: o ce la fai da solo o vai a casa.
La preparazione mentale nell’approccio alle partite non è un aspetto da sottovalutare, come ha spiegato bene il numero uno del mondo Novak Djokovic in un’intervista al Financial Times: “Penso che mezza vittoria di una partita di tennis si ottiene prima di entrare in campo. Se non credi in te stesso, ti fai sopraffare dalla paura e allora non riesci a controllarti in campo. È una linea sottile”.
È questione di come gestire e incanalare la tensione e Djokovic sa quello che deve fare: “In certi momenti della partita è molto alta e a quel punto devi capire come usarla a tuo vantaggio. O ti fai consumare dalla tensione o invece la accetti e la trasformi in energia positiva che ti accompagna durante tutto il match”.
Inoltre, Djokovic ammette di non passare mai più di 10 o 11 giorni senza giocare a tennis e sostiene di poter mantenere il suo livello attuale di gioco con un semplicissimo ragionamento: “Mi piace colpire palle da tennis”. Alla domanda se ci sono giocatori che non gli piacciono, il serbo risponde: “Sì. Alcune persone non hanno la giusta motivazione per giocare a tennis. E non c’è bisogno di parlare con loro per capirlo, basta vederli. Ma non li giudico. Rispetto pienamente la libertà di scelta di ciascuno. Se va bene per loro…”.
Il tennista serbo è diventato un punto di riferimento per tantissimi appassionati. Una pressione che Djokovic trasforma in positivo: “Molti giovani da ogni parte del mondo seguono ogni passo che faccio. Tutta questa pressione può essere stressante o può essere considerata un privilegio. Per me è un privilegio incredibile. E mi dà tanta forza ed energia”.
A proposito del giovane tennista australiano, Djokovic mostra buon senso e rivela una conversazione privata tra i due durante l’ultimo US Open: “Penso che in fondo è un ragazzo molto simpatico. Ha un po’ di crisi di identità che sta ancora cercando di risolvere. Ho parlato con lui a New York e gli ho detto: ‘Senti, lo so che tutti ti hanno criticato e io ero uno di loro’. Sono stato felice di averglielo detto in faccia e in tutta onestà. Io ho sofferto per cose simili in carriera ed è stata un’esperienza molto preziosa. Quindi gli ho detto: ‘Se mai avrai voglia di parlare con me, io sono qui e sono pronto a darti una mano’. Ho avuto modo di allenarmi e di parlare spesso con lui. È un ragazzo eccezionale e ha molto, molto talento”.